Meno di un cinquanta centimetri mi separano da lei…ed ho paura.

Paura che di nuovo quel triste grigio che adombra l’interno di quell’autobus venga nuovamente rischiarato dal colore perfetto dei suoi occhi…

“Continua a leggere…continua a leggere…” dico tra me e me, sperando che lei sia clemente.

Sapete…non ho mai distolto uno sguardo, a volte la prendo anche come una sfida per chi mi guarda e mi squadra. Fissarli negli occhi, finchè non li distolgano imbarazzati da quei secondi di incredibile difficoltà. Fissare negli occhi un estraneo per secondi che sembrano ore è snervante, ci vuole testa e volontà. E io non ho mai avuto un imbarazzo, credendo ciecamente nella forza del mio sguardo, ho sempre guardato negli occhi le persone, per fargli capire chi sono, cosa penso, per fargli capire che quando parlo io sono sincero e genuino.

Fino ad oggi…


Il suo sguardo si alza di nuovo, ha i capelli rossi, ricci…non molto alta ma carina. Indossa un maglioncino rosa sbottonato che lascia intravedere una maglietta bianca e nera dai motivi astratti assurdi ed una catenina d’argento. Ha il braccio disteso verso l’alto e la piccola mano tiene saldamente la maniglia di gomma per evitare di essere trascinata via ad ogni curva. I tre braccialetti che ha al polso tintinnano squillanti ad ogni buca o scossone. L’autista non è tra i più delicati purtroppo.
La bocca, di una delicata sfumatura rosa lascia intravedere parte dei bianchi denti superiori. Mentre la testa si alza delicatamente il pollice della sua mano sinistra si appoggia sulla pagine del libro per tenere il segno. Il resto della mano lo socchiude delicatamente.

Decido di riprovarci una seconda volta, decido di sostenere il suo sguardo ancora una volta prima di dichiararmi sconfitto. D’altronde le sono di fronte, attaccato come lei a quel lucido corrimano di quello sporco autobus assieme al resto delle comparse che nemmeno considero…lavoratori, studenti, casalinghe di ritorno dal centro commerciale.

Il suo blu arriva come un onda d’oceano. Non ci sono sfumature, è solo blu, assoluto, perfetto, pieno, incredibile. Il sogno di un pittore, dell’artista, del poeta. Cerco di resistere ma so che i miei occhi non sono all’altezza…ed io che me ne facevo vanto. Tengo duro ancora per qualche secondo, metto fuori fuoco le pupille, cerco di guardare attraverso quel blu per osservare oggetti inesistenti dietro la sua testa, ma non c’è nulla da fare. Cerco distrazione negli altri colori ma nemmeno questo stratagemma funziona. I suoi occhi non sono cattivi, non sono dolci; sono gelidi, implacabili, non so nemmeno se potrebbero parlare d’amore. Forse nemmeno me ne importerebbe se fossero miei. Ad ogni secondo si ingigantiscono, diventano nane blu, stelle giganti figlie di una cosmica luminosità fredda. Vorrei gridare ‘basta’, vorrei chiedere ‘scusa’. Non so nemmeno perchè, ma di sicuro balbetterei, non riuscirei nemmeno a parlare, cosi annichilito, sconfitto, ferito.
Dentro quel blu io non mi sento nessuno e non posso che scappare di nuovo. Sento quasi freddo, come in una bufera di neve azzurra, naufrago in quell’oceano piatto ma terrificante, in quel blu cosi perfetto, cosi vuoto ma avvolgente…cosi impossibile.