Parcheggio sotto un platano che ancora non è convinto che sia autunno. Sicuramente è l’invidia di quel parcheggio, l’unico ancora ben carico di foglie mentre gli altri attendono fermi e stempiati che arrivi l’inverno. Mi allontano dalla macchina, una punto tra mille punto. Unendo le punto chissà che figura ne uscirebbe, forse è uno dei passatempi di Dio…chi lo sà.

Sono le 3 e manca un’ ora e mezza all’appuntamento. Vedete, il mio grande problema è quello di essere un ritardatario cronico. Adoro arrivare in ritardo, farmi aspettare, perdere treni e pullman, è una questione di priorità, di cose forse più importanti da fare o forse no. Ma oggi è diverso purtroppo. Non posso tardare e quindi sono partito ore prima, per arrivare in ritardo sul mio anticipo. Un concetto spazio-temporale che mi permette di ricavarmi nicchie di cazzi miei in giornate impegnate.

Torino è stata tagliata fuori dalla rivoluzione del technicolor. Un grigio piombo si mischia all’aria che respirano un milione di anime e la stessa aria si deposita sugli edifici, sulle piante e sulle macchine. Una leggera pioggerella aggiunge un tocco deprimente a tutta la scena. Mi sistemo la borsa della macchina fotografica, e decido di farmi un giro, fare due scatti, magari un caffè in un bar, come se fossi uno del posto. Adoro far finta di essere un autoctono, comportarmi normalmente, come se conoscessi i posti, come se vivessi li. Anche se la sensazione che gli altri sappiano che sei un forestiero è sempre netta, c’è qualcosa in te che non quadra, un attimo di esitazione ad un passaggio pedonale o guardarsi troppo in giro, sono tutti gesti che vengono subito catturati dai veri abitanti. E te diventi sospetto.

Questa città è l’ennesimo frutto dei disperati tentativi dell’uomo di dare ordine al caos. Strade dritte, parallele, perpendicolari, griglie. Fottute griglie. Quartieri fatti a quadrati, perchè l’uomo crede che per vivere meglio serva la geometria. Si sbagliano. Dovrebbero aggiungere caos al caos. La natura è caos. La geometria è aliena. Invece qua si ragiona con strade dritte e quadrati. Ma le curve te le ricordi…le strade dritte, le griglie, quelle no. Ti ricordi delle pareti storte, delle scale, non dei rettilinei. Inizio a girare; destra, foto, sinistra, due foto. Destra, sinistra e ancora destra. Poi sinistra. Aspetta torno indietro. Ma ero venuto da destra o da sinistra? Credo sinistra, vado dritto, giro altre tre strade, mi infilo in altri tre vicoli. I quadrati piccoli diventano quadrati grandi, che si uniscono in un megaquadrato pieno di spirali. Cerco di ricordarmi tutte le mosse fatte ma è come la danza. Difficile imparare tutti i passi alla prima volta.

La conclusione è ovvia…

…si, mi sono perso. Dove cazzo sono? E intanto manca mezz’ora all’appuntamento.

Un fenomeno poco studiato dagli scienziati, soprattutto per il carattere mistico e illusorio del tutto, è quello del miraggio di confusione. Tu te ne vai in giro in quel grigio piombo, e piccoli elementi colorati ti attirano e si stampano a fuoco nel cervello. E allora sei fregato. Sei in giro che vaghi disperato nel tentativo di tornare al punto di partenza e vedi una insegna, una macchina rossa, una pubblicità.
“L’ho già vista” pensi. Se l’hai già vista forse sei vicino, forse sei sulla strada giusta. No. Miraggio di confusione. Ti convinci di aver visto quell’insegna a neon quando stavi andando dalla parte giusta, ma in realtà la guardavi quando ti eri già perso. Stai solo girando intorno con la falsa speranza di esserne uscito.
Labirinto.

Non guardo più l’ora da un pò, ma so che ormai mi toccherà usare il piano B. Il telefono. Devo chiamare, devo chiedere. Lo prendo in mano e in una incredibile coincidenza cosmica quello mi squilla in mano. Guardo il nome nel display.

“Cazzo”

Con poca allegria rispondo

“Ciao….”
“Scusa…ma dove cavolo sei?”
“A Torino…”
“Ma lo sai che sei un ora in ritardo?”
“No no…mi sono solo portato avanti con l’ora legale…”
“Fai pure il simpatico…….senti smettila…mi raggiungi?”
“Ma se non so dove sono io…come faccio a sapere dove sei te?”
“Ti sei perso?”
“No no…perso è eccessivo. Sono confuso ecco”
“Sei il solito scemo guarda…lo sapevo…dimmi in che via sei…”
“Sono in via…aspetta…eccola…sono in via….”

BZZZZ-CLICK!

Forse avrei dovuto mettere il telefono in carica prima di venire qua.

Esiste un Piano C?