Strano eh, piombare qua dopo mesi di inattività, senza neanche lo sforzo di scrivere due righe per gli auguri di Natale e per l’anno nuovo, e affermare di aver bisogno di scrivere.
Il fatto è che ne ho bisogno come valvola di sfogo, devo abbassare la pressione accumulata in questo inizio anno scaricandola in qualche pagina, in qualche frase, magari qualcosa ad effetto, di quelle cose che ogni tanto mi vengono dal nulla. Il problema è che per scrivere c’è bisogno di una storia e di un pubblico. Io oggi non ho né l’una né l’altro. Quindi vado a braccio, seguirò il flusso di coscienza. Insomma, farò cagare. Come sempre.
Oggi scrivo solo perché devo dimostrare a me stesso e agli altri di valere qualcosa.

In questo periodo che mi sono un po’ perso di vista ho scritto qualcosa come 550 mila caratteri. Sono tanti. Tutti insieme fanno un romanzo. Concluso in tre mesi. Finito probabilmente non lo sarà mai. Mi dicono che sia carino. Vacci a capire se è vero. Tra i propositi del nuovo anno comunque c’è quello di trovare un editore. Se vi sto simpatico auguratemi buona fortuna, ne ho bisogno. Se invece vi sto antipatico fatevi i cazzi vostri.
Perché vi sto dicendo tutto questo? Perché vi avevo detto che ho bisogno di scrivere, e quindi qualcosa dovrò pur raccontarvelo e ciò che sta muovendo queste dita, questi pensieri, questo umore, è troppo intricato persino per me. Prima di parlarne a voi dovrei chiarirlo in prima persona.

In questi mesi quello che ho capito è che sono più stronzo di quanto credessi. Ho imparato a serbare rancore. Ho cominciato tardi ma sto recuperando in fretta. Finalmente l’espressione “buon viso a cattivo gioco” ha trovato un significato anche per me. Ci dovrei scrivere un romanzo sul rancore. Mi sembra un sentimento altamente complesso, da sviscerare a fondo, il rancore. A pensarci ne racchiude dentro parecchi, forse tutti quelli che possiamo provare.
O forse non sono stronzo, sono solo la reazione ad una azione. Quando buon viso a cattivo gioco non funziona più, si tirano fuori i denti e si piantano bene le spalle. Inevitabile.

In questi mesi mi sono aperto. Fanculo alle cautele, fanculo al riserbo. Se non ce la fai tu mi sbilancio io. Tanto ferite più profonde non sono immaginabili. È una bella sensazione, quella di avere qualcuno su cui puoi contare o che almeno si fa in quattro per darti quell’idea. Parlo, parlo molto. Sto disegnando una mappa della relazione delle persone che mi stanno intorno. Più parlo più apprendo, più apprendo più trovo il mio posto e capisco perché le cose all’interno di una cerchia vanno in un modo piuttosto che in un altro. Anche questo è inevitabile. La ragnatela si completa sempre di nuovi tratti e l’identikit del gruppo diventa sempre più preciso.

In questi mesi sono diventato più spregiudicato. Mi lancio giù da qualsiasi dirupo, pronto a spezzarmi l’osso del collo, non me ne frega più un cazzo, della sicurezza. Occhi fissi sugli sguardi, spalle dritte, risposte sempre incisive, atteggiamento arrogante, anche con chi conta, sopratutto con chi conta. Selezionare. Massimizzare il risultato. Vivere al di sopra delle proprie possibilità. Un bluff, praticamente, finché non lo smascherano. E quando succederà diventerò un attore più bravo. Il copione in fondo, me lo so scrivere da me. Scusate se è poco.

In questi mesi ho visto pochi film e letto pochi libri. Ho speso un sacco di soldi, come non sono abituato a fare. Compro, regalo, offro. Soldi mai spesi meglio, gli ultimi. Ho pensato che forse mi piacerebbe cominciare a fumare e ho notato che posso mangiare sempre meno, prima che lo stomaco si metta a fare male. Vado alle feste. Bevo. Faccio cose, vedo gente. Mi innamoro e mi disinnamoro. Passo le notti in bianco. Mi sopravvaluto.

E comunque quest’anno gli oroscopi mi sono favorevoli, e anche i primi giorni di gennaio non sono andati poi male. Bisogna sapersi accontentare no? No, forse no. È aspettando un giorno dietro l’altro che passa una vita intera.
Smettete di aspettare. Fate.
E dato che ci sono, e che arrivati a questo a punto è anche ora di chiudere, vi dico che questo è il mio augurio per il 2012.
Che i Maya ci abbiano preso o no, a me andrà bene comunque. La prossima volta che scriverò mi piacerebbe dirvi che, se c’hanno ragione, mi roderà un po’ il culo.