Che i biglietti di auguri tocca scriverli sempre a noi

Tag: febbre

Pillola del 230° giorno – Unbreakable/I’m breakable

Non mi ammalavo da cosi tanto che tipo credevo di essere immortale. Poi, non so perché e come, vado contro il mio Truman Show…quando in zona Saronno, comodo e tranquillo su un sedile ferroviario blu cucito da cinesi e riscaldamento di bassa qualità, prendo tutte le mie cose e in un impulso di totale istinto mi butto fuori dal treno poco prima che parta, cosi, per cambiare la routine. Il cappello però rimane sul sedile o almeno credo…fatto sta che ho il cranio in balia degli agenti atmosferici per venti minuti buoni, con la regia che organizza un intervento lampo, provvede allo spostamento del treno su quel binario in stazione gremito di comparse nervose e io le capisco…non avevo mai fatto una cosa simile.

Arrivo in stazione Centrale che la cefalea galoppa…nome che mi fa tipo venire in mente un millepiedi bianco che fa shopping nel mio cranio artigliandomi in continuazione. Le comparse in stazione sono scarsamente capaci, guardano tutti nervosi orari di arrivo e partenze, custodiscono bagagli, fumano, tutti i treni sono immobili. Io non gli bado, aspetto solo che arrivi un mio amico dalla Calabria, saluto rapido, scambio di pensieri e via di nuovo su un treno veloce rosso e bianco. Avviene proprio come da copione ma quando la locomotiva parte, alle 17:25, decido di temporeggiare, scattare due foto, osservare meglio quella giovane ragazza bionda in bicicletta che violenta lo schermo di un cellulare…chissà se sta parlando con la regia o con il ragazzo. Mi intrattengo tra il vento e gli archi della stazione un’ora…un’ora…poi mi stanco e via con i dedali verdi e luce neon-fredda, gente accalcata…cazzo non si respira…treno per casa e la nausea, il sonno tormentato, sveglia alle 7:11, non ho le forze ma quasi quaranta di febbre si.

E dire che mi credevo immortale si…ora invece cerco di immaginarmi fuori in città a divertirmi domani sera e non ci riesco, come quando d’inverno pensi a luglio…finestre aperte, nudo sul letto e ti chiedi come sia possibile…non sembra reale, poco plausibile.

Ora proverò a dormire dopo una cena a base di Plasil, Tachipirina da 1000, termometro infilato nell’ascella mi han convinto a spegnere tutto.

Vediamo domani…magari il regista mi perdona…

Pillola del 213° giorno – Controvento

Mi ritrovo tutto il giorno a smanettare su una macchina che mi sbuffa aria in faccia da un ventolozzo gigante, in totale noncuranza della mia influenza, tosse e starnuti.

Ne faccio tre di fila che quasi vomito i polmoni, sento la leggera febbre che galoppa mentre il lavoro rallenta…e rallenta ed ho sempre più freddo. Mi vado a sedere sulla mia poltrona monca…lo schienale è ormai scardinato, la mia morta già la dipingo…la testa aperta sullo spigolo del laser alle mie spalle, tutto quel ben di Dio, le idee e l’amore che avrei potuto dare, sparpagliato per terra.

Chissà poi chi ci verrebbe al funerale, se magari viene su anche qualche carovana, se il prete mi dipingerebbe al mondo come il classico giovane pieno di vita e ottimista verso il mondo, infarcendo il commiato di cazzate totalmente false cosi…per farmi fare bella figura. Dico che devo lasciare un appunto da qualche parte con l’epitaffio, qualcosa di intelligente, comico quasi dissacrante, senza prendersi troppo sul serio li, sotto tre metri di terriccio e ghiaia.

Io alla morte ci penso spesso…è come quando ti immagini l’infinito e non arrivi a nessuna conclusione. Vecchio a volte proprio non riesco a vedermi, a volte si. Incerto sulle gambe e sereno non mi sembra possibile…in un bar a Marrakech a settant’anni steso sul bancone magari…più che in un letto d’ospedale.
Sono pensieri incerti e costanti…mi dicono che è perché trasudo ansia e impazienza, mi perdo il presente temendo per il futuro, temendo la vecchiaia, la morte, la solitudine…sensazione figlia dell’insoddisfazione costante che stai li a pensare di non avere più tempo per provare e sbagliare, che le chance le puoi contare sulle dita di una mano monca e quando vedi gente sulla sessantina che sorride ti chiedi come sia possibile.

“Ma che cazzo ti ridi…”

So che è sbagliato, tutto sbagliato…faccio il doppio della fatica ad avere una vita normale cosi, solo perché non ci ho mai capito un cazzo. Mai saputo prendere le strade semplici.

Smetto di pensarci…forse è meglio che a stare seduto qua con il freddo nelle ossa…mi sento già mezzo morto…ma credo non sia ancora la mia fine…è solo che questa cazzo di stufetta messa al massimo non contrasta gli spifferi e il gelo dell’officina e poi son da solo…quasi le sette, i Robur che sbuffano aria sono spenti da un po’, metà delle luci sono in pausa…si sente solo il vento fuori che urla.

Metto la giacca…la macchinetta oblitera un’altra giornata da zero a zero. Fuori il mondo é nero e gli alberi sono irrequieti. Prima delle luci di casa mia, 340 metri di inverno, tutti controvento.

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