Una nube grigia e pesante copre completamente la cima del Monte Monarco, una collinetta di 400 metri che vedo dalla finestra di camera mia. Da piccolo credevo che fosse un vulcano, per la cima piatta e la forma conica. Poi crescendo ho capito che è solo un ammasso di sassi come gli altri, anche se questa nube lo fa ritornare ai fasti della mia infanzia. Sembra stia eruttando e gettando fumo, pur sapendo che si tratta solo di cumulonembi a bassa quota, carichi di pioggia, intenti a rovinarmi la serata a base di cena fuori, Ron Zacapa 23 e Jazz club.

Ora, oltre al fumo i vulcani sputano fuoco. Si lo so, in realtà è magma e lava, dategli il nome che volete ma in soldoni è roba che brucia, come stava bruciando il server che contiene Malditesto. Che poi in realtà è stato un microincendio in uno stanzino con una scopa, due generatori e tre batterie, nulla di serio, però per un po’ l’idea di perdere tutto quanto e dover reiniziare da zero a scrivere mi è ronzata nella mente. Giornata ricca di pensieri oggi.

Ad esempio, c’è stato un attentato stamattina, a Marrakech, in un bar famoso per la sua vista sul tramonto. Sono morti un sacco di turisti, una bomba, esplosa nel bar, vetri, metallo, pezzi di oggetti che prima erano innocui e che di colpo diventano minuscoli pugnali assassini. Di solito le tragedie lontane mi lasciano indifferente ma questa notizia mi ha colpito. L’ho scritto pochi giorni fa in un pezzo, ho sognato di essere in un bar a Marrakesh ed oggi indosso la stessa maglietta nera che avevo nel sogno. Non ho un libro scritto in arabo in mano ma mi sono ritrovato Amleto in lingua originale nella tasca della giacca, rispolverata perchè oggi fa freddo. Insomma, non vuol dire nulla però sono cose che ti fanno pensare a come ‘si stava meglio quando si stava peggio’. Sarei potuto essere in quel bar a Marrakech, credendo di stare meglio quando in realtà stavo per morire. Meglio nella piovosa Milano a questo punto no? Con tutti i pensieri, le insicurezze e le infelicità ma vivo. Spesso dipingiamo alcune tele con un po’ troppo di nero quando la realtà pur se grigia, non è poi cosi male.

Altro esempio, stamattina ero a lavoro. Ora ho una scrivania tutta mia, in legno o almeno tenta di sembrarlo. Prima ne condividevo una con un amico. Ho due pc tutti miei, se voglio il caffè me lo portano, volevo delle caramelle alla menta e me ne hanno procurato una busta. Decido io quanto ci vuole per un lavoro. Decido io quale lavoro devo fare per prima. Decido io quando voglio lavorare. Ho internet, volendo potrei anche non fare nulla, leggere, molestare gente su Facebook, scrivere cazzate e ascoltare musica. Non lo faccio ma potrei. Prima ero sempre sotto pressione, scadenze, ritmi infernali, chiamate da fare e da ricevere, timbri da mettere, urla da sopportare, orari impossibili, freddo di inverno, caldo d’estate, il sole in faccia, polvere di ferro. Ora la temperatura dell’aria che mi circonda è regolata da un microcomputer, un dolce profumo di lavanda si spande intorno a me e alla mia poltroncina non mancano viti ne ruote anzi, è comodissima. Tutto perfetto.

Eppure stavo meglio prima.