Che i polpi non usano la qwerty

Numeri

Diciannove i giorni che non scrivo qualcosa. In questi diciannove giorni, venticinque sono i posti nuovi che ho visitato tra negozi, locali, case e città. Zero le lacrime versate, ma due volte ci sono andato vicino, una per un dolore dentro, una per un dolore fuori. Tre le bugie che ho raccontato, due le verità che ho scoperto e che non volevo sapere; una mi ha fatto male anche se zero è ormai la sua importanza. Tre persone nuove conosciute, una forse è davvero importante. Dieci i brindisi, venti gli abbracci, trenta i baci. Ottocento i chilometri, in macchina a piedi e in treno. Quattro le ore ad ascoltare la pioggia, questa notte; dieci le lettere in malinconia. Duemilatrecento gli euro spesi tra mille cazzate, mille spese, mille uscite. Seicento le belle foto da poter scattare, duecento gli attimi persi in cui non sono stato veloce abbastanza, sicuro abbastanza, coraggioso abbastanza, quattrocento quelle scattate. Solo venti ne ho tenute. Mille i ‘ciao’, mille gli sguardi a sconosciuti a cui vorresti rivolgere una parola, mille gli insulti a chi non vorresti rivedere mai più, anche se dopo un solo secondo ti calmi. Cinquanta le canzoni nuove ascoltate di cui quaranta non ricordo già più il titolo, otto film visti di cui due al cinema, cento chiamate, trecento messaggi, centoventi lunghi minuti in attesa, trenta groppi in gola.

Duecentoventidue le parole finora. Sinceramente non so perché ho scritto tutto questo, vi dirò la verità, volevo parlare della crisi di ispirazione qualche giorno fa in cui non sentivo di poter dire davvero qualcosa, cosi ‘preso’, impegnato, stressato. Poi, in un momento di riflessione volevo parlare della solitudine.  Il giorno dopo ho scritto un racconto divertente, per poi scrivere dell’amore e di un momento felice. Ma stamattina, quando mi sono svegliato, la pioggia aveva lasciato spazio ad un bellissimo sole e ho cominciato a pensare a come quello che per noi è un caldo abbraccio mattutino, una luce che rischiara e che ci fa sentire bene, per gli scienziati è solo una massa sferica di gas bollente gettata nel freddo buio cosmico. Tutto è riducibile ad un ammasso di numeri in questa vita.

Ma sono convinto che anche un numero può essere raccontato con emozione.

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  1. Moment

    Ci aggiungo del mio:
    quasi un contratto a tempo indeterminato guadagnato.
    Una punto evo a metano.
    Millemila gli euro che l’ho pagata.
    Duemila (2000) i romanzi già iscritti al concorso che a cui sto per partecipare e di cui spero di parlarvi presto.

  2. Mi sembra che un po’ tutto abbia la propria emozione, perché dipende sempre da come la si guardi. Anche i numeri, o gli ammassi stellari, o le medicine, o le cellule cerebrali. Un po’ tutto davvero perché infondo anche questo significa essere umani.

  3. Nurofen

    Si, ma nel mondo attuale si snocciolano migliaia di vittime ai TG, numeri di guerre, devastazione, debiti, soldi buttati. Il numero depersonalizza i drammi e gli avvenimenti, tolgono facce e nomi spesso.

    • Moment

      “Il numero depersonalizza i drammi e gli avvenimenti, tolgono facce e nomi spesso.”

      Bel concetto. Sicuramente copiato ma bello. Scrivi(amo)ci una sceneggiatura! 😀

    • Vero, vero, ma pensaci, i numeri sono freddi fin quando non li vivi. La depersonalizzazione dei numeri di guerra è tale se non sai cosa significhino, se non li si capiscono…

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