Il paese è arroccato sopra uno spuntone di roccia, fatto di qualche casa, vie ripide ed un paio di chiese. Un paleontologo parla con mio padre, sono amici anche se io non l’ho mai visto. Muso pronunciato, occhi troppo vicini, magrissimo, con un maglione grande il doppio di lui, capelli venati di grigio e scarpe in tela blu con la scritta SNOOPY sopra il laccio a strappo, particolari quasi troppo irreali perchè possa essere una persona vera, ma invece esiste, ce l’ho davanti. Qualcuno si intromette con vocealta, interrompendoli e facendo domande e solo allora mi accorgo di essere circondato da persone: vecchi troppo chiassosi e giovani vestiti con cargo-pants e scarpe enormi forse per idroscivolare sopra le pozzanghere di quel campo da calcio in sabbia che ha visto giorni migliori. Sono in un oratorio e pioggia e sole si alternano, una banda dentro un locale spoglio intona una marcia di auguri per il festeggiato che intravedo vicino ai tristi banchetti del rinfresco. Tutto sembra un quadro pittoresco dai toni impressionistici. Incrocio qualche giovane paia di occhi azzurri nella sezione fiati, che a dirla tutta, è anche l’unica sezione che c’è ma stufo di quelle voci e di quella massa esco, sto sudando. All’aria aperta, appoggiato sull’uscio, c’è un uomo, anziano, con un braccio rotto e ingessato messo in bella mostra come un trofeo. Dice che ci ha messo un po’ a farsi convincere dal nipote a farsi scrivere qualcosa sul gesso, ma ora pare che di quei segni ne vada molto fiero. Sorride e lo mostra alla folla.

“F U C K” c’è scritto.