Lobo destro e lobo sinistro che si scontrano come schieramenti politici in campagna elettorale, in una estrema lotta per prendere una decisione che solo il tempo potrà dire se giusta o sbagliata. Dati, variazioni, sensazioni, ricordi, messaggi testuali che scorrono nel cervello creando collegamenti e supposizioni, pareri discordanti ad intervalli di microsecondi, variazioni dell’umore, sentirsi forti e poi deboli, voler piangere o voler ridere in faccia al mondo, fregarsene e volersi innamorare perdutamente, calcolo di variabili, razionalità, film mentali con sceneggiatura puntigliosa e razionale, spaccato di un futuro certo e grigio, triste e solitario o stralci letterali semi romanzeschi con tanto di happy ending, i girasoli fuori dalla finestra, giornata luminosa, la staccionata bianca, i prati verdi, cielo terso, un bambino, lei con un vestito bianco a fiori in un giorno ventoso.

Vedere che i colori cambiano ad ogni sguardo successivo, textures di sole sul muro più luminose, a tratti, quando quello che ti affascina di più forse sono proprio le ombre di quegli oggetti abbandonati lungo la via di casa tua, bidoni, assi di legno, vasi con terra arida e vecchia, che sembra polvere, grigia e senz’acqua, con pochi fili gialli che tentano di spuntare ormai senza speranza da quelle spaccature secche e ruvide come la pelle di un vecchio marinaio, segnato dal vento, da lotte, lutti e frangiflutti. Un mare in cui galleggiare, colmo di sale che ti tiene a galla, con il sapore sulle labbra, una luna, la spiaggia deserta, i fuochi d’artificio lontani di un ferragosto in una città della costa che non fanno rumore, meduse colorate ed evanescenti in un cielo nero e la pace, fino alle onde del giorno dopo, alte e indomabili, come negli incubi da ragazzino, trentadue metri di muro invalicabile, cosi veloci da sembrare lente, che si curvano come la mano di un titano pronte a ghermirti e portarti in fondo, insieme alle navi, ai detriti di mille vite passate in mare che per decenni vagano dispersi senza più ricordi appiccicati sopra, senza padrone, lavorati, modificati, essiccati da quell’immensità blu e nera.

A questo punto respiri, profondamente, guardi di fronte, sul muro, un quadro appeso nella penombra, lo studi nei dettagli per fare vuoto mentale, riempire la mente di pensieri per non pensare. Vuoi la tregua nella testa, pochi istanti prima della nuova tempesta, il ritorno alle armi delle due fazioni neuronali, battaglia senza esclusioni di colpi, impulsi elettrici e microvolts a velocità subluminali. Pochi secondi di pace in cui ascolti il cuore, il battito regolare, il movimento nel torace, un brivido che ti sale lungo la pelle nonostante il caldo. Chiudi gli occhi e sei rilassato ora, non pensi a nulla, una sensazione strana quasi, come quando l’aria si immobilizza, o sei circondato da un silenzio inaspettato, come se tutta la vita fosse una scenografia fittizia.

Ma subito senti la velocità che arriva, come schiacciato sul sedile di una Ferrari, o in decollo su un aereo. Di colpo ricomincia il vociare, come in una piazza, urla e schiamazzi, spari e una fitta in mezzo alla testa, dove i due contendenti si affrontano per ricominciare la lotta tra cuore e razionalità, ancora e ancora fino a quando non rimarrà un unico vincitore.

O ti sentirai troppo stanco.