Sono sul cesso che leggo un Topolino del 1996, in attesa di mettermi sotto la doccia che per un motivo o per l’altro, oggi arriva in ritardo per il malcontento del mio corpo sotto sale.

1996 significa diciassette cazzo di anni fa e non dieci come continuo a pensare quando leggo anni ’90.

Ho davanti Sansone, un alano gigante spalmato su delle vignette che non fanno ridere. Il suo padrone è alto con i baffi, sua moglie bionda con i capelli impostati stile ficus bonsai, un po’ da vecchia.

E mentre sono qui sul cesso, ad aspettare non so cosa visto che non sto cagando, ne commettendo atti impuri sessualmente soddisfacenti, mi ritrovo a pensare che adesso, diciassette anni dopo, Sansone l’alano sarà bello che schiattato. Marito e moglie avranno comprato un cane più piccolo oppure niente. Lui avrà 65 anni ad occhio, lei 60. Se non ricordo male hanno un figlio, che sarà grande ormai. Magari gli ha dato dei dispiaceri e non è più “il loro piccolo”, come quando c’era Sansone. Ora si droga, ha una ragazza tossicodipendente che ruba libri in biblioteca per rivenderli. Il padre è molto preoccupato e questo aggrava le condizioni del suo cuore. Ah già! Ha il bypass e mancano ancora tre anni alla pensione. La moglie trova soddisfazioni solo nella torta che prepara per il banchetto della Chiesa, è triste. Sansone è sepolto in giardino, quando vedono la loro tomba gli si stringe il cuore. Quelli si che erano bei tempi, ora invece…giornate grigie, capelli grigi, niente prati verdi ma muri grigi. È finito tutto.

Chiudo il Topolino e lo appoggio sul mobile del bagno.

Accidenti sono tristissimo.