Wimbledon prende possesso della TV e tutte le volte che il giudice esclama “15-love” io capisco “fettina” e quell’erba che riempe lo schermo mi sembra un ottimo contorno di insalata.

Ho fame.

Strana sensazione essere malato con 45° gradi fuori. Io che poi nemmeno ricordavo più come ci si sentiva da ammalati. Un gran senso di fame dicevo, un gran sonno, che stanotte non ho mica dormito un granchè. Avevo freddo, ma con il lenzuolo sopra avevo caldo quindi ho tenuto sopra giusto mezzo lenzuolo rimanendo mezzo-scoperto con il risultato che il mio raffreddore è pure mezzo-peggiorato, io che non mi ammalo mai ma al massimo mi mezzo-ammalo.

Non dovevo fidarmi della finestra aperta, in questi due giorni in cui tempeste solari si alternano con nuvole e scrosci d’acqua mixando primavera e autunno alla faccia delle mezze-stagioni sparite. Ne sta arrivando uno adesso di temporale, che si fonde con i residui del giorno, la tipica luce dorata che noi fotografi amiamo, creando una sensazione malinconica.

Mi alzo con fatica, con il fisico di un paralitico dopo un incontro di box con Tyson dei tempi d’oro e vado in cucina, dove ascolto in silenzio se il frigorifero è vivo visto che sono tempi duri anche per lui. A volte cade in coma e c’è la forte preoccupazione che le interiora, ovvero il cibo che c’è dentro, vadano in decomposizione che èuna cosa antipatica quando la spesa è stata fatta il giorno prima. Per fortuna il ronzio sommesso mi rassicura un attimo, speriamo passi la notte. Dentro il vecchio frigo, un sacco di robe buone che per scelta non posso mangiare per cui comincio a guardare se in giro c’è qualcosa di accettabile che dall’esterno dovrei più o meno sembrare come un tecnico di CSI alla ricerca di prove.

“Grissom! Qua c’è una fetta di Bologna!”

Affettati, melone, frutta, coppa di cioccolato con dentro la panna, uova, burro, verdure…naaaa, sto quasi accettando il fatto di lasciare perdere e di ritornare sul letto davanti a quella brutta finale di tennis.

Poi, dietro un panetto di burro e una melanzana esageratamente gonfia, noto un dettaglio, qualcosa di estremamente familiare ed infatti, ecco il Sacro Graal dei miei pomeriggi, lo yogurt alla banana.

Sapete quelle scatole di yogurt attaccate le une con le altre, due gusti in fila. Ce ne sono due di albiccocca, due di fragola, due di banana e cosi via. Quello alla banana è il primo che finisco di solito ma ecco che Dio, o la Fortuna, o qualche divinità tentacolare che esiste in abissi mistici, per dimostrarmi la loro esistenza e benevolenza, si manifestano dentro il mio frigorifero puntualmente rifornendomi di uno yogurt alla banana che in teoria non dovrebbe esistere perchè li hai finiti tutti quattro giorni prima ed è impossibile che te ne sia sfuggito uno. Sacro Yogurt alla banana zen.

“Grazie divinità” penso mentre lo mangio

“Grazie per questo dono, ancora una volta!”

Certo, che se adesso queste divinità alzassero il tiro e materializzassero dentro il frigo anche un po’ di soldi o la donna della mia vita lo apprezzerei di più.

Sembra quando lo zio miliardario ti da 5 euro per comprarti il gelato.

Barbone.