Sono a casa del mio migliore amico giapponese, seduto a capotavola ma girato verso il lato lungo, non so se si capisce…è semplice in realtà. C’è anche la madre del mio amico, seduta dal lato opposto del tavolo, anche lei girata come me, siamo paralleli. Non stiamo parlando, non ci diciamo una sola parola. La stanza attorno a me è beige, quasi crema ma non riesco ad osservarne i dettagli o vedere il resto dell’arredamento, è tutto come sfocato. Il tavolo è bianco, con grosse gambe nere smaltate. Mi alzo e vado alla porta, sono cosi vicino con il muso che vedo gli intarsi e le venature sul legno. Sono cosi vicino che non distinguo le figure . Ho lo sguardo inclinato verso sinistra e che punta in basso la mano destra su una maniglia di bronzo, sembra quasi una posa plastica da attore teatrale di serie B, proprio prima di una drammatica scena madre, recitata con troppa enfasi.

“Io vado signora…mi saluti…mi saluti…”

Silenzio.

“Mi saluti…saluti…”

Ancora silenzio, ancora più imbarazzante. Sento anche quel brivido di sudore freddo sulla schiena tipico delle situazioni in cui non vuoi essere.
“Shin” mi risponde la madre del mio unico migliore amico giapponese.
Un amico che non esiste. Il mio unico migliore amico inesistente si chiamava Shin e io non lo sapevo. Di colpo entra il padre….non so da dove visto che sono ancora alla porta ed è chiusa. Non so perchè, ma riconosco subito che si tratta del padre di Shin anche se io, la faccia di Shin, non so nemmeno com’è fatta.Accidenti, il mio unico inesistente migliore amico immaginario giapponese Shin per me non ha nemmeno un volto. Il padre è arrabbiato, discute con la madre…forse Shin ha combinato qualcosa? Il mio inesistente unico senzavolto migliore amico giapponese immaginario ha combinato qualcosa? Non mi sembra il tipo da combinare guai.

Mi sveglio, negli occhi la luce ombrosa di una tipica mattina di pioggia e vento, l’ennesima. Sento il suono della televisione in sala, mio padre sta guardando il telegiornale. Chissà se oggi la sua ditta avrà abbastanza lavoro da non andare in perdita. Guardo fuori dalla finestra e capisco che anche oggi sarà una giornata fredda con lo scaldotto incastrato in mezzo alle gambe a lavoro. L’ombrello da battaglia bianco con il marchio Shell e la mia giacca da 11° che credevo di aver messo via definitivamente saranno ancora una volta miei compagni di viaggio.

Se c’è un settore non in crisi e che lavora più dell’anno scorso è sicuramente quello dei vestiti invernali.