Devo concentrarmi e dare un senso a queste giornate che sto buttando, lavorare lavorare lavorare.
Perchè il tempo stringe, domani mi tocca andare in ufficio, e in un attimo BUM!, ti ritrovi che sei a qualche ora dalla consegna e avevi giusto trovato la voglia necessaria per metterti sotto. Quindi “Peccato sarà per un altra volta, vi farò sapere, sono nei guai”. Mi sento come Don Draper nel ‘pilot’ di Mad Men.

No!

La cosa fastidiosa è che l’ispirazione, la voglia di fare e la serenità tipica di chi sa che tutto va bene, la trovo soltanto quando sono in giro a fare foto, con gli amici, a pittoreschi appuntamenti, a lezione di Nippon Kenpo, al mare; ovvero quando non ho neppure un pezzo di carta su cui scrivere ne un computer per lavorare. Seduto qua davanti invece, non riesco a concludere nulla. Trovo interessante ogni cosa mi capiti sotto’occhio. Esempio, sono stato fermo a fissare i rami della mia betulla e lo sfondo azzurro del cielo per 20 minuti buoni. Per deformazione schizo-professionale spostavo lo sguardo , giravo la testa a diverse angolature per vedere come la finestra incorniciava meglio quella ‘foto real-3d’ che avevo di fronte.

Cioè…venti minuti. Venti. E la foto farebbe pure schifo.


Doccia. Fredda. Perchè “magari mi sveglio per bene” perchè fino alle 5 di mattina ho cercato di concentrarmi per poi cercare di dormire. Anche questa notte non ho combinato nulla. Sotto la doccia, all’improvviso compaiono nella mente idee razionali e sensate, serenità, buoni schemi, sufficienti a riempire il resto del pomeriggio con ore di profiqua collaborazione tra me, il computer e il mio cervello vagabondo. Mi asciugo, mi rivesto, mi risiedo.

Nulla.

Non ricordo NIENTE degli schemi mentali di due minuti fa, osservo lo schermo e quel lavoro rimane li, immobile come da dieci giorni a questa parte. Non un passo avanti, non uno indietro. Immobile. Controllo le mail, sempre più nervoso, rispondo ad un paio di tizi che mi passano il loro blog di fotografia e mi chiedono due pareri. Scrivo monologhi e poi dico basta.

Chiudo tutto. Facebook, blog, musica. Solo io, il progetto, lo schermo e le direttive da seguire, un pezzo di carta usurato con due pastrocchi scritti sopra in un momento di folle lucidità, vecchio di mesi. Rileggo…punti chiari, cose da fare, non dovrebbe essere difficile. Riguardo il progetto, strizzo gli occhi per assumere la faccia tipica di chi ci sta provando, giusto per dare una buona impressione a quelli che mi circondano. Sento una strana fitta in testa, vicino alla nuca, che si dirama fino a comprendere anche i nervi oculari.

Un crampo di concentramento.

No, la musica ci vuole, attacco gli auricolari super in-hear, roba che se la gente vuole dirmi qualcosa, fa prima a mandarmi una raccomandata con ricevuta di ritorno. Scivolo su roba tranquilla, metto Yo Yo Ma e il suo violoncello squisitamente delicato e melodioso. La musica mi aiuta, sento che arriva quel pensiero, quella voglia di fare che mi manca da giorni, devo solo stare attento e sentire cosa mi dice quella voce:

“Perchè non ci rivediamo La tigre e il dragone stasera?”

Io odio il mio cervello.