Brava Giovanna, brava

Mese: Febbraio 2011

Io scrivo

Scrivo perchè ho migliaia di mondi in testa.

Milioni di personaggi ci vivono, costretti a subire crimini e torti, a vivere gioie e dolori, a coesistere con leggi fisiche assurde ed eventi soprannaturali, trame irreali, scontate, amorose. Scrivo per dargli voce e mostrare a tutti che non è lo spazio l’ultimo territorio inesplorato e nemmeno le profondità dell’oceano no, ma è la mente.

Riflessioni/rifrazioni/direzioni

Sono al telefono con un’amica. Le voglio bene, anche perchè spesso ci ritroviamo nelle stesse situazioni e ci diciamo le cose che vogliamo sentirci dire. Periodo difficile per lei, come per me. Sono risoluto, logico, pragmatico, forse anche duro quando le parlo, ma è quello che al momento le serve ed è anche quello che al momento MI servirebbe, ma con me stesso non riesco ad esserlo.

Senza titolo

Facile scrivere senza un titolo.

Il titolo è una bestia strana, bastarda…non sapete quante storie vorrei scrivere che abbiano uno dei miei titoli più geniali. Ci provo e ci riprovo, ma ogni volta non sono mai storie degne di quel titolo cosi brillante. A volte mi reputo un ottimo scrittore di titoli, piuttosto che di storie.
Non sminuite questo dono, è difficile condensare in due tre parole un’emozione, un concetto, una volontà, un mondo di parole.
Il titolo nasce spontaneo, un lampo, come un colpo di fulmine, una scossa elettrica lungo la schiena che entra nel cervello a solleticare i due neuroni che ti rimangono. Un lampo di genio, come un’idea, una battuta simpatica, una riflessione profonda.
Spesso i titoli non sono un granchè, perchè la storia arriva prima e tu ci pensi troppo, perdendo il lato creativo, non aspettando il momento in cui ‘BAM!’ arriva la secchiata d’acqua gelata in faccia e le due parole sono li, chiare, impresse immaginariamente nella retina dei nostri occhi. Lo cerchi, lo costruisci e alla fine, ti accorgi che non è un granchè. Una bella storia con un titolo mediocre. Pessimo.

La fine e l’inizio

Da quanto i giorni si somigliano? Non li conto da un po’ ma sono tanti.

Non è la pioggia, il freddo, la nebbia, il sole, le nuvole, le persone. Niente di tutto cio’ che rende un giorno diverso dagli altri. La differenza è dentro di noi, quando succede qualcosa o peggio, quando non succede niente. Non solo routine, ma il “vuoto” di qualcosa che ti manca e che non ci sarà. Sogni la notte, lo immagini continuamente, decine di futuri alternativi in cui davvero le cose funzionano, ma poi ti svegli e nulla. Nessuno di quei futuri è reale, non lo sarà mai, c’è solo il presente e l’inedia di cui soffre.
Allora succede che fissi un foglio bianco per giorni. Cominci dopo aver fissato il telefono, uno schermo, un nome, e dopo che capisci che le vie si sono davvero separate ti rimane solo quel foglio bianco. I giorni scorrono, sempre uguali, sempre infelici e quel foglio rimane bianco, lindo, intonso.

“I will hold on hope”

Varese. Di nuovo.

Normale vivendoci da 27 anni ma stavolta, nessun elogio a colori o cinema. Oggi parlo di me.
Stato d’animo variabile, come il meteo. Non sereno…in realtà non lo è da un po’, ma anche questo fa parte della vita. Troppo difficile capire le persone, soprattutto quando ti cambiano, insieme agli eventi. Ferite, colpi, carezze, tutto contribuisce.
Di solito amo guardare le persone. Mi interessano e gioco con loro, creando storie, osservando i piccoli gesti del loro muoversi, i tic, gli sguardi. Mi divertivo, una piccola attrazione in quel grosso Luna Park che è la vita, perchè è cosi che la vedevo, fino a poco tempo fa. Un parco divertimenti, in cui non c’è mai nulla da prendere troppo sul serio. Poi però arrivano le persone e gli eventi e il Luna Park chiude, fine dei giochi e ti ritrovi davanti ad un’entrata sbarrata, da solo, cambiato forse per sempre.

Solo al sole

‘Come poteva farsi notare da lei?’

Era evidente, che oggi fosse distratta, tutte quelle rose…

Ad ogni ammiratore aveva detto di amare un colore diverso, il rosso della passione, il blu del mare, il bianco della purezza. Forse li prendeva in giro, forse amava tutti i colori o semplicemente, adorava far capire alle colleghe dell’ufficio che gli ammiratori erano tanti. Colleghe invidiose della sua bellezza, della sua simpatia, della sua intelligenza.

So you think you can tell Heaven from Hell

Fino a poco fa non avevo mai visto Civitanova Marche immersa nella nebbia.
Esco dall’ufficio alla solita ora e con un po’ di forza scarto la pizzeria che mi invita ad entrare col suo odore di cipolla. Io me la mangerei volentieri una pizza, ma sono mesi che non muovo un muscolo e se voglio tirare un buco della cinghia devo sacrificare qualcosa. Dall’angolo spunta un giubbettino di pelle tutto distinto e aderente. La tipa, una signora credo, neanche si accorge di me impegnata com’è a parlare con la donna che ha di fianco. Poi ad un tratto si gira sentendo i miei passi poco dietro ai suoi, è giovane. Mentre le supero la sento parlare di trenta pagine da studiare. È più che giovane, e l’altra è la madre. Ho voglia di dirle che può anche evitare, che tanto studiare, qualsiasi puttanata le abbiano dato da studiare, è inutile considerando l’arco di una vita.

Cinema Nuovo

La strada che percorro non è delle migliori. Non per il manto, nè per la posizione, ma per i palazzi che la circondano, brutti, vecchi, fatiscenti, con gente poco raccomandabile che ci gira attorno e che ci vive dentro. Litigano, urlano di fronte a bar dal look anni ’70 e negozi chiusi da tempo. Lanciano bottiglie davanti ad un edicola che non ho mai visto aperta in tutta la mia vita, con alberi tristi che osservano tutto. Immobili.
L’insegna del “Cinema Nuovo” brilla di un rosa acceso, incastonata in quell’enorme muro di cemento e quasi rischiara la tristezza che lo circonda.

Nero, rosso, grigio

La vita viene costruita sull’amore, sugli errori, sulla fiducia, sul risentimento.

Milioni di mattoni, rossi e neri, usati prima per costruire fondamenta e su cui si può costruire una casa. Milioni di mattoni che creano la stabilità, della vita e della felicità.
Molti mattoni si annullano tra di loro. Gli errori demoliscono la fiducia. La fiducia rinsalda l’amore, il risentimento lo distrugge. Il risentimento distrugge tutto, e l’unica possibile cura è il perdono.
Ci vuole un grande equilibrio perchè troppi mattoni neri, errori e risentimento, fanno crollare la casa, e l’amore rimane schiacciato dal peso delle responsabilità, invinghiato in una massa nera impossibile da districare. La fiducia, sprofonda e sparisce. Serve scavare a fondo e per tanto tempo per recuperarla dalle macerie del castello ma potrebbe essere comunque troppo tardi, perchè tutti quei mattoni neri e rossi con il tempo, la pioggia, il vento, la tristezza che scende come cenere vulcanica e che copre il mondo si trasformano in una matassa grigia indistinguibile in cui fiducia, risentimento, errori e amore si trasformano in un unico, immenso, triste “nulla”.

Ariel

L’aria era densa e irrespirabile.

Carica di acqua, dall’odore di fumo. Sapore salmastro.

“Sto per morire?”

Ariel se lo chiedeva continuamente. Intorno, geyser eruttavano vapore e il caldo si faceva sempre più insopportabile. Le rocce, dure, marroni e affilate le tagliavano i piedi, ormai ridotti a grumi rossi.

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