Certe volte non distinguo la causa dall’effetto. È come se tutto fosse raggomitolato su se stesso e non ci fosse più un inizio e una fine, né vie di uscita, solo una forza centrifuga che ti allontana e una gravitazionale che ti trattiene. A sapere che sia così per l’eternità uno ci si abituerebbe pure, ma neanche la consolazione di quella certezza. Prima o poi le cose cambiano, sempre. Sarai tirato dentro l’orbita o catapultato fuori, nello spazio profondo?
L’altra sera parlavo con una ragazza, nemmeno ricordo di cosa e mi diceva: “Solo le cose false finiscono”. Ci ho pensato, mi era sembrata subito una bella frase, ma mi sembra anche vera. Una soluzione semplice per una equazione complicata. La verità tra l’altro è sempre nella semplicità, e dietro le pieghe delle complicazioni si nascondono tante insidie.
Certe volte mi fermo ad un semaforo che scatta proprio davanti a me. È bello ritrovarsi all’inizio della fila, in cima a tutti, ci si sente anche un po’ responsabili a guidare il gruppo e non devi sopportare i riflessi di chi parte a rilento. Sei lì bello beato che pensi a tutte queste cose quando vedi con la coda dell’occhio l’ultima macchina del precedente turno di verde che oramai sfila via oltre la curva. Sei più tanto sicuro che sei il primo della fila? La fila è già finita, è scorsa completamente e tu non ce l’hai fatta. Sei il primo della fila che non ce l’ha fatta, altra possibilità, ma sei già arrivato tardi, non sentirti tanto migliore, quelli migliori di te già ce l’hanno fatto. È inutile che guardi indietro e vedi quanti ce ne sono ancora, tu non vuoi stare là dietro, tu volevi stare là davanti. È stupido guardare a chi sta dietro, se si hanno delle potenzialità bisogna tendere avanti. Di sicuro sei meglio di molti, ma non significa che non puoi essere meglio di altri, meglio di quello che sei.
E forse è l’unico modo per non perdersi nello spazio.