Ci metto 40 minuti a capire che sono scomodo, appallottolato per leggere su un sedile bordo corridoio, chinato alla monaco shaolin in preghiera o barbone ubriaco, downtown di L.A.

Senza ragione. La persona più vicina è una culona, quattro sedili dietro e sono isolato da 45 km almeno. Mi sento un ritardato, la camicia inglobata con maglione, giacca, borsa, pantaloni…e ho dodici posti liberi attorno. Mi sposto, mi svacco. Mi sento meno ritardato.

Vicino al finestrino le cose vanno meglio, ho un gradino su cui lanciare la gamba allungandola senza stile, ho un lurido posacenere su cui posare l’ipod, ho un finestrino da cui osservare in fast forward il mondo troppo reale che leggo sui libri di Charles.

Non so perché ma mi viene in mente una storia che non ho mai scritto e di cui volevo fare un corto, ovviamente finita in quella pila di pensieri sprecati, nascosti sotto brutti tappeti che tornano fuori sempre…spigolosi quando ci cammini sopra.

L’attore era un mio grande amico, che in mezzo ad un sacco di gente in una di quelle vecchie carrozze a due piani, sedili in pelle finta marrone, apertura porte con maniglia, si ritrova a parlare della propria vita con un mostro con la faccia da mosca gigante che sapeva tutto su di lui.  Parlavano i due, con salti di camera continui tra primi piani, in una discussione in cui tutte le fragilità dell’uomo venivano fuori. Le paure, lo schifo. Solo alla fine si capiva che era tutto un parto della mente, si alzava urlando con la gente attorno sconvolta e di fronte, un posto vuoto. Più penso alla storia, più mi ritornano in mente i dialoghi, i costumi, la situazione in cui tirai fuori l’idea. Tempi di università, treno verso Bovisa e caldo allucinante, gente grigia attorno che immaginavo come tristi comparse di un film sceneggiato da me. Anche allora avevo l’illusione di capire il mondo molto meglio degli altri. Mi è rimasta, ma si sta trasformando in una superba certezza e ci rimarrò male, credo, quando capirò che sapere o non sapere è uguale quando le montagne vivono milioni di anni, le stelle miliardi e tu non arrivi al secolo.

Quando arrivo a Varese, e la culona scende e dal piano sopra invece arriva una bellissima ragazza su cui fantastico prima di scendere pure io, mi sento stranamente più piccolo e basso.

Ci sono viaggi in treno positivi, altri meno e questa credo sia una grande verità personale, succede davvero. Tutti quei pensieri sulla verità e sulla gente ti fanno sentire diverso, un osservato speciale e la tua mente reagisce. A volte scendi e ameresti alla follia ogni culona o donna che vedi. Altre volte ti senti la persona più sola e infreddolita del mondo. Altre coraggioso, o forte, o figo da morire, immortale. Oggi basso e molto incerto.

Domani forse, mostro con la faccia da mosca.