Ancora i miei occhi su di loro, ancora la mia mano contro le loro. Che poi di mani non me ne sono rimaste neanche tante, di questo passo duro altri tre bui. Guardo le mie carte, tre e quattro di picche.
Passo lo sguardo su ogni giocatore, e quelli che scruto sono sguardi di chi sta guardando assi e kappa. Li sento talmente tanto nell’aria quegli assi e quei kappa che mi sembra quasi di vederli. Quello alla mia destra invece ha una coppia di donne, mi ci gioco tutto quello che mi è rimasto, ovvero niente. Che poi ad avercela una coppia di donne…io mi accontenterei già di una.
Ma è possibile che mi metta a pensare a lei persino in brache di tela?

Allora, dicevamo: tanti assi, tanti kappa e una coppia di donne. Che lo stronzo di mano punta già troppo. Che tanto non durerei altre due mani. Che tanto fanculo a tutti, io vado all-in, col mio tre e il mio quattro di picche.
Flop, alè, giù due assi. Godete maiali coi vostri tris d’assi, scannatevi tra voi che io mi consolo con la terza carta, quel cinque di picche che mi fa tre quinti di colore, di scala, e di scala reale. Scusate se è poco.
Altri giri di mazzate, sul piatto ci sono talmente tante fiches che metà bastano. Puntate, rilanci, rilanci di rilanci. Un giro interminabili di rilanci. Tanto che mi rimetto a pensare a lei, che visto la sfiga di oggi, stasera la trombo di sicuro.
Turn, giù un altro asso, l’ultimo, quello di picche. Tra i maiali intorno a me c’è ne è uno più maiale degli altri. Un maiale col poker d’assi. Dove sei? Sei tu? O sei tu? Su, fatti scoprire, che ce la vediamo io e te. Solo il tempo del river, solo il tempo di scoprire il due di picche. Lo sento ‘sto due di picche. Almeno quanto sentivo gli assi.
Squilla il telefono, mi mandano giustamente a fanculo. C’è scritto Pamela sul display. Dice “pronto”, e io dico “pronto”, dice “ciao”, e io dico “ciao”, dice che stasera non può venire, io e non dico un cazzo. Eccolo il due di picche, lo dicevo che era nell’aria.
River, donna di cuori. Fanculo porci, e fanculo pure a te, stronza.