«Non esiste nessun piano B»

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Pillola del 189° giorno – Requiem (Cuore e silicio)

Due lutti in due giorni, anche se si parla di oggetti. Ieri il tagliacapelli mi ha lasciato con un lavoro fatto a metà…che sembravo Two-Face di Batman. Mi sono ritrovato a tagliarmi la barba completamente…non succedeva da quanto…almeno 4 anni.

Oggi però è più dura…il mio iPod non si accende più, nonostante i ripetuti tentativi di rianimazione tramite massaggio cardiaco MENU + tasto centrale premuti a ripetizione. Da giorni lo schermo era totalmente bianco…connesso con un cavo alla presa elettrica oggi non si è più accesso…spina staccata…

Si dice che le migliori cose della vita siano gratis…vero…anche il mio iPod l’ho avuto gratis.

Trovato dal ragazzo di mia sorella in piscina, subito accolto a casa come un figlio. Ci ho corso da ciccione ogni giorno per un anno, poi da quasi in forma fino a saltare da sbarre e muretti, arrampicarmi, fare equilibrio su tondi di metallo, cadere, farmi male. Ha subito acqua dal cielo, dal mare, sudore, botte e imprecazioni per quella faccina triste sullo schermo che compariva quando si bloccava.

Volato dalla tasca per cadere per terra…almeno mille volte.

Usato per viaggi in treno, trasferte notturne in macchina, autobus, aereo…mille volte.

Ci ho conosciuto gente nuova, mi salutano e il gesto di togliermi l’auricolare destro e premere ‘||‘…almeno mille volte.

Stare fermo a guardare panorami, scattare foto sulle strade, ritornare da allenamenti bagnato di pioggia, attendere autobus, persone, risultati, risposte sempre con la musica nelle orecchie…mille volte

Ci ho ascoltato un sacco di canzoni nuove che mi rimarranno, le playlist che sapevo a memoria in repeat, osservando puntini di luce rossi in lontananza con i Vib Gyor in cuffia…notti di lavoro con Painless Steel dei Bohren & der Club of Gore a riproduzione infinita…gruppi che andavano e venivano per lo spazio risicato…serate insonni di malinconia persistenti curate con Pearl Jam e Godspeed You! Black Emperor.

Mai sostituito nonostante altri quattro o cinque lettori in giro per casa, più capienti, migliori, scintillanti.

Ora purtroppo mi tocca rimpiazzarti.

Nella tasca, ma non nel cuore.

Immagine

Pillola del 130° giorno – Mare aperto

2:27 di mattina e non ho nessuna idea, nessun concetto di cui parlare, sdraiato in una stanza non mia, densa di oggetti non  miei e scatole non mie mentre fisso un soffitto bianco non mio. Odore di petrolio dalla valigia che mi sta a fianco che rimane nel naso, luce soffusa, dietro la testa.

Di solito i miei spazi vuoti li riempo con pensieri e parole ma oggi nulla, forse è perché ho bevuto troppo. Latte, acqua e succo d’arancia e pure frappe di banana riempito eccessivamente, che strabordava dal tappo, innaffiandomi la mano che teneva il bicchiere e poi la maglietta, come un bambino piccolo. Ho bevuto al punto che sono gonfio e rotolante come un pallone, perché ne sentivo bisogno come un tossico in astinenza e ormai tutto il mio vuoto è liquido e io senza i miei spazi vuoti pieni di tempeste non so esprimermi.

O forse, è come dice Charles, per poter scrivere devi essere o molto triste e molto felice e al momento, sono in un moto ondoso che mi tiene a galla senza troppi patemi, che per me è strano, si, non stare a fondo.

Ovvio, non sto ancora su una barca a vela in vacanza, palle al sole e gnocche in bikini, al massimo su una zattera in compagnia di un pallone da volley con una faccia disegnata sopra.

Però il mare non è tempesta, la notte è leggera e tranquilla, pesci volanti a pelo d’acqua che saltano, acqua a 15 decibel, la leggera luce di un alba che si avvicina.

Ora ci sarebbe solo da avvistare terra.

Pillola del 104° giorno – Infinite horizons

Quando mi giro sento paura.

Non la provavo da quando stavo sul bordo di un ponte, con gli occhi nel vuoto. Non mi piace.

Vedo le figure sulla spiaggia e sono piccole e pure io mi sento piccolo mentre attorno il mare si muove, un ostile nulla liquido.

Lì dentro da un’ora, posando lo sguardo verso quell’orizzonte infinito. Bello, metaforicamente, quasi di pace, il momento. Poi, è come un brutto sogno, mi riscopro lontano e di colpo, debole. All’improvviso, paura. Se poco prima era un gioco senza pensieri ora sento la spalla che fa fatica, le gambe che bruciano e quelle persone che continuano ad  essere piccole, li in fondo,  mentre le onde mi sovrastano in un su e giù che fa sparire anche la spiaggia dalla vista.
Cerco di tornare tra gli umani e anche questo, metaforicamente, sarebbe bello ma dentro la rabbia del mare penso solo alla spalla che è quasi insensibile  mentre cerco il più possibile di trovare spinta nella schiuma bianca che a volte mi sommerge, mi fa sentire pesante, mi riempie le orecchie e il naso di sale e acqua.  Ormai mi giro e mi rigiro senza tecnica, sbattendo le gambe e le braccia, riposando qualche secondo, quando le onde si calmano per qualche istante, respirando senza farmi prendere dal panico, tenendo d’occhio la riva, la direzione giusta.

Mi ci vogliono quindici minuti di lotta per riuscire a toccare di nuovo la sabbia con i piedi, con i polmoni che scoppiano, il cuore a mille. Ho le gambe che ancora tremano quando mi siedo sulla spiaggia e mostro di nuovo il volto verso quell’orizzonte infinito.

Per un attimo ci ho pensato davvero…

http://www.youtube.com/watch?v=RvloMFBffn4

Pillola del 100° giorno – Liste, vermi, castelli di sabbia

Cento come i giorni del governo, che quasi sembra fatto apposta ma ve lo giuro…no. Vero, sono pelato come il premier ma accidenti, è l’unica cosa che ci accomuna a parte le dieci solite norme che accomunano gli esseri umani, quella lista che finisce con “tutti dobbiamo morire”.

Per certo vi posso dire che non morirò progettista meccanico, perché ci ho provato ma mi stressa e mi mette ansia e non sono abbastanza attento, visto che mi chiamano al mare, come oggi, per problemi, incomprensioni da risolvere e io al mare. A 800 km di distanza dai problemi al 97% causati da te perché “tu sei dove?” al mare, che se mandi dei file subito è meglio già dal tuo ufficio magari, lì, al mare.

Già il mare, che chissà quanti sono i giorni di un mio diario del mare, forse mille, un’infanzia passata a mollo e nella spiaggia alla fine, quando avevo voglia e quando non ne avevo, costretto ad alzarmi senza energie, infilarmi in un auto, sbarcare sulla sabbia, sole ed attesa e poi acqua, tanta acqua, il mare.

Dopo anni, non è cambiato molto.

Faccio meno castelli, vero, e non uso più quelle stuoie che dopo un mese puzzavano, vero. Sto meno in acqua, vero e prendo più sole, vero. Non trovo più utile scavare 10 metri di buca per stanare vermi disgustosi. A volte guido io, pure. Vero.

Però, nonostante le mille e due notti marine, ho ancora degli sfizi da togliermi, come noleggiare un pedalò, fare un tuffo con salto mortale ed arrivare ad uno scambio di 30 colpi a racchettoni. Tutte cose presenti nell’altra lista, quella dei desideri, che nel mio caso è tanto piena di tante cose.

La lista cambia sempre…

Ci sono giorni, che la mia massima ambizione sarebbe riuscire a sorridere. Altri, desidero che lo spazio sia più vicino, che le stelle e i pianeti attorno avessero un volto, un nome, scritto su un biglietto di un aereo spaziale. Spesso invece, voglio solo un sorriso, un abbraccio, un bacio, un gelato a due gusti, un pomeriggio con la mia migliore amica, un sferzata di pioggia che renda lucida la strada, per fotografare i riflessi.

Liste, liste. Una vita di liste, come quelle del governo. Piene di cose da fare, da comprare tipo lista della spesa, di persone da far fuori tipo lista dei nemici, di pizze da ordinare, lista del ristorante.

Una vita di mare, governi, desideri e liste ecco cosa penso mentre un condizionatore Argo muove stanco le sue pale sul muro del bar, mentre attendo la mia acqua non di mare ma tonica, ghiaccio e una fetta di limone con la mezzanotte che si avvicina, con il “centouno” che incombe veloce, carica quasi, come il film.

Mi sveglierò, ancora pelato nel “centouno”, come il premier. Magari punto ad esaudire qualche mio desiderio domani o controllo liste. Magari vado al mare. Magari ricomincio con i castelli di sabbia e i vermi.

Prenderò il più piccolo e lo nominerò Re anzi premier. Premier del mare, sopra il castello.

Primo giorno di governo.

Ci sarà un sacco da fare.

Pillola del 96° giorno – Lo sbarco

C’era pace in quell’angolo di spiaggia prima del loro arrivo. Armati di incredibili ombrelloni anti-vento dalla tecnologia sconosciuta e intrugli chimici anti-sole che proteggono il loro innato arianismo, metro su metro conquistano bar e spiaggia riempiendo l’aria di parole piene di consonanti e di “S” e che finiscono in “EN”.

Sembriamo impotenti con il nostro ombrellone ammainato, la mia carnagione panna variegata amarena causa irregolarità nella diffusione sull’epidermide di crema solare, troppo abbattuti dalle radiazioni solari. Invasi e deboli, inermi di fronte alla grande Germania che manda in avanscoperta bambini nudi in esplorazione, gettando sabbia e giocattoli per tutta la spiaggia.

Ma quando sembra tutto finito, ecco arrivare i francesi, un numeroso esercito vestito in blu che subito conquista il territorio appena vicino all’ormai regno tedesco. Lo scontro è alla pari e teso. Mozzarelle nude francesi e altre “S” e “EN” ma con gli accenti diversi e messi da altre parti conquistano metri a colpi di teli da mare e secchielli rossi.

Lo scontro è alla pari, in stallo.

Ma mentre ci stiamo per defilare, come codardi, lasciando il campo di battaglia agli alleati, senza combattere, ecco che da sotto arrivano gli americani, fisico da surfisti, con i loro bombardieri a forma di racchette e pericolosissime bombe sferiche colorate. Siamo già lontani quando lo scontro si fa serio. Lasciamo sconfitti la nostra piccola Normandia in mano ai nostri amici, pieni di speranza…

Forza ragazzi!

Le parole sono importanti #4

L’estate, i corsi affollati di ragazze vestite il giusto, la gara tra il tuo palato e il cono che si squaglia al sole, le serate che nascono sotto i colpi del mortaio nello shaker e muoiono sopra un filo di lenzuola umide di fronte a una finestra spalancata che mendica un po’ di brezza. L’estate con le zampate d’aria fredda che ti assaltano la gola lungo la porta del centro commerciale, la pelle dorata e la schiena spellata. L’estate e il mare, la sabbia che scotta e i sassi tutti all’insù, come se qualcuno ce li avesse lasciati per dispetto. Unica consolazione il tuo asciugamano frustato dal vento. Una volta a terra è morbido, tiepido, accogliente. Lo guardi e hai quasi voglia di stringerlo a te, il tuo asciugamano. È bellissimo, il tuo telo d’amare.

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