Sono incazzato.

Punto primo, sono un debole, lagnoso, stupido idiota e ci penso continuamente mentre vado verso il campo da basket, con la mente occupata nelle consuete sceneggiature da film scar, montaggio e menzione speciale per i costumi. Scar come cicatrice, non è un errore anche se l’avete pensato tutti quanti, che poi in realtà, la “o” me l’ero davvero dimenticata ma la provvidenza ha voluto che avesse un senso anche cosi.

Punto secondo, domani ho un appuntamento dal dottore in centro Varese, alle 16:50 . Prima era alle 15:00. Stamattina mi chiama, intorno alle 10:50 mentre io cazzeggiavo in studio.

“Signor Emanuele…?” (ma non dovrebbe usare il cognome?)

“…le avevo lasciato un messaggio in segreteria ma evidentemente non lo ha ascoltato..”
(no, non l’ho fatto, ma perchè dovrebbe essere evidente?)

“…le volevo chiedere se per lei fosse un problema venire in studio alle 16:50 e non alle 15:00…” (no, non è un problema…al momento della chiamata)

Confermo. Ringrazia. Non mi cambia nulla. Torno a casa, mangio qualcosa, e proprio al momento di addentare una bella mela verde, ecco un altro “Drin! Drin!” fastidioso.

“Pronto…ciao Ema…” (è l’architetto)

Il tono tendente al grave\disperato mi lascia intendere che c’è qualche magagna da sbrigare

“Hai presente le case gialle, quelle con i mattoni a vista…”
(purtroppo ho presente)

“Be ecco…diciamo che sono da te verso le 17:00 che dobbiamo risolvere un casino che è successo in comune, appena esco da li vengo da te” (ogni volta la solita storia)

Io gli dico che avrei un appuntamento, lui mi dice che bisogna farlo subito se no sono soldi e soldi che volano nel nulla, alias, non ho scelta. Quindi, ho due appuntamenti in due posti diversi nello stesso orario, comincio a sospettare grosse magagne se non mi organizzo.

Ritorno alla mia mela ma stavolta è il cellulare a vibrare. Sullo schermo campeggia un “Sconosciuto” e anche stavolta, non ho dubbi di che cosa si tratti.

“Emanuele ciao…”
(lo studio)

“Ascolta, domani pomeriggio devi assolutamente venire in studio che arriva il cliente a dare un occhiata all’appartamento”

Chiedo se per caso è intorno alle 17:00 che arriva, tono sconsolato.

“Gli abbiamo detto alle 16:00 ma viene da Lugano, può darsi che arrivi più tardi”

L’ho chiesto giusto per decidere in che modo suicidarmi stanotte. Confermo che farò il possibile, lui mi dice che ci conta che è importante per andare avanti con il lavoro, che sicuramente farò di tutto. Sicuramente. Cazzo.

Riprendo la mia mela la terza volta, accendo il pc e metto nella playlist i “Godspeed You! Black Emperor”, uno dei miei gruppi preferiti. Mi torna in mente che si sono riuniti e che proprio nel 2011 devono fare un tour, non posso perdermeli. Una delle mie tragedie recenti è aver perso un concerto dei “Silver Mt. Zion” quando erano a 5 minuti da casa mia e stavolta non deve capitare. Vado in giro a cercare un po’ di info.

Punto terzo. Smetto di mangiare la mela quando sullo schermo mi compare questo

“GODSPEED YOU! BLACK EMPEROR giovedì 27 gennaio 2011 Trezzo sull’Adda (MI) – Live Club”

Rileggo la data. Rileggo il gruppo. Rileggo il posto. Rileggo di nuovo tutto assieme per cinque volte. Apro la finestra della sala e scaglio la mela a 56 metri in direzione prato verde. Parole irripetibili, santi che volano. Ripenso a cosa stavo facendo il 27 gennaio e ricordo che ero intrappolato in una love story\spy story\”What’s the story? Morning glory” che mi ha bruciato il cervello.

“Si ma ci sarei andato cazzo, mi avrebbe fatto molti meno danni che stare a casa a scrivere cazzate!”

Insomma, persi, ricapiterà fra 12 anni se va bene. Mi viene quasi da piangere, sento il bisogno di farmi un giro.

Ed eccoci di nuovo al primo punto. Decido di sfogarmi un po’ andando a giocare a basket, anche se ci sono 43° gradi e sono le 15:00 di pomeriggio. Prendo il cellulare e l’ipod, decido di andare a piedi per sbollire, anche se sono 3 chilometri ma ecco i famosi\fumosi\formosi mille pensieri, sensazioni, mille film in testa sempre sulle solite cose, tristezza, un po’ di scoramento, le solite porcherie deprimenti che ogni tanto tornano a fare visita anche se cerco di fare il figo; tutta finta.

Rimango in queste condizioni tutto il viaggio di andata. Arrivo al campetto, quasi deserto tranne per quel bastardo bamboccio biondo odioso che vive li affianco ed è sempre lì. Non vuole fare amicizia, ha sempre e solo voluto rompere le palle alla gente, e io sono il suo bersaglio preferito perchè ogni volta cerca di giocare con la mia palla, corre a raccoglierla se sbaglio un canestro, tenta di metterla sotto l’acqua e mille altre cose che di solito non gli riescono…per sua fortuna. Vorrei la musica di un carrillon alla Sergio Leone, primi piani sugli occhi, i miei bellissimi, i suoi, schiacciati simili a fessure, tipici dei bambini ciccionissimi.

“Non te lo do il pallone…” gli urlo in tono di sfida.

“Quale pallone?” mi risponde ironico.

Mi guardo le mani, ipod sulla destra, cellulare sulla sinistra. Guardo e riguardo tre volte. Nessun pallone.

Ecco il quarto punto…