Guardo questo soffitto sdraiato su un quadrato di cemento pieno di disegni, vetri, sporco, bottiglie in frantumi. Non so perché lo trovi comodo, forse è perché non c’è nessuno che parla, che mi chiede, che mi sta attorno. Un giorno di un’estate fa, riuscii pure ad addormentarmici qua sopra. Mi sembrò un buon sonno.

Niente si muove, ” sono solo io vivo, qui” mi dico.

In certi momenti la solitudine è d’oro anche se ti senti sempre solo e ne hai abbastanza. È una solitudine diversa questa, non è quella che ti ferisce, che torna appena ti ritrovi circondato da persone, con le loro esistenze così lontane da me, così aliene. È più riflessiva ma meno personale. Tipo che adesso, che non ci sono voci ne pensieri, ho abbastanza spazio in testa per pensare al soffitto.

E se cade? Riuscirei a infilarmi in uno di quei vani, al riparo dalle assi più grosse, quelle che si fracasserebbero per prime? Ma come cadrebbe…dubito che possa precipitare così, perfettamente dritto, come se tutti i sostegni spariscano di colpo. Qualcosa si dovrebbe rompere, penso. Guardo con attenzione la struttura, da vite a vite, da sostegno a sostegno. Poi, riesco ad immaginare tutto quel legno che inizia a cadere quasi a rallentatore per poi accelerare, verso di me, che rimango sdraiato in attesa.

È come negli incubi, non riesci a spostarti.

Quando ancora c’era la stazione, vicino casa mia, sognavo spesso di ritrovarmi con un treno in arrivo, sempre più vicino. Le mie gambe erano insensibili, non si muovevano, svuotate da ogni briciolo di energia.

Mi svegliavo sempre prima dell’urto.

Non sono mai morto in un sogno…

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