Dura un’istante e poi più nulla o quasi. La gente apre la bocca come pesci sott’acqua, le macchine si muovono silenziose come altalene al vento. C’è solo un fruscio lontano, come un gatto che fa le fusa in un’altra stanza.

Dura poco…la mia segretaria mi strattona e sono obbligato a togliermi quella fantastica magia dalle orecchie. Le macchine riprendono a sferragliare come treni impazziti, la gente vomita insulti, battute e bestemmie, il fruscio lontano diventa il tremendo “VOOOAMMM” della terrificante nuova macchina Omega che fa più casino di un Airbus in decollo con attaccati sopra quattro capodogli imbizzarriti.

“Che c’è…” chiedo quasi in lacrime. La testa è un concerto House-tribal.

Mi vuole la Capa di sopra a quanto pare. Passo di fianco all’Omega, che sbuffa, vibra e tenta di battere ogni record di rumore esistente e abbattere i muri del capannone a suon di gigahertz. Salgo le scale ed entro nell’ufficio del Faraone, dove prendo nuove consegne come uno scriba. Noto che non contemplano il tempo inutilizzabile causa festa dei morti, dei santi, domeniche, weekend e il fatto che io debba andare alla presentazione di una fiera per la ditta a inizio settimana.

Secondo i miei calcoli avrò circa 4 ore di tempo per fare il lavoro di una settimana.

Prima di uscire chiedo una penna…che ormai di sotto sono costretto a scrivere con il carboncino o con lo sporco negli angoli dell’officina. Non uso il sangue solo perché le zanzare tigre sono ancora vive e vegete nel microclima unico di quest’azienda, ore 16:30 e quelle escono puntuali come uno squadrone Royal Air Force in ricognizione.

“Tieni due penne…anche se ne ho comprati due pacchi tre giorni fa e sono già sparite tutte…”

E’ un fenomeno incredibile questo. Vengono comprati chili e chili di penne e tempo due giorni…nulla. Le cerchi nei portapenne…non ci sono. Le cerchi nei tavoli degli altri, nei cassetti delle scrivanie…non ci sono. Nella spazzatura pure…non ci sono, come se venissero smaterializzate e trasferite in un reparto di tracheotomia del terzo mondo di colpo. Scendo nel sottomarino pensando tra me e me che devo indagare su sta cosa, trovare il colpevole e capire cosa succede a quell’ammasso di inchiostro intubato. Noto intanto che la Omega sta facendo impazzire tutti…si tengono la testa tra le mani, capillari rossi negli occhi, facce distrutte.

Io mi siedo e riappallottolo i miei tappi magici arancioni per evitare che quell’attacco di involontari subwoofer meccanici mi demolisca quella sottile corazza di umanità che mi differenzia dalle bestie che ho attorno.

I tappi sono pure in tinta con le zucche di Halloween, che è una festa che non mi dice mai un cazzo ma a quanto pare è una moda di quelle che ogni anno tira di più. Qualche istante e mi si riempono i padiglioni di soffice nanostruttura gommosa fonoisolante.

Arancione zucca.

Penso al pan di zucca a casa, che lo spezzi e dentro è giallo giallo e lo mangi ed è dolce dolce che quasi ti penti se sopra ci metti marmellata o Nutella che non apprezzi il gusto semplice che ha, lo perdi da quanto è delicato.

Poi penso a tanti anni fa, una giornata a giocare da un amico, appena sotto il castello del paese e l’invito a cena e io tutto gasato gasato ed ecco, nel piatto zucca cotta che assaggio e la trovo davvero tremenda tremenda e mi vergogno a non mangiarla che tutti pare che la gradiscono un sacco, è il piatto della casa che a casa mia invece è la pizza del Venerdì e pure il mio amico ne va pazzo anche se non ha la faccia di uno che ama mangiare zucca ma la pizza semmai, come me.

Sua madre un po’ dispiaciuta e io non ricordo nemmeno cosa le dico, forse che non sto bene.

Scivola l’ultima ora nel silenzio della ditta…prima virtuale, poi vero, che sono le 18:15 e ormai son da solo. Chiudo e spengo tutto, prendo e torno a casa che ho voglia di mangiare pan di zucca.

All’entrata, la solita trafila di movimenti in cui svuoto le tasche di quei pantaloni larghi di chiavette usb, chiavi, hard disk portatili, auricolari, altre chiavi.

Ci sono anche tre penne dentro la tasca sinistra. Non ho portapenne…chissà perché…quindi vado in cucina e apro il cassetto del mobile grande dove butto dentro tutto quello che non ha un posto dove stare nel resto della casa…una specie di orfanotrofio o centro profughi per gli oggetti.

Dentro, ce ne sono almeno altre dodici uguali di penne, tutte nuove di zecca, tutte con lo stesso tappo lucido blu.

Le metto li, insieme alle altre e chiudo il cassetto.

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