Sarah rientrava dopo la notte passata tra i tavoli del bar. Aveva smontato all’una e venti, all’una e quaranta aveva finito di pulire, e adesso che erano le due si trovava davanti l’ingresso di casa. Infilò la chiave nella toppa e notò che la porta era solo accostata. Era sicura di averla chiusa, si ricordava di aver raccolto il mazzo di chiavi dal mobile e di aver girato due volte. Poi ripensò a tutte quelle volte in cui si era convinta di una cosa sbagliata.

Quando accese la luce e la stanza rimase al buio non aveva più dubbi: qualcuno aveva forzato la serratura. Con gli occhi della memoria aprì senza esitazione il cassetto di fianco all’ingresso e vuotò le tasche. Si girò con la schiena verso il mobile, le mani appoggiate al bordo del piano. Non lo vedeva ma lo immaginava lì, seduto sulla poltrona accostata alla parete di fronte.
“Ciao Sarah.”
“Ciao…” rispose lei.
“Sapevi che ti avrei trovato, alla fine.”
“Lo sapevo…”

L’ombra si alzò dal divano e si spostò al centro della stanza, a pochi passi da lei. La luce spenta che filtrava dalle tapparelle ne disegnava ogni lineamento.
“Devi scusare i miei modi, ma le abitudini sono dure a morire. E tu dovresti saperlo.”

Larry era un uomo di media statura e media corporatura. L’unica cosa in cui eccedeva era lo sguardo, nero come la morte con la quale si accompagnava spesso, e allo stesso tempo così espressivo da regalare ogni volta una sensazione diversa.
In quel momento Sarah ci leggeva rimprovero, e da lì a poco ne avrebbe pagato le conseguenze.
Le si avvicinò: “Sei bella come l’ultima volta”.
“Allora non devo essere uno spettacolo…”
Sorrisero entrambi.
“Tu sei sempre bella.”
Le accarezzò i capelli: “Mi piace il tuo nuovo look”.
“Trovi? Il biondo mi ricordava troppe cose che volevo dimenticare.”
“Da qualche parte ho letto che quando una donna decide di cambiare vita parte dai capelli.”
“Ovunque tu lo abbia letto, hai letto il vero.”
“Mi sei mancata…”
Sarah tagliò corto.
“Cosa vuoi?”
“Quello che mi appartiene.”
“Io non sono di proprietà di nessuno, tanto meno tua, perciò gira i tacchi e tornatene nel tuo buco.”
Larry aggrottò la fronte.
“Mi sorprendi, veramente. Questo è un lato di te che non conoscevo.”
“Non lo conoscevo neanche io finché non l’ho tirato fuori. Ha i suoi vantaggi.”
Sostennero gli sguardi per un tempo che sembrava infinito e che non durò neanche il tic di una lancetta.
“Perché te ne sei andata?”
Sarah sorrise da un lato della bocca.
“La domanda più giusta è perché non me ne sono andata prima. Te la sei mai fatta?”
“Sì…”
“E cosa ti sei risposto?”
“Che non ne avevi avuto il coraggio…”
“La capacità di giudizio non è mai stata il tuo forte.”

Sarah gli voltò le spalle e si allontanò di un passo. Guardò a terra come a riesumare qualcosa che aveva seppellito.
“La verità è che non mi sono mai sentita alla pari con te. La mia riconoscenza mi ha impedito di fare quello che avrei dovuto fare molto tempo prima. Sarei dovuta andarmene dopo quella sera…”
Fece una pausa in modo che l’uomo potesse focalizzare la notte a cui si riferiva.
“…e per uno stupido senso di gratitudine ho continuato a restarti a fianco. Solo adesso mi rendo conto quanto fosse ridicolo provare gratitudine per una persona come te.”
“Quella che chiami gratitudine una volta lo chiamavi amore.”
“Una volta era diverso…”
Larry la raggiunse e la strinse in un abbraccio che lei conosceva fin troppo bene.
“Potrebbe tornare tutto come prima.”
Sarah si girò tra le braccia dell’uomo. I due si guardarono occhi negli occhi.

Larry non ne era sicuro, ma il riflesso che vedeva gli sembrava una lacrima.
“Niente può tornare ad essere come prima.”
“Dammi un’altra possibilità.”
La lacrima rigò il viso di Sarah: “È quello che sto facendo…”
“Che vuoi dire…”
“Che è meglio che tu te ne vada. È stato bello rivederti, ma adesso vattene.”
“Lo è stato anche per me, ed è proprio per questo che non ti lascerò andare un’altra volta.”
“È una decisione che spetta anche a me, non credi?”
“Prendere decisioni giuste non è mai stato il tuo forte” le disse sorridendole.

Sarah non era sorpresa di sentirsi ancora incredibilmente attratta da quell’uomo: decise di cedere al logorio che da qualche secondo gli stava lavorando lo stomaco.
Si allungò verso di lui e lo baciò. Il braccio sinistro intorno al suo collo.
“Non mi lascerai più, vero?” gli disse lasciando che le lacrime le inondassero gli occhi.
“Mai più” rispose lui.
Larry si accorse troppo tardi che quello non era un pianto di liberazione, ma di disperazione.
Uno scoppio rimbombò attraverso la stanza che si illuminò per un instante.

Larry aveva un buco nello stomaco, Sarah una pistola nella mano.
La donna sorrise rassegnata ad una fine che non poteva essere diversa. Gli aveva detto di andarsene, e lottando contro la sua volontà se le avesse dato ascolto magari lo avrebbe risparmiato.
“Avevi ragione, lo sapevo che saresti tornato.”
Larry rispose con un lamento. Alle ferite da arma da fuoco era sopravvissuto diverse volte, ma non sapeva se sarebbe sopravvissuto all’odio della donna che amava.
Glielo disse ancora una volta: “Sarah, io ti amo.”
“Tu credi di amarmi, ma l’amore è un sentimento che non conosci.”
Larry le tese una mano: “Siamo ancora in tempo.”
Sarah poggiò il suo tacco sopra il petto dell’uomo steso a terra e alzò nuovamente la pistola.
“Il tuo tempo è finito…”
Larry la guardò dietro il riflesso della canna.
“Putta…”

Il resto della parola rimase incastrato nel proiettile che gli aveva bucato la fronte.