“Per evitare più gravi conseguenze mi fermo qui.”

Volevo usarla come finale in un pezzo, una piccola sfida che mi ero auto-proposto ma alla fine, la sto utilizzando come inizio perché scrivere diventa sempre più difficile. D’altronde tutto quello che finisce per ‘ivere’ sta diventando difficile, come vivere oppure…

…non me ne vengono in mente altri.

Do un’occhiata al cellulare, dove di solito scrivo idee geniali che poi lascio li a marcire, per trovare uno spunto, magari. Leggo l’ultimo appunto…

“Guardare facce umane dissolversi in forme più animali”

Ma quando ho scritto questa frase?

Niente da fare, temo che non sarà un gran pezzo. Confido che scrivendo qualcosa altri qualcosa vengano urtati, andando a collidere contro gruppi di qualcosa come un effetto a catena o un biliardo confuso perchè altrimenti, riempire una pagina cosi, senza scintilla, equivale a brancolare nel buio. Come quando entri in una stanza a luce spenta facendo il figo, tanto è casa tua. Ti svesti e appoggi la roba sopra la sedia e ti infili nel letto, che è stranamente concavo e freddo. A quel punto, il nero diventa rumoroso e vedi pallini che vorticano dubbiosi. Il tuo cervello ha capito che quella che credevi fosse camera tua è in realtà il bagno.

La giacca nuova l’hai infilata nel cesso.

Scrivere è difficile si, vivere è difficile. Scrivere per vivere…non voglio nemmeno pensarci, sarebbe come…guardare facce umane dissolversi in forme più animali, ecco…

No. Non c’entra.

Quanto vorrei essere un genio vero in questi momenti, risolvere l’equazione che complica l’esistenza di uno scrittore. Ricondurre il tutto a variabili, simboli, parentesi e decimali scritti bianco su buio su di una lavagna.

Ieri mia madre mi ha citato Einstein, a proposito di geni. Si parlava di crisi e diceva una cosa tipo “è nella difficoltà che si creano robe nuove”. Il testo era lungo dodici righe e mezzo in realtà, ma il succo era quello.

Facile creare citazioni e detti, senza il bisogno di chiamarsi Einstein. Basta ragionare su qualcosa e il suo contrario, basta prendere una metafora e cambiargli i soggetti, basta una birra, tre noccioline e due virgole di vita vissuta e quasi tutti potremmo riempire biscotti della fortuna cinesi per altri 4000 anni di oscuro impero galattico. Forse potrei anche farlo per lavoro, forse sono bravo. Anzi, lo sono e posso farlo.

Adesso.

Chiudo gli occhi e penso ad una frase qualsiasi…

“…guardare facce umane dissolversi in forme più animali…”

Accidenti, più ci penso e più sono sicuro di non averla scritta io.

Forse è come in Toy Story. Forse il mio bistrattato cellulare, al buio giustamente visto che ormai pare sia l’argomento del pezzo, dopo una giornata di duro lavoro compone messaggi, scrive poesie, mi fa litigare con persone con cui nemmeno parlo. L’altra sera era li nel cassetto delle magliette appunto, dove lo lancio prima di dormire, che componeva questo verso tragico da recitare al pc quando mi sono svegliato di soprassalto nel cuore della notte, prendendolo in mano con un gesto istintivo.

Non ha fatto in tempo ad eliminarlo ed è rimasto li. Semplice.

“Guardare facce umane dissolversi in forme più animali”

Forse si riferisce a me? Alla fine, mi guarda in faccia ogni giorno. Lo prendo in mano e fisso quella microtelecamera quasi nascosta che c’è sopra lo schermo.

La fisso per lunghi istanti.

La fisso…

“Chissà che razza di animale sto diventando” penso, mentre lo appoggio di nuovo sulla scrivania.

Mi passo la mano sulla barba e decido che vorrei diventare un lupo.

Che corre nel buio, guardacaso.