Che i polpi non usano la qwerty

Autore: Nurofen Pagina 2 di 23

Pillola del 233° giorno – C’è chi c’ha il pane ma…

Mattine che mi sveglio e mi sento il miglior scrittore del mondo, leggo cose in giro su carta-carta e carta-schermo e le trovo tutte zoppe, vecchie, malconce e dalla faccia ch’é un disastro, roba da oblio ad azione rapida. La cosa perdura fino al primo biscotto della colazione della depressione e l’animo si cheta un attimo, divento più lucido e penso che io non ho nemmeno una storia finita, manco una balena monca mezzo-bianca da far fiocinare dall’Achab di turno e so anche che il problema sta tutto nel fatto che ai finali non ci riesco mai a pensare decentemente.

Ero li…sul treno della gente stanca morta delle 19:36 Milano-Varese che abusavo di corrente 220v e mi metto a parlare col mio compare di penna e lui mi dice che c’è un sacco di gente che in giro mette in fila tre parole, due punti ed un verbo e caga fuori libri con copertina rigida illustrata, nome in stampatello e titolone ad effetto e io ho il neurone bibliotecario che va a scandagliare il cerebro-database e salta fuori il ricordo di una cosa o meglio, di una persona.

Ai tempi in cui ero un ciccio scacciafighe con la passione del fantasy, ci si dilettava ogni tanto a giocare a Dungeon&Dragons, caruccia invenzione in cui ti immagini un te stesso alto tre metri, tutto muscoli e spada che massacra mostri. La storia era compito del Master, una specie di direttore d’orchestra…e la persona qua di sopra era l’incaricato di farci divertire. Durò poco…tipo quattro sere, in cui passammo il tempo a parlare con gente che non parlava e che ci spediva da bosco a bosco, taverna a taverna, villaggio del cazzo a villaggio del cazzo.

“Chiedo a quest’elfo dei boschi cosa sta succedendo…”
“Quando arriverete lo saprai risponde l’elfo”
“Ancora? Ma è il quarto elfo del cazzo che risponde uguale…ma cos’è sta merda?”

C’era l’intenzione seria di ribaltare quel cazzo di tavolo. Capitò poi che mi ci misi pure io con la bacchetta da direttore e tutto il resto del porcaio e ricordo che la prima sera tipo furono tutti arrestati e poi evasero e uno per festeggiare andò in un bordello, scopò pure una baldraccona in un ripostiglio ma era un vampiro e si sa che in quelle occasioni uno si incazza che è come prendere l’HIV per cui diede fuoco a tutto e…non ricordo come finì, ma fu un cazzo di spasso mentre con l’altro passammo quattro giorni a bere birra Fantasy nei peggiori Bar delle nostre città Fantasy…Cristo…più palloso della vita reale.

Bhe si…insomma…tutto sto schifo di preambolo da Beautiful per dire che pure sto qua mho c’ha un libro in cu…rriculum, genere che manco ricordo che ho letto solo il primo capitolo e ancora ogni tanto tremo al pensiero. La chiave, é che tanto basta la storia insomma, pure scritta con pupù di cane ma che inizi da A e che da qualche parte arrivi pure strisciando a Z, e a vedere in giro la marea di scene-comi-scritto-ri pare pure facile ed io…che mi sveglio e mi sento un cazzo di genio con stile…cazzo…mi chiedo dove si trova quel cromosoma sbagliato nella mia ispirazione e quindi mi alzo, vado al banco della cola-depressione col tavolo pieno di pane e io….senza zanne.

Pillola del 232° giorno – Quando il bagnoschiuma mi sembra un grattacielo

Oggi mi sono svegliato e desideravo una lavagna, desiderio che mi porto dietro nella presunta realtà dall’unico frammento di sogno che mi ricordo di questa notte tormentata. Ci sono io, dentro il letto, che guardo me stesso in piedi con i vestiti da malato addosso mentre scrivo qualcosa su di una lastra appesa lì sul muro, bordo di legno e ardesia bella nera, e so per certo che quei segni sono una trama, ci sono i nomi e i pezzi di storia che non ho mai scritto tutti collegati da frecce bianco-gessetto e appunti e capisco che ho ragione quando ‘sento’ che mi serve un calendario con su scritte le cose da fare, appiccicato sul portone di casa in modo da vederlo ogni volta che esco per una nuova giornata…ed ho ragione quando penso che per certe cose…importanti – IN scadenza – INconcluse – che sento INfinite – per la mia IMpotenza ”cause I’M not just a man with these broken dreams” cantavano gli Hollywood Undead…dovrei rivestire ogni giacca di post-it gialli, arancioni, verdi, rossi, cobalto e cadmio e cosi via, un colore per ogni dannato giorno della settimana.

In mente, adesso, ho tutto il catalogo delle lavagnette più o meno utili che mi sono passate per le mani e pure quelle più o meno magiche…un quadrato di plastica bianca forato, due-trecento fori, ci si infilava questi funghetti di colore diversi per creare scritte e disegni…e quella con lo sfondo tipo carta carbone poi, aveva una penna di plastica agganciata con una cordicella e levetta che cancellava all’istante i capolavori che ci pasticciavo, orrendi segni grigio chiaro su grigio scuro…e la mia preferita, il classico mezzo sogno proibito da bimbo…sarà che stava appesa in alto nella cucina di mia zia…metallo pitturato di bianco, bordo rosso e ripiano con cancellino e indelebile nero che già da piccolo sapevo che da sniffare era gran roba e da usare per pasticciare oggetti bianchi ancor di più.

Ho un piano, ora, ma il computer personale sopra-scrivania ormai ci mette dai venti ai trenta minuti per diventare operativo, sembra sempre in dopo-sbronza ed è inutile starsene li seduto, che il freddo è come l’acqua e le radici delle piante, trova anfratti e interstizi e si infila nella finestra, poi nel cassone della tapparella, scende lungo il vetro gelido e si tuffa nel colletto della mia felpa, canottiera, pori della pelle IMpercettibilmente aperti, carne, sangue e crepe nelle ossa e allora sto in giro piuttosto, vestito di grigio con cappuccio e blu con striscia laterale viola che fa tanto profugo, ne approfitto per fare da infermiere a Madre, che la mia eredità del weekend è una bella dose di virus e germi e febbre e in qualche modo devo sdebitarmi, chiedo cosa serve e “Si! Preparo il Thé…” anche se poi la sto a chiamare mille volte che chissà dove si trovano limone, vassoio, tazza, bustine da infusione e quella medicina del cazzo di cui non ricordo mai il nome ma comunque preparo, accudisco, rimbocco coperte amorevolmente, cronometro minuti per i test di dilatazione del mercurio, lavo piatti e do una parvenza di sistemata anche se per un occhio esperto son sicuro che possa equivalere a buttare lo sporco sotto il tappeto ma accontentatevi, che alla fine “…I’M just a man…my will is so strong…when I’ve got plans…i close my eyes to the pain…” cantavano gli INXS.

Bacio della buonamattinata a Madre che tenta di dormire…un’ora è passata e ritorno ai miei piani rifugiandomi nel mondo virtuale alla ricerca di una lavagnetta, ufficialmente diventata la chiave del successo futuro della mia vita anche se SICURO che si riducerà all’ennesima porcata comprata per sprecare carta-banconota, accatastata in uno tra le centinaia di cassetti stipati delle cose non-utili della mia esistenza. Ora, di fronte lo schermo e a destra la finestra con il mio più recente animale domestico, una cazzo di mosca gigante intrappolata tra vetro e zanzariera…non so come sia entrata ma non ho intenzione di renderle facile la vita che tentare di farla scappare comporterebbe aprire la finestra e lasciare campo al gelo, staccare un lembo di rete e indirizzare in qualche modo la bestia nella breccia ma queste cose funzionano solo con i Persiani mentre in questo caso la legge di Murphy farebbe di tutto affinché la mosca si opponga, vada da altre parti o tenti di entrarmi in bocca e quindi che se ne stia in gabbia, per adesso temporeggio e cerco di non distrarmi ogni volta che uno strano puntino nero sfocato entra in conflitto con la mia visione periferica.

Vedo che onlINe c’è pure una mia amica…l’ho conosciuta dopo aver scoperto il nome con interrogatori e minacce a persone e cose causa un mezzo colpo di fulmine per la sorella sua…che dopo un anno ancora non sono riuscito a conoscere. Le chiedo se per caso è stata a Dubai anche se so benissimo che è stata a Dubai ma il giochetto della domanda del cazzo ti evita sempre tutto il discorso introduttivo in stile “Ho visto che sei stata a Dubai, raccontami un po’…” che è troppo lungo e formale quindi meglio ‘domande ovvie del cazzo’ e via. Lei ovviamente dice di si, e io chiedo un po’…se il Kalifa da quasi un chilometro l’ha visto e lei mi manda un po’ di foto di Dubai e mi racconta di Dubai e io mi ritrovo che voglio andarci a Dubai e come per magia, la storia della lavagnetta quasi non la ricordo più e quando mi infilo in doccia, per togliermi l’odore di chiuso e malattia per la sesta volta in due giorni, comincio a pensare ai viaggi da fare e sogni, infranti e non e a Dubai e manco fossi pieno di LSD fino al midollo, tutto si trasforma e la ceramica della vasca diventa sabbia e tutti i flaconi si trasformano in hotel e torri dal chilometro facile e finestre luci, acqua, isole artificiali e fontane, uomini ricchi e poveri, io in giro che faccio foto, strisce luminose dei fari rossi ed esposizione lunga, acquari dentro hotel, ristoranti e squali, limousine, povertà e ricchezza, cibi strani, lingue straniere, check-in, gate closed, valige, scoprire bar, specialità della casa, vestiti strani e turbanti, l’acqua diversamente salata, fusi orari, persone nuove, storie, sogni di qualcun’altro…che alla fine è cosi che son fatto, ad innescarmi l’immaginazione ci si mette pure troppo poco, due righe, due foto, due ipotesi e mi accendo…ci sto sempre un po’ stretto nella mia vita, la scappatoia per cambiare le carte in tavola la cerco sempre…e contateci che sarà la mia rovina…e la madre di tutte le mie insoddisfazioni…e di tutte le depressioni ma che ci posso fare…d’altronde “I’M just a man…and every night I shut my eyes…so I don’t have to see the light” cantavano i Faith No More.

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Pillola del 231° giorno – Quarantena

Ragionavo sul fatto che sono già a duecento trentuno giorni di diario e non sono pochi per nulla ma se ci vado a pensare bene quasi non ricordo i “momenti” in cui mi metto a scriverlo…come se fosse diventato talmente meccanico che in pratica è come mangiare, respirare, pisciare. Ma come la differenza che passa tra un pranzo di matrimonio e un panino che ti fai in pausa con tonno e sottaceti avanzati, sento cosa cambia quando hai voglia di scrivere, voglia vera…e quando lo fai perché un diario è roba di tutti i giorni e non ti puoi tirare indietro, motivo per cui i pezzi decenti me li ricordo tutti mentre gli altri…manco so di che cazzo parlano.

Oggi ad esempio…è il classico giorno strappato a forza dal cervello, passato nel nulla di una convalescenza, balli in giro, stai sdraiato, indigestione di film e ti accorgi che son le undici di sera ed è dalle nove di mattina che ti senti fermo nello stesso punto ed hai un pezzo da scrivere e lo ammetti candidamente…non hai voglia…quindi, pensi alla frase d’effetto alla Oscar Wilde, un trucchetto mica da ridere, sembra tanto che tu sia un genio a tirare fuori verità assolute in quattro parole e devo dire che funzionerebbe, potrei marciarci, posso riuscirci mi dico…

“La paura di non essere amati supera il desiderio di amare”

…tipo…vedete? Trucchetto facile…più difficile riempire righe non parlando di nulla, ci si affida allo stile e di solito me ne farei una colpa ma son tagliato fuori dal mondo da un paio di giorni, ho smesso pure di pensare stranamente e anche quello che succede alla mia famiglia é distante…si è fermata la macchina di mia madre ad esempio, oggi…gente di qua e di la, chiamate ad altra gente ancora ma di tutta questa storia io non ne so nulla, nessuno aveva tempo di raccontarmela, emarginato come sono nella mia zona di quarantena e ammetto che proprio non ci sono abituato, qualcosa-qualcuno-qualcheparte di cui interessarmi l’ho sempre trovato, difficile che io stia a casa tutto il giorno nei soliti novantaquadri.

Ma sono in quarantena, visitatori in casa ma li saluto da lontano, no a baci sulle guance o strette di mano, nonostante il termometro sia favorevole e le pastiglie abbiano risolto tutto, almeno in apparenza, che i germi sono invisibili e tenaci ed ho le occhiaie e tosse da appestato, voce cavernosa di chi è morto almeno tre volte, andamento ciondolante molto poco esprimi-fiducia.

Fortuna che abbia già preso programmi per domani…forse il nuovo film di Allen, cena fuori…altri essere umani con cui interfacciarmi, qualcosa di interessante di cui scrivere che non siano pensieri depressi o fregnacce da complessato.

Che sia domani pomeriggio in fretta…che stare un altro giorno chiuso con solo me stesso…no grazie, che Dio solo lo sa quanto mi sto sul cazzo.

Pillola del 230° giorno – Unbreakable/I’m breakable

Non mi ammalavo da cosi tanto che tipo credevo di essere immortale. Poi, non so perché e come, vado contro il mio Truman Show…quando in zona Saronno, comodo e tranquillo su un sedile ferroviario blu cucito da cinesi e riscaldamento di bassa qualità, prendo tutte le mie cose e in un impulso di totale istinto mi butto fuori dal treno poco prima che parta, cosi, per cambiare la routine. Il cappello però rimane sul sedile o almeno credo…fatto sta che ho il cranio in balia degli agenti atmosferici per venti minuti buoni, con la regia che organizza un intervento lampo, provvede allo spostamento del treno su quel binario in stazione gremito di comparse nervose e io le capisco…non avevo mai fatto una cosa simile.

Arrivo in stazione Centrale che la cefalea galoppa…nome che mi fa tipo venire in mente un millepiedi bianco che fa shopping nel mio cranio artigliandomi in continuazione. Le comparse in stazione sono scarsamente capaci, guardano tutti nervosi orari di arrivo e partenze, custodiscono bagagli, fumano, tutti i treni sono immobili. Io non gli bado, aspetto solo che arrivi un mio amico dalla Calabria, saluto rapido, scambio di pensieri e via di nuovo su un treno veloce rosso e bianco. Avviene proprio come da copione ma quando la locomotiva parte, alle 17:25, decido di temporeggiare, scattare due foto, osservare meglio quella giovane ragazza bionda in bicicletta che violenta lo schermo di un cellulare…chissà se sta parlando con la regia o con il ragazzo. Mi intrattengo tra il vento e gli archi della stazione un’ora…un’ora…poi mi stanco e via con i dedali verdi e luce neon-fredda, gente accalcata…cazzo non si respira…treno per casa e la nausea, il sonno tormentato, sveglia alle 7:11, non ho le forze ma quasi quaranta di febbre si.

E dire che mi credevo immortale si…ora invece cerco di immaginarmi fuori in città a divertirmi domani sera e non ci riesco, come quando d’inverno pensi a luglio…finestre aperte, nudo sul letto e ti chiedi come sia possibile…non sembra reale, poco plausibile.

Ora proverò a dormire dopo una cena a base di Plasil, Tachipirina da 1000, termometro infilato nell’ascella mi han convinto a spegnere tutto.

Vediamo domani…magari il regista mi perdona…

Pillola del 229° giorno – Non sono mica Superman

La giornata mi ha distrutto, facendo coppia con la serata alcolica di ieri. Ore 22.00 e sono a letto con un mal di qualsiasi cosa dal collo in su, ho mangiato parti di animali e di piante, preso un cocktail di antidolorifici, infilato a letto. Se pensate che vi racconti questa giornata infinita cascate male, sento mancare tutte quelle parti di cervello che trovano nessi, collegamenti e frasi ad effetto del cazzo. Ci penso ma…no, mi viene in mente solo ieri notte, Chiara che mi dice “non sei felice…si vede che non sei felice…sii positivo” e io non so perché ma penso a Lei e al tempo che sto perdendo e che probabilmente perderò e allora si, quando crollerà davvero tutto, allora si che sarò davvero non-felice e pur sapendolo mi convinco che sia giusto cosi, che tante e troppe volte ho semplicemente lasciato stare ma stavolta proprio non posso.

Puntello l’autostima e l’umore quando becco un amico all’una passata, non ci vedevamo da un bel po’, e chiacchieriamo davanti alla porta d’entrata.

“Poi comunque ti volevo dire che ti leggo” dice, e la cosa mi fa piacere anche se sembra sempre qualcosa da dire sottovoce, non troppo apertamente, chissà perché poi, come se si parlasse di robe sconce e immorali. Ho incontrato altri che mi dicono la stessa cosa…gente che non sta a esprimersi troppo a riguardo, apprezza in silenzio, come andrebbe fatto giustamente ma ormai l’avete capito, vado cercando fan festanti se possibile…puntelli su puntelli.

Poi, dopo tutto quello, a casa, dormo poco e male, a lavoro la mattina siamo tutti in qualche modo a mezzo servizio anche se poi scivola via e due bocconi a casa poi per poi uscire subito, fermata dell’autobus poi, con quella dedica strana e il simbolo di Superman in azzurro che poi, coincidenza che io stia proprio ascoltando una canzone che si chiama Superman e arriva pure il bus ora, e tutto il resto del ‘dopo’, di oggi, che nemmeno vi accenno, forse domani.

Starò meglio forse…anche se non lo so.

Non sono mica Superman.

Pillola del 228° giorno – Pessimo

La routine della pausa pranzo parte sempre dalle stesse azioni e parole, esco dall’auto e “Ci vediamo dopo” dice Teo e “A dopo” dico io, chiavi per cancello-portone-porta, quando entro butto la giacca sul divano lanciandola dalla porta della sala, accendo la TV su Italia 1 per un po’ di Studio Sport che mi faccia compagnia sonora anche se i servizi li odio…tentano di esaltare il pubblico, fanno tacere il giornalista per lasciare voce a telecronisti ultras che raccontano partite sbraitando, urlando soprannomi, ripetendo “GOOOL!” con pitch a frequenza rompighiaccio.

La cucina è tutta fatta di legno, piano bianco segnato dalla mia pigrizia che mai una volta che tiri fuori il tagliere per affettare le cose, credo sempre di potermi fermare qualche millimetro prima ed invece no, “Tac!” e solco. Saccheggio cose a caso dal frigorifero ormai vecchio e stanco…esploro ripiani e griglie alla ricerca di derivati del maiale, fette di qualcosa che per una delle sacre leggi dell’universo conosciuto, qualunque oggetto tra due pezzi di pane diventa un panino commestibile,fossero pure barre d’uranio, sempre. Malsana abitudine di mangiare poco e male, disordini alimentari e mal di pancia, finisco col riempire lo stomaco in qualche modo senza logica…un barbone che rovista nelle discariche e butta dentro un sacchetto di plastica…trangugio veloce come un’oca, bicchierone di qualsiasi liquido in giro e in 3 minuti il pranzo è finito, indigeribile.

Sulla poltrona ci sono ancora scatole, rimasugli, carta da imballaggio dei pendentipallinedecori dell’albero di Natale. Le sposto sul divano che il tavolo è ormai un laboratorio per creazioni da mercatini, regali, pacchetti, nastri, cianfrusaglie, UHU colla in stick, cartone, millerighe, velina, stoffa…non c’è più spazio. Finisco il trasloco e mi siedo. Ci metto qualche secondo a capire che sono nel silenzio assoluto, le bocche dei giornalisti si muovono ma non esce un suono.

“Ahhhhhhh” dico.

Mi sento. Ci sento…

…quindi il problema non sono io ma la scatola nera che mi sta a 45° gradi dalla faccia che come al solito, sto seduto storto per cui mi alzo e opero molto violentemente su tasti e prese Scart, cavi che non c’entrano nulla…provo anche con gli schiaffi sul fianco che so che non funzionano ma credo sia una pratica più esoterica che scientifica, con un suo perchè ma nulla…quindi passo alle combinazioni di tasti premuti che nella mia mente dovrebbero avere senso, tipo “SEARCH+VOL” o ancora “PROGRAM+MENU+MUTE”…niente di niente.

Comincio a pensare che la televisione sia stanca di vivere cosi, subire giorno dopo giorno solo TG e Studio-Stronzate e mai un film decente…quindi fa come il bambino che della scuola non ne vuole sapere, si inventa le malattie, sfrega il termometro a mercurio sulle coperte per tirare fuori poco ipotetici 39.5° di febbre. Ieri non ne voleva sapere di schiodarsi dall’uno, che noi i canali li chiamiamo per numeri, mai per nome. Due giorni fa non c’era verso di sintonizzarla su AV al punto che dopo trentasette diversi tentativi ho lasciato perdere del tutto, come adesso…che sto li a fissare impotente quelle facce silenziose…esperienza strana…perché mi credo tanto diverso ma appena qualcosa interrompe la mia vita fatta di microschemi e piccole abitudini mi ritrovo spaesato a chiedermi come il più puro dei ragionieri “Che cazzo faccio adesso?” che ho venti minuti di pausa davanti e non so mica cosa si possa fare in questi venti minuti non di tempo normale ma tempo di routine-di-pausa-pranzo e di ributtarmi sul cellulare a farmi i cazzi degli altri, infilarmi nel grigio altrui, non ne ho voglia…è una robaccia che mi sta rovinando la vita credo quindi, improvviso e prendo un libro di Charles e comincio a leggere cambiando pure poltrona, ora sto sul cesso.

C’è lui che viene richiamato da due morti dell’ufficio postale…hanno scoperto che scrive roba sconcia sulla rivista ‘Open Pussy’, dove campeggia un cazzo gigante con le gambe in copertina, e se ne sta li in un ufficio grigio, a subire critiche e domande da due impiegati statali del cazzo benvestiti e impostati, a cinquant’anni, vecchio, stanco, depravato, indifferente, sconfitto dalla vita e dal peso del mondo e non so perché, ma mi viene in mente mio padre…ieri..che mi chiama in sala e mi dice la sua idea per spingere le sue creazioni…in che canali cercare…e io che quasi stizzito, con la voce un po’ più alta come succede sempre quando sono nervoso, gli dico “Non può funzionare!” e “E’ molto complicato…difficile…impossibile…non si può fare…ma va”, tutte frasi spezza discorso-gambe-passione-speranza e ora che ci ripenso, mi chiedo perché tentare di distruggere un suo sogno per quanto piccolo…facendo il meschino senza diritto, come se volessi togliere ancora, raschiare il fondo dal barile di una vita votata al duro lavoro, al risparmio, al crescere una famiglia nella sicurezza, cibo in tavola,  tetto sulla testa…la mia testa.

Avrei dovuto ascoltare e discutere, impegnarmi anche per lui, provarci assieme, dare un cazzo di minimo sostegno cazzo…ed invece no.

A volte riesco ad essere davvero terribile.

Pillola del 227° giorno – Virus

Era un casino stamattina con l’invasione finlandese, che te l’immagini con macchine da rally, alito allo xilitolo, tre metri tutti biondi e squadrati e invece sfere di carne, pelati, ricci dai capelli neri e che si strafogano di Lindor dall’irresistibile scioglievolezza. Faraone e Capa sembrano felici il che significa che sta qua è gente che assume altra gente per contare gli zeri del conto in banca e spiega moltissimo-benissimo la tiratura a lucido del mondezzaio solito, che mi son trovato sorpreso a scoprire della gomma gialla sui tavoli da lavoro, di solito pieni di ogni robaccia metallico-plastica esistente…non l’avevo mai visto il ripiano.

“Tu?” faccio a Teo
“Qualche anno fa…” risponde

Macchine tutte accese e funzionanti, immagino le luci degli alberi di Natale del quartiere che vanno a mezzo servizio, ordine e pulizia, tutti che fanno finta di lavorare meglio del solito e pure io, anche se nel sottomarino poi ci sto ben poco, vado spesso su in ufficio a controllare l’ultima buffonata, una fiera virtuale a cui partecipiamo assieme a gente che a ste cose non sono avezzi per niente, vanno in giro con i loro pupazzi camminando all’indietro, ruotando su se stessi tra gli stand 3d ed è tutto orrendo e pittoresco, pare una raccolta di casi gravi di esorcismo, una baracconata dell’orrore. Attorno a me, la gente vera corre e sbraita, che la felicità e la tranquillità sono solo una facciata per il nobile stato della Finlandia ma in verità qua dentro è la solita guerra.

Quando ridiscendo in plancia, succede poi che qualcosa scatena la furia del Faraone, nonostante le mille macchine che i nordici ci comprano per la felicità di tutti. Pare che ci sia in giro un Virus. Comparso dal nulla sulle nuove macchine e subito parte la lotta all’infestazione software, le bestemmie volano mentre si forma il Gran Tribunale delle Colpe. Chiavette analizzate che ti senti come all’aeroporto di Baghdad ed è la sesta volta che i sensori suonano, speri che non sia la tua.

Io ne ho tre. Rischio.

Passo in consegna al softwerista, sudore freddo e intanto stai a pensare se sia possibile che si sia infilato qualche ospite e quando…magari quel giorno che ti serviva quel crack li, per quel programma illegale la…e stai a rimuginare per mille neuro-istanti quando poi, tempo venti secondi e il verdetto è servito.

“Sei pulito”

Sospiro di sollievo. Dieci minuti dopo, tra le tensioni della gente, che si guardano come ne ‘La Cosa’, salta fuori che un pc in mezzo alla ditta, denominato “la puttana” è un lebbrosaio e non ci si spiega come. Quando esco, che pomeriggio ho roba da fare, sta partendo il gioco più vecchio del mondo, lo ‘scaricabarile’.

Mi allaccio la giacca e penso a quanto andrà avanti questa spy story. Magari parte pure la rissa.

E domani c’è pure la cena aziendale…

Pillola del 226° giorno – Sessanta minuti

Fra un’ora il freddo, acqua sulla faccia, specchio, istanti a fissarmi, difetti, dialoghi solitari, aria calda ed occhi chiusi, vestiti gelidi, quattro mandate e l’aria dell’inverno, il borsellino nella tasca, chiavi a destra, la giacca che sembra gonfia, aria-spanna-vetro-quasi-bianco, primi metri a passo di lumaca, Lupo di tredici anni che non ama gli strappi a freddo, playlist diciassette tracce, equalizzatore “nessuno” poi repeat all, livellamento audio ON, cavo attorcigliato, volume livello ventuno, cellulare incastrato tra schienale e seduta, curve del Lupo ad alti G, cambi di marcia, rotonda…scala, rallenta, quarta traccia playlist, rewind, rallenta…metti la freccia, attendi il verde, piedi occupati, ora accelera, dai un’occhiata dietro, dopo il passaggio a livello a destra, piano…il muro è vicino, una piazza morta con mille cadaveri di acciaio, treni e rotaie, luci di semafori, luce rossa sulla portiera, asfalto, rumore di auto, strada umida di ghiaccio, sottopasso e graffiti, barboni, cibo per terra, neon rotti e gialli, piastrelle verdi e bianche, alberi secchi dentro cerchi di metallo, pietre rosse per terra, sguardi, sguardi severi, sguardi curiosi, porta di vetro, struttura in ferro nero, gradino di pietra, afa improvvisa, bancone, fretta, bicchieri…sbadiglio, testa pulsante, stanchezza, un drink, maledire l’insonnia, resto di quattro euro e cinquanta centesimi, due da uno, una da due, niente scontrino, “Vodka Lemon”, vetro ghiacciato come nel Lupo, playlist disco-dub-step dispersa tra le voci, gente come il traffico, in fila, attorno a rotonde di polimetilmetacrilato trasparente, in scatola, ansia collettiva, esistenze intrecciate, amori, tradimenti, playlist masterizzate su cd estivi, cuori disegnati con indelebili…lo odori e poi chiudi il tappo, lavori inutili mascherati da ambizioni e miserie, dubbi, malattie, malinconia, aspettative, “che cosa mi metto?” “mi ama?” “non so se dirglielo” “voglio un figlio” “cosa ci faccio qui..” che rimbalzano in quei crani, un sacco di confusione, che genera rumore, rumore, rumore, rumore, rumore.

Ma prima, almeno per un’ora…silenzio.

Pillola del 225° giorno – KIKO & Kicks

Quindi sto dentro questo cubicolo con un lato aperto dalle tinte blu che guardo smalti dalle cinquanta sfumature di rosa insieme a Sorella quando di fianco mi si para una bionda con tante forme, un po’ buone, un po’ sbagliate, inscatolata nel solito repertorio da freddolosa…maglioni, sciarpe e mezze tuniche. Inizia a riempire la mano di campioni di verde mentre il suo uomo, magro, largo la metà, faccia da criminale e sciarpa bianca, aria vagamente annoiata, deambula stanco…prima guarda nel reparto trucco, ora smanopola su boccette a prezzi discount per poi tornare da lei. Gli si mette proprio dietro, sembra quasi guardarle oltre la spalla, verso le tonalità di viola, tra i brillantinati e quelli ad asciugatura rapida a 1.99€.

“Pum”

L’uomo punta il suo affare in direzione chiappe di proprietà e simula un movimento pelvico rapido che cozza sul culone della bionda occhi verdi ma che sembra non dargli peso. Attorno, il solito stuolo di maniache di colori RGB apparentemente indistinguibili l’uno dall’altro…e commesse e uomini annoiati che non si accorgono di nulla.

“Pum-Pum-Pum” fa lui con il bacino, più deciso.

“Finiscila basta” risponde lei, in quel sottovoce che si sente benissimo. Ma non è un tipo convincente, lui la branca per i fianchi, la spinge quasi sull’espositore e…

“Pum-Pum-Pum-Pum”

…decisamente più forte e convinto, che io quasi mi chiedo se tra tutta quell’armatura di stoffa e lana non ci sia qualche breccia tattica e non si stiano davvero accoppiando causa terapia matrimoniale che punta a mettere pepe nel rapporto…”trasgredite…ravvivate il rapporto…piazzola autostradale? Fatelo! Recita di vostra figlia? Fatelo! Funerale di zio Mario? Dritti nel confessionale…missionario…ginocchia sbucciate quello che volete ma fatelo!” dice l’anal-ista.

Ora…io sto ancora qualche istante li per scegliere quale viola mi convince davvero mentre di fianco “Pum-Pum-Pum” che quasi vibra la mensola ma che non pare infastidire le commesse che sorridono in continuazione come fossero manichini con la gente attorno finta-ignara che litiga su rossi troppo carichi. Non che a me dia fastidio…non troppo…alla fine trovo piu sbagliato sprecare minuti di vita a scegliere liquami puzzolenti technicolor che simulare amplessi in un negozio…solo che mi stupisce sempre come la gente faccia finta che non stia succedendo nulla, indifferente.

Era notizia di qualche giorno fa…fuori dalla stazione centrale c’era sta ragazza di vent’anni, nuda, svenuta su una marea di cartoni…potevano averla stuprata in venti, o essere strafatta di eroina o chissà quale altra carognata infame tipica di questo mondo del cazzo non lo so, ma non uno che si sia fermato per capire, chiedere, accertarsi che fosse viva almeno…tutti preoccupati di essere presi per il cattivo del caso, presi a pugni da un magnaccio che sta solo punendo una sua puttana magari, presi in giro in diretta Tv con un cartello Candid Camera che spunta da dietro il vetro nero di un suv parcheggiato, presi in mezzo alla loro vita standard.

Li capisco perché spesso sono un cazzo di codardo pure io…i miei momenti con le palle di cencio me li ricordo ancora tutti…una volta che non difesi un amico da un panettiere pazzo da piccolo…o quando mi trovo una scena davanti e non riesco a tirare su la macchina fotografica e fare ‘click’…anche il solo parlare con un estraneo. Questo mondo ci mette addosso una paura boia, è un incubo, abbiamo il terrore di essere presi a calci nelle palle, ecco la verità.

Alla fine scelgo il viola più scuro…metto via il campione, prendo una boccetta nuova. In cassa, i soliti sorrisi smaglianti tiratissimi. Dietro di me, intanto…

“Pum-Pum-Pum”

Pillola del 224° giorno – Paure

Sapevo di dover scrivere il pezzo prima…alle 19:30, quando avevo tempo e voglia invece di stare a sistemare foto inutili di un cazzo di battesimo. Mi ritrovo in casa che sono le quattro adesso…sto al buio e scopro pure che tutti i vestiti che avevo tirato fuori dall’armadio sono rimasti sul mio letto…Sorella è stata poco comprensiva, non ci ha messo mano cazzo e mi tocca appoggiare a caso quelle pigne di roba ovunque…sedie, pianoforte, maniglie delle porte. Qualcuna cade, una felpa va in collisione con un modellino in cartone di T-Rex che crolla…faccio casino…Sorella si mezza-sveglia, sospira…si gira ma un po’ la maledico che lei che è donna sa benissimo cosa succede in questi casi…dovrebbe intervenire ma nulla…ma forse è una punizione.

Alle quattro a scrivere il pezzo quindi, finalmente a letto…mezze palpebre andate, giornata massacrante, cena mischiata con rum e vodka, e il freddo del pomeriggio, passato con la Fuji in mano a vagare per la piazza…ci hanno rimesso il lunapark dei guitti dentro cosi i tipacci della zona possono mischiarsi con la gente normale e i bambini, spacciare con ancora più angoli ciechi. Passavo tra accoppiati, culi, gambe e stivali, gente in costume che vende da bancarelle e io tentavo di scattare foto ma per lo più andavo in giro senza scopo, un po’ alieno, fuori posto, scollegato da ruote panoramiche e zucchero filato, famiglie, coppie, amici, pianeta terra.

Proseguo fino alla piazza dopo, incrocio uno stand che vende felpe di rugby e davanti queste gambe affusolate che salgono fino al ripiano del banchetto e Dio sa quanto adoro le gambe, capelli tenuti dietro, sorriso semplice e fantastico. Io passo con la mia faccia da assassino ricercato, quasi mi viene naturale. Duecento metri dopo mi dico che sarei dovuto andare li, sorriso, chiedere due cose, sorriso, fare due foto, sorriso e presentarmi.

“Potrei ancora farlo…ma ormai sono passato…ho da scattare…e poi magari arrivo li ed è tutto diverso dalla mia testa…non faccio nulla…non sorriso…mi ingarbuglio…meglio cosi dai…magari ci sono anche domani…ma potrebbe essere tardi…fallo ora…fallo ora…fallo ora” mi dico

Ma continuo a camminare.

Pillola del 223° giorno – “Che dici…allora?”

“Ehy ciao…tutto ok? Succede che sto tipo dalle tue zone settimana prossima…devo organizzarmi con un cliente e pure passare da un amico…e bho…pensavo che si poteva che ne so…tipo prendere un semplice caffè…fare due chiacchiere…parlare del più del meno…del diviso…equazioni di secondo grado…di quanto è bello il mare di sera e poi io ti saluto…tu mi saluti e magari scopriamo entrambi che tutto sommato è stato bello…non tempo buttato…due risate che si sa che ridere fa bene alla salute…mantiene giovani e tonici e in forma…poi comunque verrei senza scorta…senza fiori…senza promesse di matrimonio…io…la giacca che sicuramente farà freddo…arrivo dalla parte della stazione…ti vengo incontro…mezzo sorriso quasi imbarazzato e tu rompi il ghiaccio…mi dici “andiamo in un Cafe li all’angolo…ho voglia di cioccolata” e io “con panna?” e tu “con panna” e mentre camminiamo ti racconterò di quando ne ho assaggiata una alla banana o la prima volta che scoprii che esisteva pure quella bianca…ero in gita con la scuola…da piccolo…non ricordo dove ma ho in mente ancora la pioggia…quella piazza con muretti e alberi in mezzo…attorno case…atmosfera blu…portico e baretto…la mia amica che la prende bianca la cioccolata…con dentro un poco di peperoncino…io però non l’ho mai assaggiata bianca…forse la prenderò così in quel Cafe all’angolo…anche se le aspettative sono alte…e se poi non mi piace? Potrei rimanerci male…delusioni cosi tendo ad evitarle…ma lo sai che non rivedo più Mediterraneo da quindici anni perché ho paura che non mi piaccia come da bambino ad esempio…quando lo vidi in un campo da calcetto riadattato a cinema estivo…tralicci da muratore sporchi di cemento a tenere su un pannello bianco e io seduto sui gradini scomodi e poi…mentre tornavo a casa io pensavo che quello era il film piu bello del mondo e io amavo il cinema…e quel regista…e quel posto…e pure i gradoni scomodi…e la casa di mia nonna e ora non lo guardo per non scoprire magari che sono cresciuto per davvero e quel mondo è lontano con un sapore che non mi piace più come la cioccolata bianca magari…e a proposito…quindi…che dici…ti va? Hai tempo? Mi fai sapere? Un caffè…io e te…qualche minuto…forse pioggia fuori…rideremo…ci saluteremo…ne parleremo poi la sera…ti manderò un messaggio dal treno per dirti che mi sono divertito…sono stato bene…che sarebbe da rifare e pure te mi scrivi le stesse cose…solo un po’ più timida…che dici…allora?”

“Mi sono fidanzata…”

Verità del creativo

Se fossi un codardo, uno che nasconde la verità e si veste strato su strato di maschere direi missione compiuta, ecco un altro che c’è cascato, altra bella figura fatta, ci scappa pure una dozzina di nuovi proseliti tra le tue amicizie, magari pure qualche figa…ma non sono cosi, non più, non sempre…non oggi.

La mia vita è un bluff. Le giornate non iniziano, non finiscono…farcisco ogni momento di roba da fare, uscite, trasferte in macchina, allenamenti, finché morte non mi separi, cercando di riempire i vuoti come la classica storiella del professore che mostra agli studenti un vaso con i sassi, che poi riempie con ghiaia e così via. Cerco cose nuove da fare, mi stanco di quelle vecchie con facilità…sembrano insapori. Perenne ossessione per l’amore perfetto anche se poi non so nemmeno definirlo, l’amore e sto lontano da casa per evitare il piu possibile i momenti con me stesso che non mi sto molto simpatico, mi trovo vittimista, ossessioni alla Dorian Gray, ansia cronica, insicurezze.

Quando esco mi diverto sul serio, non sono uno di quelli che fanno foto con sorrisi da 128 denti ma hanno bisogno di una distilleria e un carico di Mh per riuscire a stare lontani da se stessi…io l’altro lo lascio legato nel portabagagli della macchina ma poi, quando sono a letto, cosa mi rimane davvero? Uscire e fare, fare e uscire, senza trovare quello che vuoi o quello che ti serve…chissà se poi è la stessa cosa, non ci dormo la notte, ne discuto con le anime delle due del mattino virtuali che vivono con le luci fredde di un monitor acceso, che loro invece, non ci dormono di giorno su queste domande.

Nei momenti di tregua, dormiveglia, rilassamento muscolare…scrivo, se si può davvero definire scrittura. Scrivo tanto, niente di articolato, non mi ci sono messo ma è vero, scrivo tanto. Perché lo faccio? Lo scrittore in Stalker diceva qualcosa del tipo “scrivo per dimostrare a me e agli altri di valere davvero qualcosa”

Credo abbia ragione…è una caccia al like, all’approvazione, allo “scrivi da Dio cazzo”, per riuscire a dimostrare che meriti la chance, non sei solo quello simpatico, il buffone da compagnia…c’è il talento, ci credi…e quando lo riconoscono tu gongoli, speri pure nella groupie da scopata, vuoi gli applausi, è cibo per l’autostima.

No…non lo faccio per me, per sfogarmi, sentirmi meglio…non credo. Io dico che puzza di complesso di accettazione, carenze affettive e di autostima, complessi e squilibri mentali.

E si sa, la puzza non mente mai.

Pillola del 221° giorno – Verso la fine del mondo

Pare una coincidenza, Sorella che vuole vedere un film con un qualche virus letale che spazza via l’umanità e un’amica che mi racconta di un conoscente che professa la religione dei cavalieri dell’apocalisse, qualunque cosa essa sia. Ieri poi, io che di notte, chiacchiero con un amico di poli che si invertono, campi magnetici, eruzioni solari, fine del mondo e gente vaporizzata. Gli dico che se fossi un vecchio probabilmente vorrei portare con me più gente possibile, che da amante del futuro se non lo posso vedere io allora che non lo veda nessuno. Lui mi dice che non lo saprei nemmeno, cosi incenerito all’istante ma non son d’accordo…son più propenso ad una roba graduale…due tre giorni di fuoco e fiamme e stare tra gli ultimi, godermi l’ultimo terribile show.

L’ho sognata diverse volte…la fine…cielo rosso e nero, nuvole massicce, scintille e meteoriti infuocate, magma, gente sui tetti. Guardo dalla finestra le montagne che si sgretolano e poi, sfere nere enormi, che bucano le nubi lentamente e si accendono con venature rosse. Una scende dritta sulla mia casa, poi nulla.

Nel film intanto parlano del complesso di Cassandra, profeti apocalittici…mi serve una tregua. Mi alzo e vado in cucina, prendo una coppa.

Per niente colma dell’ira di Dio, solo camomilla stavolta.

Pillola del 220° giorno – Lago dentro

Le undici passate sul lungolago nel buio, una passerella tremolante…un posto spettrale anche di giorno, con il freddo che congela i pensieri dando tregua ai neuroni rimasti.

Penso siano stanchi…in questi giorni turni anche di notte che il sonno non arriva finché l’ultima parola non è stata pensata, scomposta, analizzata. Osservo e penso ogni istante. Tipo…passavo di fronte alla cucina stasera, mio padre seduto al tavolo con la testa appoggiata sulle braccia, stanco…e mi son detto che non ricordo una volta che l’ho abbracciato o che mi sia interessato davvero, profondamente a quello che passa, ai patemi, stanchezze, gioie e forse, mai gli ho detto “ti voglio bene”. Entro e chiedo come va, se è stanco e lui mi risponde “si un po’” alzando la testa guardandomi “ora vado a letto” aggiunge e magari, penso, è contento che glielo abbia chiesto…che in fondo siamo molto simili anche se non l’ho mai capito davvero. Io spesso quando sto male vorrei che gli altri lo capissero per venire più vicino senza spiegazioni o domande…che sia anche per lui cosi…come per me?

Spesso è difficile dire troppo…lo fai quando proprio esplodi ma di solito tieni dentro, fingi anche un po’, metti le facciate ben dipinte tutte in fila mentre sotto sotto è tutto un bel problema, due lacrime nell’angolo ed un lago dentro.

Come prima, che ti pensavo anche se tutto sembrava che niente fosse…

Sai quanto male che mi fai…e tu, nemmeno lo sai…

Pillola del 219° giorno – Asociale

Esco dal cancello e trovo un uomo nero infilato in un furgone bianco di una qualche marca coreana del cazzo. Lo fisso e lui mi fissa per qualche istante, distogliendo gli occhi da una cartellina con bloccafogli in plastica nera. Ha un cappellino ridicolmente colorato giallo e rosso, maglietta dagli stessi colori e sembra vagamente un corriere espresso penso, e mentre cammino per andare a lavoro pure in leggero anticipo penso anche che magari deve consegnare un pacco a qualcuno tra le quattro famiglie della mia reggia beige. Svolto a sinistra costeggiando il meccanico dei camion, sempre pensando e pensando a mille cose, anche che io un pacco lo aspettavo davvero e probabilmente quell’uomo nero cercava proprio me ora che ci penso. Cazzo.

A lavoro entro e timbro…ho fatto un casino con questo foglietto, sarà impossibile fare il calcolo. Vedete, stamattina volevo starmene a casa e sistemare due questioni con il fisco italiano davvero stupide…roba di rimborsi che sarebbero risolvibili con una chiamata e io che gli do un codice IBAN e invece no…tutto deve essere firmato in quattro copie, certificato, registrato, classificato in un preciso edificio della mia grigia città. Quindi, sto li nel letto che mi godo un insolito 8:43 sotto le coperte quando ecco un flash…

“La conferenza!”

Cazzo, mi stavo completamente dimenticando che la Capa ha buttato il mio nome su una mail di ‘conferma partecipazione’ ad una conferenza online su marketing blablabla, solita roba con guru tecno-sciamani, cercatori di Digital-oro, personal trainer della motivazione. Mi alzo, mangio e mi lavo a 402 Megaparsec al secondo, mi fiondo a lavoro mentre la mente si chiede “era alle nove? Alle dieci?”

Timbro alle 9:13, sulla tastiera la mail dell’evento stampata…’ore 14:00′ leggo. Potevo farmi i cazzi miei in tranquillità a quanto pare ma tant’è, me lo merito. Rimango a lavoro fino all’una poi torno a casa, sgranocchio pizza avanzata, ri-esco, uomo nero, pensieri, ditta di nuovo, conferenza.

Inizio a seguirla 20 minuti dopo perché al solito, le cose organizzate in cui “è facilissimo partecipare”, come scrivono i mercanti di fumo, non funzionano mai come si deve. Ti dicono “basta cercare questo e ti compare quello e clicchi play” e tu lo fai però, stranamente, ti ritrovi solo con link che rimandano ad un video parodia di Miley Cyrus e ad uno con un’orca assassina ripresa in un parco acquatico. Grossi dubbi su entrambi.

Partono chiamate su chiamate, risponde gente che dice che quello è in pausa, che lascerà detto, che tra dire il fare c’è di mezzo il mare rosso di sera bel tempo si spera chi troppo vuole poi…nulla stringe. Recupero un tizio in un ristorante che stava al dessert che mi fa girare da un cinese una mail con un link quindi mi collego anche se nel frattempo la mia postazione è circondata da bancari che discutono con la Capa discutendo di fatturati e bilanci, bevendo caffe, sgranocchiando i pistacchi che di solito rubo a manciate. Mi faccio largo, mi siedo di fianco ad un ex-brooker, infilo gli auricolari, mi isolo ad ascoltare tecno-cazzate di un ingegnere del marketing per due ore.

La cosa mi distrugge, quando mi alzo e torno giù senza salutare nessuno, spero di starmene tranquillo nella mia storta-postazione per un paio di ore. Mi ritrovo il laser acceso che butta gas plastici puzzolenti sotto la mia sedia. Il portone è aperto e la temperatura supera a stento i -243 dello spazio profondo.

Sto li fermo in piedi per qualche istante, poi mi rivolgo a Teo.

“Adesso lo spegni vero?”
“Ne devo fare altri cinque fogli”
“Mi levo dal cazzo ciao”

Timbro alle 16:13 ed esco, non saluto nessuno. Torno a casa, guardo dentro la cassetta delle lettere. C’è un fogliettino giallo e rosso, con il mio nome sopra anche se la ‘S’ è scritta al contrario. Mi informa che il tizio nero aveva davvero un pacco per me…che forse passeranno domani, che se ci pensavo un attimo in più a tutta la situazione non ci sarebbe stato bisogno di sprecare un quadratino di cellulosa adesiva.

Avrei potuto avvicinarmi e chiedere se cercava qualcuno…domani in casa non ci sarà nessuno…non avrò mai quel pacco.

Avrei potuto chiedere. Invece no.

Mi sa che le persone non mi piacciono.

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