Avevo questo cactus da un euro a casa, che ho chiamato “Cactus Killer”. Il corpo era lungo e due braccia sporgevano dai fianchi, girate verso l’alto come Rocky sulle scale di Philadelphia. Era verde scuro con spine rosso-nere scurissime e lunghe.

Mi hanno detto che è morto perché gli ho dato troppa acqua, anche se a me non sembrava. Dopo un momento in cui credevo di averlo perso, si era ripreso e stavano pure uscendo altre braccia verde acceso, tutte in giro. Poi, qualche giorno dopo, il verde è diventato giallo, poi marrone, poi grigio. Poi è morto.

Quando dai il nome a qualcosa ti dispiace sempre quando lo perdi, o muore anche se si tratta solo di un cactus. Dentro la stessa serra, due anni dopo, stessi gatti dormienti e stessa condensa da afa. Stessi vecchi proprietari cotti dal lavoro e dal sole. Sono alla ricerca di un sostituto per “Killer”. Impiego un’ora buona a trovarne uno della stessa specie, nella stessa posa. È più ciccione e le braccia sono più esili ma è un grandioso sostituto. Il vecchio me lo strappa dalla terra e me lo infila in un vasetto arancione, mi mette terra nuova, mi consiglia di non bagnarlo. Eccomi con in mano “Cactus Killer Il”.

Mezz’ora dopo, sono lontano dalla serra. Ho davanti a me un uomo anziano. Quando parla con mio padre, che gli tiene la mano, dice frasi senza senso

“Le vedi, in file, erano lì”

Non riesce a fare un discorso comprensibile. Conosce mio padre da quarant’anni ma è come se fosse un estraneo.
Mio padre lo rassicura, gli racconta fatti di alcuni anni fa che lui non si ricorda più. Continua a fissare un punto indistinto del selciato, indica le crepe sul cemento, ripete “rosso, rosso, rosso”. È grigio. Tutta l’intelligenza svanita. È fermo immobile, è assente.

L’ho conosciuto. Fino a due anni fa era ancora un pozzo d’energia, di conoscenza, con le braccia in alto, come Rocky sulle scale di Philadelphia. Ora è magro, denti consumati, vestito pesante in pieno agosto.Vedo la moglie che quasi piange e la figlia, che nemmeno riconosce più, “scusi signora” le dice.

Niente serra per loro, nessun sostituto.

È tutto molto triste.