Oggi è andato quasi tutto storto e questo mi rende lamentoso, volgare e mi costringerà a scrivere un sacco di volte “cazzo” e “fanculo”. Ero partito prima, a fare un pezzo che era quasi poetico, come per ammorbidire un dildo di roccia, per lasciare trasparire una specie di malessere ma in tono soft.

Era più o meno così: “passo falso dopo passo falso anche io imparerò qualcosa pur se in età di fortificare e non di costruire. Come Fred Astaire con scarpe di cemento che cerca di danzare leggero ed invece lascia solchi profondi sulla pista anche io rimango intrappolato in un ipotetico talento usato male, senza grazia, senza i mezzi adatti.”

L’ho riletto due volte incazzandomi sempre di più con me stesso. Ma perché cazzo, dico io, devo stare a dipingere un maiale per farlo sembrare Natalie Portman ogni santissima volta? Lo scrivo così com’è invece. Un lavoro è andato uno schifo, cosa che mi insegna che lavorare giorno e notte non va bene e questa è la prima cazzo di verità. Seconda: mi lamento come un coglione sperando che qualche stronza divinità prenda a cuore la mia pratica, tirandola fuori da uno schedario impolverato infognato in qualche buco di culo cosmico. Spero che ci pensino loro a darmi una mano a trovare l’amore che bramo e la serenità per cominciare a spaccare i culi seriamente. Spero che mi cerchino le opportunità dandomi la testa per concentrarmi come si deve senza combinare fottuti casini per poi lamentarsi per ore con le povere anime pie che mi ascoltano (a proposito, grazie, che tanto so che leggi). Come un mentecatto con problemi di pidocchi, mi gratto la testa dicendomi “Bhe, altra occasione nel cesso, chissà come mai” e non riesco a convincermi del tutto che gli errori non li faccia apposta, per non sentirmi bravo almeno una volta, una specie di stupido auto-allarme quando le cose possono andare bene. Chissà perché poi dovrebbe essere così, che mica ha senso.

Terza: ok, ci sta, fai una marea di cazzate, qualcuno si incazza e ti manda a fanculo meritatamente. Ne sei conscio e da vero uomo dalle palle esaedriche dici “ho sbagliato, amen, domani è un altro giorno cazzomene…”.

Io invece, che da fuori sembro quello pazzo della finale di braccio di ferro di Over the top, con gli occhi sbarrati, rasato tipo galeotto mentre dentro c’è la mousse al cioccolato, i lamponi, zucchero e un emo frullato, parto con i discorsi da ragazzina tipo “caro diario Jerry ama un altro io mi ammazzo”. Una specie di cazzo di adolescente che va in crisi in cerca di orecchie in ascolto sotto una pioggia di fiori di ciliegio. Non mi serve, non mi serve e la prossima volta sarà uguale.

Quarta: oh dai basta. Mandatemi a fanculo, prendetemi a pedate, gridatemi “Sveglia!”

Lo merito.