Forse non c’è droga peggiore della musica, soprattutto ascoltata con auricolari in-ear che arrivano a tre millimetri dai timpani. Diventi un cazzo di sordo emarginato.

Tipo, vado ad allenarmi qualche giorno fa. Metto l’ipod nella tasca sinistra ma gli auricolari funzionano male, le note saltano da destra a sinistra e io da una parte non ci sento quasi nulla. Ad ogni metro di corsa è un continuo ping-pong di voci che rimbalzano nel cervello e il nervosismo che cresce perché è come parlare al telefono dentro una galleria. Cerco di non farci caso, corro un po’, imprecando contro la Philips e tenendo l’ipod in mano in posizione innaturale, come un bicchiere troppo pieno. Tutto per far funzionare decentemente quei dannati fili bianchi e subisco le occhiate di quelli che mi incrociano. Sembro un folle. Arrivo nella piazza, circondato da palazzine, bar con tavolini all’aperto, bambini che giocano, polizia locale e gente che entra in comune. Di solito mi alleno un paio d’ore e le mani mi servono libere.

Duro giusto dieci minuti.

Messo via l’ipod, senza musica, sembra che in quella piazza tutti mi guardino o parlino di me, al centro di uno spettacolo circense, lo scemo del villaggio, unico protagonista di una manifestazione ufficiale, conduttore dello show con tanto di cono di luce sulla testa. Le voci del bar le sento per la prima volta e pure i bambini che chiedono “Signore che fa” e gli immigrati che parlano di te tra di loro nella loro lingua del cazzo e anche tutti quegli altri là in fondo che ti vedono a quattro zampe per terra e chissà cosa pensano. Non riesco a fare nulla, me ne vado via.

Che poi, ti comporti da deficiente e manco te ne accorgi.

Esempio, prendo il sacco da boxe l’altro giorno e scendo in cortile. Lo attacco all’altalena e comincio a massacrarlo di pugni con i Daft Punk a palla e vado avanti per quaranta minuti prima di accorgermi della vicina di casa con mestolo in mano che mi guarda basita dalla finestra, mia sorella che mi dice che l’altalena fa dei rumori strani e che sembra stiano pestando un barbone nell’angolo e io che faccio versi come un soldato con sindrome post-traumatica che si sfoga su di un terrorista a Guantanamo.

Oppure, vado in giro con qualche canzone rap o con l’assolo di David Gilmoure in Comfortably numb e comincio a fare “mosse” e gesti come un deficiente, simulando manici di chitarra e dita che si muovono, batterie, balli dance.

Mi è capitato l’altro giorno mentre uscivo da lavoro. Un collega mi passa a fianco e mi saluta mentre mi muovo come un rapper ad una battaglia freestyle.

Lo noto troppo tardi.

Lo saluto, continuando a muovermi, facendo finta di fare stretching.