Brava Giovanna, brava

Mese: Maggio 2011

Ogni prima volta

Non sono mai stato fortunato coi posti a sedere. Non dico che vorrei che mi capitasse a fianco una ragazza mozzafiato, magari che mi sorride, magari carina, no, di solito non solo non è carina, non solo non mi sorride, ma non è neppure una ragazza. Preciso uguale anche questa volta.
È il secondo viaggio che faccio in aereo, ma è la settima volta che prendo l’aereo visto che qualche anno fa per andare in vacanza prendemmo tre aerei all’andata e tre aerei al ritorno. Quindi quello che vi sto per descrivere è la sensazione che ho provato durante il settimo decollo, che chissà perché è stata diverso da tutti gli altri (seguente compreso). Che poi prima potremmo parlare dell’areo vero e proprio, del fatto che la fusoliera dei voli economici sembra fatta attaccando delle ali agli autobus di linea, ma a pensarci c’è poco da lamentarsi visto che il biglietto costa meno di quello di questi ultimi. Potremmo anche parlare dei mimi delle hostess e degli stewart, così ridicolmente accordati tra loro che sembra di assistere ad una gara di nuoto sincronizzato.

Lo sbalzo

La cosa che ti uccide quando stai nel deserto non è il caldo del giorno e nemmeno il freddo della notte, ma è lo sbalzo di temperatura che subisci.

La vita funziona su concetti simili, spesso noi sopravviviamo tra temperature costanti e tutto va avanti con apparente tranquillità fra alti e bassi, momenti felici e momenti “no” e quello che ti frega davvero è lo sbalzo, la brusca caduta inaspettata mentre sulla vetta osservavi il mondo con calma da Buddha.

Tipo che ieri stavo alla grande.

Tipo che ieri avrei affrontato Mike Tyson ventenne sul ring con la sicurezza di vincere.

Tipo che ogni cosa che facevo andava a buon fine e che ogni persona depressa che incontravo la guarivo solo standogli vicino, anche se per poco.

Red lights: bagliori rossi lungo la linea dell’orizzonte

Rossa è la luna di questi giorni, bassa e minacciosa, con nubi nere che assorbono i suoi bagliori e si trasformano in spirali e fumi tenebrosi. Rosse sono le luci delle pale eoliche lungo le colline che vedo all’orizzonte. “Red Lights” è la splendida canzone dei Vib Gyor che ascolto al momento, mentre costruisco mentalmente un nuovo pezzo da scrivere, senza nemmeno sapere dove andrò a parare. Sto percorrendo la strada per rientrare a casa, è notte fonda ed ho solo le “red lights” dei lampioni stradali alle mie spalle e di quella strana luna, sempre più bassa e malevola. Nel buio, camminando a memoria ripenso ad una frase che mi ha lasciato parecchio perplesso.

Ero in giro, ed un uomo di sessant’anni ha chiesto ad un altro uomo della sua età:

“Tu sei un giardiniere vero?”

Risposta affermativa e sicura.

L’arte dei piccoli gesti.

A casa mia è mia madre quella con più manualità, la pittrice, l’artista, quella precisa e ordinata. Ovvio, anch’io sono un artista ma insomma, è lei che riusciva a far stare dentro un cassetto 80 magliette, o a chiudere una delle mie valige da weekend, che di solito contiene vestiti per un mese.
Però ci sono dei momenti in cui nemmeno lei riesce a stare al passo, in cui, se mi serve un tocco da vero esperto, devo chiedere a mio padre. Oggi è proprio uno di quei casi speciali; devo partire e ciò significa che devo sistemare quei due-tre affari urgenti prima di prendere l’ennesimo aereo. Tra questi “affaruncoli” c’è anche quello di spedire un dannato pacco dall’altra parte dell’Italia.

Ora, non ho scatole adatte, sono un disastro in queste cose e sinceramente, ho veramente poco tempo da dedicare alle operazioni di bricolage che oltre ad annoiarmi si risolvono in tragedia, quindi non mi resta che chiedere al boss, mio padre, per fare un lavoro fatto bene.

Lo s-comfort-o dell’ammiraglio (una notte da pecore)

Mi piace la moquette solitamente. Di solito mi piace si. Quando è bella morbida, alta due dita, elegante e raffinata mi piace, si. Non la preferirei mai ad un buon pavimento in ceramica o parquet ma solitamente mi piace, si.

Questa non mi piace invece, sembra un enorme tappeto persiano neo futurista, dove tutti i ricami e i motivi floreali sono diventati dei quadrati blu con dentro dei quadrati gialli, con lo sfondo color porpora e orrende scritte “Admiral” giallo-verdi-pisciodicammello. Salutiamo la simpatica e sorridente receptionista (ma che bella parola che ho scritto), gli rubiamo una trentina di penne rosse e gli dimostriamo utilizzando validi documenti d’identità che abbiamo tutto il diritto di stare lì.

L’ingresso è pieno di slottomacchine, la gente meccanicamente inserisce monete e spera che gli vengano cordialmente restituite altre monete, di solito in quantità maggiore di quella inserita. Ma non è una roba naturale, perchè in natura se pianto qualcosa ci vogliono mesi perchè il terreno mi restituisca dei frutti, non può succedere tutto in pochi secondi. Innaturale. Ed infatti perdono.

Impara l’arte e mettila su una sedia…

Gli occhi sono fissi nel buio quando le dieci luci si accendono all’unisono.

Sedie sopra lunghe assi di legno consunto, martoriate da tacchi a spillo, piedi, passi di danza, oggetti trascinati e fatti cadere.

Tende rosse e nere accartocciate agli angoli, pesanti e tetre.

C’è chi non vede perchè ha qualcuno davanti, proprio su una sedia, ma quelli si alzano, convergono verso le assi antiche. Altre sedie e voci e tu solo ora capisci di essere un oggetto di quella fantastica visione e sta solo a te capire cosa sei. Un estintore? Una porta? Un passante? O un semplice spettatore esterno, che si perde la magia?

Ricetta per una serata ai quattro sorrisi

Lo spicchio di cielo che vedo tra i palazzi di Varese è azzurro, con nuvole bianche e grigie illuminate dai residui di sole tipici dell’orario happy hour. Sono piuttosto felice e energico in questo periodo ed è per questo che tornare a Varese per consegnare un lavoro e notare la tristezza di questa fermata dell’autobus mi fa sentire la pecora nera allegra tra un gregge depresso. Ognuno si fa i cavoli propri, occhi bassi e tristi, mente pensa a chissà quali problemi, ansie e paranoie. Le voci dei comizi elettorali in piazza arrivano distorte e lontane, sembrano più guaiti da cani affamati e comunque, nessuno qua riuscirebbe ad ascoltarli. Ci sono due ragazze alla mia sinistra, molto carine e giovani, a destra invece ho un impaziente cinquantenne. Dal lato opposto della strada arriva un giovane rampollo della politica italiana, comincia a offrire depliant elettorali e bigliettino, tutti rifiutano, qualcuno nemmeno risponde continuando a fissarsi i piedi e non considerandone l’esistenza.

Anche le due ragazze di fianco a me rifiutano la “mercanzia” del ragazzo.

Pensieri all’occhio di bue

Dopo tanto coinvolgimento fisico-emotivo-cinetico durante la serata con amici, sudata copiosa inclusa per un lasergame (che mi ha fatto capire una volta di più quanto poco resisterei in una guerra vera) con mangiata poco soddisfacente successiva, mi trovo seduto spaparanzato su una panchina fuori dal ristorante, in posizione maschio alpha, comodo e strafottente, mentre mi fumo una sigaretta. Il mio terapista, che è uno bravo e non lo dico solo perchè costa un sacco di soldi, mi dice sempre “se vuoi qualcosa e non danneggi nessuno, chi ti vieta di prenderla?”. Quindi volevo spaparanzarmi e fumarmi una sigaretta e l’ho fatto, cosa di cui poi mi pento sempre perchè ci vogliono 120 giorni per smaltirla anche per chi corre ogni giorno come me e ultimamente ho inalato troppa di quella schifezza che non fa bene anche se a fine anno un check up me lo faccio lo stesso e mi faccio fare l’aspettativa dal mio medico quello del corpo bravo anche lui e in più gratis (potete prendere fiato ora) .
Quindi, sono qui che fumo e mi godo il panorama, un guard-rail di cemento, macchine parcheggiate e una rete verde. Il cielo è nero morte e manco si riescono a vedere le stelle e tutto è filtrato da un vetro mezzo opaco dove vedo il mio riflesso di uomo vestito da barbone ed evidentemente spremuto da ogni energia.

“Ma dov’è finito Dio?” – capitolo 1 – L’elezione

Questa è una storiella (breve? lunga?) che mi è venuta in mente ieri sera. Ci sono diverse cose che l’hanno ispirata, alcune sono anche evidenti ma sicuramente prenderà una piega diversa a seconda di come mi sveglio la mattina. Questo è il primo capitolo, non so nemmeno se ce ne saranno altri, ma forse, non importa neanche.

10 Miliardi di persone seguivano con interesse il grande evento sugli olo-schermi nelle abitazioni e nei laser-silver bianchi da 80 metri per 50 piazzati nei centri di raccolta mondiali.
Stava per essere eletto un nuovo Dio, come succedeva ogni mille anni.
L’anno attuale in realtà non era chiaro a nessuno da quando uno dei precedenti “Dio”, che inspiegabilmente riusci a bypassare i controlli neurali che impediscono agli eletti di dire, fare o pensare a cazzate o mosse stupide, decise che i calendari fossero un parto di qualche entità aliena malvagia, costringendo tutti ad un lavaggio del cervello e rimuovendo dalla memoria età, date dei compleanni, utilità dei calendari e dei santi e marche di orologi famosi. Quel Dio venne rimosso a tempo di record e subito venne fatta una nuova elezione ma il concetto di calendario era ormai andato perso per sempre.
Le motivazioni che hanno portato a queste “elezioni” cosi particolari sono quanto di più semplici possano esistere anzi, in realtà è tutto riconducibile ad una sola frase:

“Mi avete rotto le palle”

Ho visto la luce.

Sono le 4:25 e sono di nuovo in piedi, è la terza volta stanotte. Decido di accendere il pc per scrivere e chiedermi insieme a voi che probabilmente dormite, come mai io non ci riesco. Nella casa nessun rumore, solo qualche macchina dall’esterno, una cosa che trovo sempre strana, quasi improbabile; vetture che scorrazzano in piena notte dirette chissà dove, chissà perchè e chissà con quali persone a bordo poi. La ragione è che ogni vita è diversa dall’altra, una cosa evidente anche solo passeggiando in centro in un pomeriggio domenicale.

Powered by WordPress & Tema di Anders Norén

%d