La spiaggia stamattina s’è svegliata nella nebbia
e anche libero da gioghi mi sentivo in una gabbia,
in una serra stinta che coltivava rabbia
nel rimpiangere una vita scritta solo sulla sabbia.

Parole guaste, lambite dalla lingua delle onde,
che avanzata su avanzata con la schiuma le confonde.
Resto il ramo rigettato senza frutti e senza fronde
resto terra attraversata dalle crepe più profonde.

Sotto il cielo che mi ammanta e sotto il giudice universo
sono il tempo che viviamo, a volte dolce a volte avverso,
sono un granchio seppellito nel fondale e poi riemerso
e mi ostino a camminare che sia pure di traverso.

E come il mare sconfinato si rovescia e non si stanca
lotto senza posa per quel che ho avuto e quel che manca,
con il vento che mi sferza e la tempesta che mi sfianca,
con il sole che mi asciuga e la luna che mi affranca.

E non ci saranno onde o crepe a cancellare quel che sono,
né abbastanza nebbia per confondermi col vano.
Piogge e venti smetteranno di trascinarmi via,
e anche in fondo al mare questa vita resta mia.