Sono in difficoltà, anche perché questo vigoroso giapponese trapiantato in Brasile che mi sta affianco “non capisce” che io “non capisco”. Sono circondato da una folla di curiosi, messo a martellare riso in una vasca di marmo per fare i “mochi” che ovviamente non ho mai sentito nominare prima di adesso. Cercano di spiegarmi che non devo lasciare il manico e che se evitassi di spaccare il martello non sarebbe male. Ovviamente tutta la gente attorno si aspetta che esca qualcosa di decente, visto che la dovranno mangiare. Il primo giro non è un granché ed infatti anche il martello fa una brutta fine, ma dopo aver imparato i trucchi del mestiere a gesti con i maestri giappo-brasiliani, al secondo giro mi sentivo padrone della situazione al punto di auto-proclamarmi Gran Sacerdote del Martello, schiacciando e percuotendo con grande stile in compagnia del mio compare di martellate J.C. Il resto della giornata l’ho passato mangiando, bevendo sake e vagando in un angolo di Giappone trapiantato a Milano che, non so per quale stereotipo, si ritrova sempre pieno di cosplayer anche se di manga manco l’ombra. Diciamo quindi che tirare martellate non era proprio il lavoro più adatto del momento ma è stato divertente…ma anche faticoso; perché stranamente c’era sole e caldo e le tonnellate di cibo che ho mangiato mi hanno fatto gonfiare peggio di otaria e in più l’assenza di sonno di questi tre giorni di attività non stop mi ha messo in crisi.

Però, ora che sono le undici di sera, e non ho più la mia divisa da paggetto giapponese, il mio cartellino lasciapassare e il mio martello…

…un po’ mi mancano.