Sono le 16.30, caldo, in quello che si può definire un posto del cazzo. Una “D di discount” rossa su sfondo blu e bianco, un quadrato attaccato disarmonicamente su una casa con la sindrome “vorrei ma non posso”, pieno di balconi che dovrebbero farla sembrare diversa dal solito condominio di merda. Aria condizionata a palla dentro la grande D e roba che nessuno ha mai sentito nominare, cloni di prodotti che sentiamo ogni giorno. C’è “ENERGIA” , liquido redbulliano vitaminizzante o le patate San Gallo, tutto a prezzi ridicoli. Un eurospin molto meno famoso, che sembra uscito dall’iraq come del resto tutto il paese che gli sta attorno, a partire dalla stazione con buchi sui muri e binari morti sparsi in giro. Una stazione deserta, in un paese deserto, con un discount…deserto, ma deserto in maniera strana. Sono abituato alle fiumane di individui che razzolano come formiche per raccattare cibo scontato mentre qua, ci sono solo due gorillesse attempate che discutono di fronte a tre metri cubi di succo all’ananas mentre tutti intorno, sette dico sette lavoratori del discount vanno in giro. Non so a fare cosa, ma ne vedo altri li in fondo e pure un paio dietro il bancone, che in un periodo di crisi e di gente senza lavoro, questa D di discount rossa ci sta facendo una bella figura penso tra me e me. Che poi sono tutti silenziosi ed educati e si somigliano pure penso, quando vedo la terza bionda di fila.
E io, quando me ne esco da quel posto, e mi ritrovo ancora nella desolazione più totale, ecco, io mi chiedo se alla fine quel paese non sia tutto li dentro quel discount, che il resto sia solo scenografia. Una sola famiglia poi, perché mi sa che sono tutti parenti là dentro, un discount a conduzione familiare, il loro regno, il loro desolante retaggio.

A vederlo bene quel quadrato blu rosso e bianco, in effetti, potrebbe pure sembrare uno stemma nobiliare.