Brava Giovanna, brava

Mese: Giugno 2013 Pagina 1 di 3

Pillola del 64° giorno – Bus

Il pullman e i suoi “abitanti” mi fanno sempre più paura, un mondo in cui gli immigrati ubriachi clandestini sono la parte più rassicurante. Tipo, oggi c’era un tizio, giovane sui 20 anni che flirtava pesante con una donna di 50 anni dai denti marci vestita come un’adolescente. Il giovane è vestito con abiti larghissimi su cui campeggia ovunque la scritta New York Yankees. Beve da una bottiglia d’acqua infilandosi quasi tutto il collo tra i denti. Forse è la bocca il particolare che da più fastidio, anche se non so se per i denti stranamente affilati e ravvicinati vagamente da castoro o per quello che dice. Si vanta di essere un gran picchiatore anche se non si direbbe. Dice che se lo fanno incazzare picchia tutti, che i vicini non lo salutano chissà perché. Una ragazza esce dalla porta del bus e lui la imita, dandogli della puttana perché in shorts, con la cinquantenne che ride sguaiata. Mi guardo con un immigrato ubriaco che mi sta affianco. Ha la tipica faccia di uno perplesso.

Come la mia ma senza la sfigurazione dell’alcool.

Vorrei essere ubriaco anche io.

Pillola del 63° giorno – Weekend

E quindi questo sarebbe il weekend, che inizio lavorando, da solo perché sono andati tutti in vacanza e qualcun altro non risponde. Ora, siamo vicini al primo minuto della domenica, l’odiata domenica e mi accorgo che forse oggi, non ho mai aperto bocca una sola volta. Sento anche una specie di mal di gola latente giù da qualche parte, un misto tra infiammazione e groppo in gola. Più che parlare però vorrei scrivere, ma seriamente. Alzarmi la mattina, fare colazione e poi andare sul balcone per scrivere, a getto, a caso. Mi sto stancando di questi lavori precisi, millimetrici, ancorati alle idee di qualcun altro. Vorrei davvero creare ed esprimermi pienamente, provare e riprovare finché non capisca com’è fatta la mia creatività, che per dovere di sopravvivenza, forse non ho mai visto.

Pillola del 62° giorno – Il punto più lontano

Il punto più lontano dalla felicità è come la faccia oscura della Luna, dove il sole non si vede. Quando sei triste, è più o meno li che ti trovi, spesso da solo. Oggi lo sono, come il 70% del mondo, probabilmente senza una vera ragione oppure molto colpevole, spaventato, confuso…tre cose che ti fanno sentire incazzato con la vita. Sono bravissimo a lamentarmi con stile delle cose che non vanno, dell’amore che non torna, dell’incertezza in cui navigo. Mi lamento con stile perché dai problemi non so uscire altrettanto bene, come una mosca che sbatte sul vetro. Da fuori cazzo, mi sembrano troppo stupide e forse è così che appaio agli altri ma non mi importa, non più. Dentro sento che tutto è difficile e complicato, che una parte dell’equazione non la conosca e nessuno ha intenzione di dirmela..Dentro non trovo giusto che torni a casa a piedi, sgrovigliando degli auricolari con in mente solo lampi di scarsa serenità e non mi sembra un bene che scatti foto con rabbia e senza piacere, facendo il compitino come se non ne importasse più nulla. Dentro non so cosa fare e che direzione prendere mentre fuori non so a chi chiedere. Anche quelle voce, che ogni tanto incitava, che mi svegliava dal torpore…quella che mi serviva per dire “domani è un altro giorno, si ricomincia” ecco, non la sento da un po’…

Pillola del 61° giorno – Dubbi

Spero di tornare di moda…

Pillola del 60° giorno – Up!

Me ne sto sdraiato sul prato con lo sguardo verso l’alto. C’è la betulla, il sole, un pezzo di casa e una strana pace silenziosa. Sarà che tutti mangiano, sarà che un sacco di gente sta in casa nonostante abbia un prato, quindi spesso sono deserti, sarà che in un prato tutti fanno silenzio come in chiesa magari “sssssshhh! Siamo in un prato…” “Scusa…” Verde silenzio…

Il vicino ha installato una di quelle campanelle che con il vento suonano e che contribuisce all’effetto rivelazione zen del momento. Girandomi sul fianco osservo tutti i vari tipi di erba, ne conto almeno dieci oltre ai residui autunnali di foglie cadute da tempo. Chissà perché non ci venivo più da anni qua sopra, anche solo per buttare 5 minuti di un qualsiasi pomeriggio di noia. Anni a calpestare solo il vialetto, a cercare prati da altre parti forse per il discorso dell’erba più verde, sapete, quella del vicino, quella migliore.

Ma io so che la colpa in realtà è della mia indole di sognatore e lo capisco adesso, proprio su questo prato, sdraiato con lo sguardo fisso verso l’alto.

No no, non è questione di “più verde”…

Io voglio l’azzurro.

Pillola del 59° giorno – Punto di non ritorno

Il concetto di punto di non ritorno mi torna sempre in mente con invadente puntualità, anche alle 2:00 del mattino. Spesso è simbolo di atti di fede, conseguenze di azioni, gesti folli, perché da lì in poi tutto cambia, tutto diventa diverso e TU diventi diverso. L’adrenalina di un punto di non ritorno consapevole poi, figlio di una scelta, ti fa sentire più uomo, ti fa sentire grande, ti fa mandare Affanculo il mondo, con la A maiuscola di Anarchia. Io sento che ne sta arrivando uno di quei momenti, quando sai che tutto cambia, quando hai da scegliere il tuo futuro.

E lì la strada va solo avanti…

Pillola del 58° giorno – 4:00

Forse dovevo scrivere un attimo prima delle quattro del mattino, a due ore dalla sveglia. Fatto sta che rientro solo ora, con l’odore dell’idropittura che ancora riempe l’atrio. I mobili spostati tutti verso il centro rendono il tragitto al buio rischioso e divertente. È la spazzola del mobile del bagno o altro quella che sto toccando? Una crema o un bagnoschiuma? Dopo questa discesa nel buio, finalmente mi ritrovo a letto in qualche modo, sapendo che sarà un risveglio tragico. Il rovescio della medaglia di una vita in sopravvivenza.

Pillola del 57° giorno – CV

Vorrei avere un curriculum della mia anima da dare alle persone.

Sarebbe più facile.

Pillola del 56° giorno – The walking dead

Il cartello vuole convincermi che le spore di enterogermina mi fanno bene ma io della parola “spore” non mi fido minimamente. Nel treno, ecco il segno dei tempi moderni, 4 persone occupano un intero primo piano su rotaia, ognuno vicino al finestrino in un “box” da quattro. Nessuno si siede vicino ad un altro se non è costretto, nessuno osserva e parla. Per non essere da meno scelgo l’ultimo box libero, mi siedo vicino al finestrino, mi metto occhiali da sole e musica nelle orecchie e guardo fuori. Se ci fosse un balcone nel treno forse andrei li. Penso a quella ragazza sulla banchina, bella, capelli lunghi, sguardo triste, shorts neri e maglietta bianca che facevano risaltare ancora di più l’altezza e la chioma. Usciva da un bar, passo lento e cadenzato, con il classico ancheggiamento naturale che tanto piace a noi maschietti. Basta un innocuo ciao detto quasi per caso e poi quel che succede succede pensavo mentre mi scivolava davanti continuando a camminare per altri 40 metri, prima di fermarsi. Chissà cosa mi spaventa tanto dei vivi da non fare quello che vorrei fare ed essere quello che vorrei essere. Fermata dopo fermata, sempre senza vicini di box arrivo nella caldissima Milano dove per qualche minuto mi trattengo con bici fatte a pezzi e un fiorista timido ma molto incazzato quando c’è da spiegare che lui è timido. Per fortuna arriva la mia sorella giapponese in soccorso con skate e capelli al vento e che mi porta lontano dal mondo dei vivi che tanto mi confonde. Il cemento ancora mi circonda ma stavolta tutto è deserto o quasi tranne per un cubo dipinto che emerge da un piazzale. Sotto, all’ombra di uno striminzito tetto, tanta gente che aspetta finalmente di diventare un non vivo ma nemmeno morto. Uno zombie in pratica. Un po’ estremo ma da qualche parte dovevo pur partire nella mia quotidiana ricerca di risposte. Vago senza sapere cosa fare per un po’ soprattutto per carburare i miei istinti e le mie sinapsi socializzanti e devo ammettere che avere un paio di occhiali da sole aiuta. Guardi ma non fai vedere dove, non lasci trasparire insicurezze o timori. Se tenevo la barba per quello ecco che gli occhiali sono la corazza definitiva. Piano piano gli animi si sciolgono e tutto diventa piacevole anche perché andare a fare la spesa con due zombie giganti è sempre un inaspettato diversivo che rende le giornate interessanti. Passano le ore, le foto e le parole ed ecco un nuovo treno che mi aspetta, quasi senza accorgermene . Vorrei rimanerci in quel cubo senza dover tornare alla società, gli zombie mi sembrano meglio dopo accurate analisi. Però poi, quando scendo dal treno, non so perché, mi sento più leggero, più rilassato…

Ho una gran voglia di dire ciao a qualcuno.

Stavolta lo faccio.

Pillola del 55° giorno – Worst Case Scenario

Gente dall’accento tedesco che ride sguaiata davanti a casa mia, un vago accento duro anche quando cantano canzoni in italiano. Non capisco chi siano e che ci fanno ma mi sembra di essere ai margini di una festa in famiglia in cui io sono l’ospite poco gradito. Io di sicuro non riuscirei a divertirmi cosi tanto, soprattutto per il fastidio di parlare una lingua non mia cercando di risultare simpatico. Che poi sono stanco che ho lavorato 10 ore e 24 minuti regalando una quasi mezzora alla gloria, tornando a casa per mangiare una specie di frittata di zucchine sbattuta in un tozzo di pane. Esco a fare un giro, a vedere una partita di calcetto, dire due cazzate, ascoltare due strimpellate e ritorno a casa con l’intento di riposare un attimino, mica chiedo la luna e invece…orsi tedeschi che urlano e ruggiscono peggio che ad un’osteria.

Accidenti…vada che è ufficialmente estate, ma per qualcuno domani è un giorno come un altro.

Io ad esempio, domani devo andare a fare la comparsa in un film di zombie.

Pillola del 54° giorno – Maschere

Spesso mi sento così indecifrabile. Attacco volti su ricordi e desideri impossibili, vago in luoghi di fantasia così particolari che sembrano dipinti futuristici. Magari il giorno dopo invece, mi risveglio banale e pigro, con nessuna prospettiva perché mi sento inutilmente in mezzo ad un oceano e mi angoscio per la terra che mi manca. Da avvistare con urgenza.

Oggi invece, recitando il copione della vita , al coperto dalla pioggia inaspettata in quei 28 gradi di cemento circondate che brucia, sono stato tante persone; il furbo, l’amante, l’amico, lo stronzo . In mezzo all’oceano è meglio avere compagnia credo…

Sarà per quello.

Pillola del 53° giorno – Volere

Sai quando ti svegli e sai che qualcuno ti pensa, sei il primo pensiero di qualcuno. Poi i buongiorno, le buonanotte, un “ti voglio bene” , le piccole liti e gli abbracci, i groppi in gola, lo stomaco in subbuglio, le cose semplici a volte anche stupide. Sei importante ogni giorno e ogni giorno è importante.

Oggi ci ho pensato…

Sembra bello.

Pillola del 52° giorno – Jenga

Sapete cosa mi piace?

Mi piace il paese assolato, nelle prime ore del pomeriggio, quando tutto è immobile.

Non c’è vita, non ci sono auto, passanti, animali. Forse si riesce giusto a sentire il vento o uno strano brusio in lontananza, i tuoi passi, i sassolini scacciati con violenza dal loro incedere.
Sembra anche strano che qualcuno abiti davvero quelle case chiuse, è il mondo delle piante che si muovono, delle cornacchie isolate e il tuo, l’ultimo rimasto sulla terra.

Ma è bello finchè dura, perchè è come una torre di Jenga, immobile, forte e sicura solo in apparenza. In realtà è pronta a cadere alla prima oscillazione anomala e cosi è questa visione.

Dal fondo arriva una macchina e tutto cambia, cominci ad osservare cani nei giardini, gente che stende , tutto riprende vita come se nulla fosse, crolla la torre.

Peccato.

Pillola del 51° giorno – La notte del drive in

Fino al tramonto è stato uno schifo. Caldo mischiato ad una specie di colla nell’aria per cui sudavo più copiosamente del solito e non un filo d’aria manco per sbaglio, nemmeno da una porta che si chiude veloce. Lavoro a grossi ritmi per finire e rendermi utile per gli utili della società e per concludere tutto prima dell’atteso incontro con il dentista possibile salvatore della mia sanità mentale. Mi costa 30 minuti di lavoro discretamente pagato ma necessario. 16.30 entro e 16.33 esco con un nulla di fatto perché ora che non fa male, che ho sofferto e che ho bombardato il mio corpo con veleni nimesulidici e paracetamolici spegnendo il fuoco del mio premolare “che senso ha? ” mi chiede il medico chirurgo odontoiatra, quindi “la prossima volta che capita, se non ti ammazzi prima, chiama invece di soffrire con un cane” cosa che avevo fatto quando soffrivo ma forse non son sembrato convincente visto che mi ha ricevuto 5 giorni dopo.

Allenamento, corsa, gambe, corsa. Poi addominali per concludere ma arriva un fastidioso vecchio fastidiosamente vestito che porta in giro un anonimo cane. Scandisce il tempo degli addominali con una voce melensa e trova che io pieghi troppo le ginocchia, mi dice di respirare e farli per bene e non tanto per. Lo manderei a fottersi ma sono buono e ogni volta che parla mi tolgo l’auricolare da posizione di addominale teso e sento che cosa ha da dirmi, perdendo ogni volta un po’ di pazienza e self-control. Poi di colpo, tira fuori il Cazzo e comincia a pisciare in mezzo alla strada, con me li davanti anche se un po’ sopraelevato per fortuna e allora io mi chiedo perché doveva proprio perdere il pullman prima e perché gli ho risposto la prima volta che mi ha chiesto l’ora. Se sei troppo gentile può succedere che qualcuno si tiri fuori il pisello di fronte a voi per pisciare, devo ricordarlo. Dopo aver toccato ogni orario della tabella con le dita, anche sulle tratte che manco gli interessavano, si leva dalle palle sparendo nel puzzolente ed arancione pullman della linea P. Finalmente posso concludere in santa pace .

A casa e doccia, bollente come al solito perché è un vizio e poi Drive In con ritorno al futuro. Odio credermi furbo perché esco in anticipo per avere i posti migliori per poi scoprire che sono un ritardato, che io l’anticipo manco so che cazzo sia. C’è gente targata Firenze, non so perché, parcheggiata e già svaccata dentro il maggiolone da chissà quanto mentre io (noi) ritardato (i) siamo in fila 87 giusto prima dei camper filo – nazisti che trovano bello venire a villeggiare sulle nostre pozzanghere sporche e sono dentro alle loro capanne con ruote, nudi, davanti al PC . Poi alla fine bella serata eh, anche se odio fare la fila per il pop corn aspettando che una tizia faccia il pop corn perché è finito il pop corn e ci vuole solo un minuto a fare il pop corn e Cazzo sono già da 11 minuti qua davanti e ci sono venuto non prima ma appena iniziato il film e una volta fatto, vedi che ne sono usciti giusto 13 grammi, appena sufficienti alle due Stronze che ti stanno davanti e quando ti rivolgi alla vecchia lei ti dice “Finito! Vado a prepararlo”. Vai al diavolo vecchiaccia .

Poi, odio chi non pensa che lo schermo un po’ alto deve essere in un drive in perché basta un figo con il suv e degli attori vedi solo le doppie punte e infine, odio quel lurido bastardo che faceva il figo con il laser verde rompendo i coglioni a tutti.

Te lo giuro, se scopro chi sei, vengo al tuo matrimonio e mi butto in mezzo ogni volta che il fotografo scatta la foto.

Devi capire quanto mi stai sul Cazzo.

Corso di autodifesa: Prima lezione

– E dai, adesso basta.
– Su, che ci facciamo male.
– E dai, e fermo, stai calmo.
– Che adesso ridiamo ma poi va a finire in tragedia.
– Se non mi picchi ti lascio guidare il motorino.
– La macchina?
– Il treno?
– Guarda che io sono buono e caro ma se mi arrabbio spacco tutto eh.
– E mio padre ha conoscenze così in alto che può far mettere in galera il tuo.
– Ti prego ti prego ti prego ti prego.
– Ho una moglie e un figlio da mantenere.

Fine prima lezione.

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