Scusateci, è tutta polpa nostra

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Pillola del 229° giorno – Non sono mica Superman

La giornata mi ha distrutto, facendo coppia con la serata alcolica di ieri. Ore 22.00 e sono a letto con un mal di qualsiasi cosa dal collo in su, ho mangiato parti di animali e di piante, preso un cocktail di antidolorifici, infilato a letto. Se pensate che vi racconti questa giornata infinita cascate male, sento mancare tutte quelle parti di cervello che trovano nessi, collegamenti e frasi ad effetto del cazzo. Ci penso ma…no, mi viene in mente solo ieri notte, Chiara che mi dice “non sei felice…si vede che non sei felice…sii positivo” e io non so perché ma penso a Lei e al tempo che sto perdendo e che probabilmente perderò e allora si, quando crollerà davvero tutto, allora si che sarò davvero non-felice e pur sapendolo mi convinco che sia giusto cosi, che tante e troppe volte ho semplicemente lasciato stare ma stavolta proprio non posso.

Puntello l’autostima e l’umore quando becco un amico all’una passata, non ci vedevamo da un bel po’, e chiacchieriamo davanti alla porta d’entrata.

“Poi comunque ti volevo dire che ti leggo” dice, e la cosa mi fa piacere anche se sembra sempre qualcosa da dire sottovoce, non troppo apertamente, chissà perché poi, come se si parlasse di robe sconce e immorali. Ho incontrato altri che mi dicono la stessa cosa…gente che non sta a esprimersi troppo a riguardo, apprezza in silenzio, come andrebbe fatto giustamente ma ormai l’avete capito, vado cercando fan festanti se possibile…puntelli su puntelli.

Poi, dopo tutto quello, a casa, dormo poco e male, a lavoro la mattina siamo tutti in qualche modo a mezzo servizio anche se poi scivola via e due bocconi a casa poi per poi uscire subito, fermata dell’autobus poi, con quella dedica strana e il simbolo di Superman in azzurro che poi, coincidenza che io stia proprio ascoltando una canzone che si chiama Superman e arriva pure il bus ora, e tutto il resto del ‘dopo’, di oggi, che nemmeno vi accenno, forse domani.

Starò meglio forse…anche se non lo so.

Non sono mica Superman.

Pillola del 216° giorno – Quattro mezzi non fanno due interi

È tutto il giorno che controllo se ho in spalla lo zaino…e dire che non ne metto uno da un miliardo di anni eppure…sento che manca qualcosa, mentre aspetto il bus.

Giornata da mezzi pubblici, oggi mi odiano. L’ autobus è puzzolente, non accetta i miei soldi come se derivassero da affari sporchi quando in realtà non sono poi così sporchi. Sedile sghembo, densità di popolazione di otto persone a metro, accessibilità dei pulsanti per prenotazione fermata nulla. Ad ogni stop, famiglie con passeggini, borse della spesa e scatole, aria cosi viziata che quasi preferirei essere nella penultima fila, quella davanti al motore, rumore, biossido di carbonio, asfissia, perdita del gusto e della vista, può avere effetti collaterali anche gravi. Di fermata in fermata, snocciolo santi come alla Via Crucis ma riesco piano piano, lottando con gente in trasloco e fan dei supermercati, ad avvicinarmi all’uscita.

Quando scendo, vorrei ringraziare il Signore ma attendo…tocca alla stazione.

Fila di gente alla cassa che invece di chiedere biglietti si fa consegnare moduli da compilare…e vogliono la penna…e spiegazioni…e i fogli da sotto il vetro non passano comodi, si stropicciano e devi farli passare lentamente…uno per uno e il tempo passa…e i ringraziamenti di prima ora sono bestemmie. Una tizia prende i moduli e si mette sul fianco, turno del tipo davanti, basso e scuro. Sembra uno che punta al sodo…un tipo da andata-ritorno e via ed infatti “vorrei i moduli per l’abbonamento” e vabbè altri dieci minuti, manco si sposta a sinistra e quando finisce nemmeno usa la corsia d’uscita, deve per forza tornare indietro da dove è venuto, sbatterci contro, mostrarci uno scorcio di stupidità ad ogni costo.

Il viaggio fino a Milano lo passo isolandomi il più possibile da una scolaresca eccitata al piano di sotto, in piedi come uno scemo vicino all’unica presa di corrente funzionante del treno che il cell è già scarico e oggi si fa serata ma si sa…qualcosa la devo dimenticare sempre. Se mi siedo sul sedile di fronte, il filo si tende cosi tanto che sembro il PR di una gara di limbo e devo abbassare il cellulare a livello pavimento ogni volta che c’è uno stronzo che deve scendere o passare di lì e quindi “No grazie”, sto in piedi da scemo e guardo il soffitto e quel ciuffo di capelli incastrato sotto una bacchetta di metallo, disgustosi ma resi affascinanti dal mistero irrisolvibile e la domanda inevitabile che uno deve porsi:

“Come cazzo ci sono arrivati lì?”

In stazione dopo un’ora ma per poco visto che mi infilo in un carro bestiame sotterraneo più stipato del cugino ciccione dopo il pranzo di Natale, gente che combatte per un pezzo di cilindro sudicio a cui aggrapparsi o che lotta per uscire nella sua fermata sfigata…che colpa ne ha se ci vive solo lui e si trova incastrato tra turisti cinesi e l’ascella di un bodybuilder alto tre metri. Per fortuna tutto quel circo dura solo qualche minuto perché di nuovo in superficie, mi rilasso a fare lo scemo con un amica fino a che diventa quasi ora di cena…l’accompagno al tram, castello sullo sfondo, lei sopra vicino alla porta, io sotto che per una volta son serio e cerco di formulare discorsi con un senso, artistici e complessi…e quasi arrivo al dunque quando ecco che mi scorre davanti del vetro ricurvo, e plastica e luci riflesse e poi tutto silenzioso si muove inaspettato come il trucco della tovaglia strappata via dove sul tavolo restano immobili piatti e vasi con fiori…rimango li con il castello, il mio discorso a metà, un cappellino in mano, lei portata via e freddo…tanto freddo.

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E alla fine…perchè no? Sì.

Serata strepitosa si, conosci nuova gente si, stai in giro, mezza lombardia in macchina, parli tantissimo, di tutto, stai bene, ti diverti sì. Un tuo amico ti chiama alle 2:43, ubriaco, ha mangiato indiano, dietro la sua ragazza parla con i suoi amici , ti chiede “Dove siete? Stiamo andando via dai navigli, ci vediamo no, forse, facciamo la prossima volta? Sei un grande, ti stimo”. Sì anche a questo.

Insegui una macchina rossa, la guardi da due ore e non capisci che macchina è, loro guidano il trenino, ciao alla bionda e alla mora, ricorderò ancora i vostri nomi domani? Sì..o forse no. Simpatiche sì, ma la macchina proprio non mi piace, ne davanti ne dietro, con il navigatore per i navigli, e ci siamo persi ancora, si. Anch’io ho una macchina si, d’epoca e di Milano, del ’69, bella come la morte ma non funziona, però è bella si.

Amsterdam battle

La pioggia bagna il cemento rendendolo lucido, le luci appese ad una stranissima tettoia, gigante e dalla forma di disco volante, si riflettono come luci strobo. Gradinate, una piazza, scalini, pieni di giovani. Bottiglie di birra rotte, coriandoli, gente di ogni tipo e io già rimpiango di non avere una macchina fotografica ragefinder nella tasca. Dannazione. Si respira la tipica aria del sobborgo malfamato di Milano insomma, non avevo dubbi.
L’interno del Barrio’s Cafe è cupo, non ci sono cameriere gentili, c’è solo un barista scontroso, vestito come un taglialegna,super impegnato che sbraita contro chiunque voglia aiutarlo. CI mette 10 minuti a servirmi una Vodka Lemon.

Il viaggio (fasten seat belts while seated)

Ho un’infinita distesa di asfalto davanti a me, la pista di atterraggio. Lucida di pioggia, un pallido sole che illumina le pozze d’acqua e i mezzi color arancione, fermi, inoperosi, disposti quasi senza cura su quell’enorme manto nero. Attorno a me, gente poco entusiasta attende l’apertura dell’imbarco D10, che in uno sforzo di fantasia spirituale leggo come “Dio” ma che in realtà, è solo un imbuto grigio e giallo che si innesta in una triste torre disseminata di oblò. Manca ancora un’ora alla partenza.

La playlist casuale è spietata anche oggi, sembra scelta apposta per farmi stare male anche quando dovrei essere contento di tornare a “casa”, da chi mi ama, mi ascolta, mi accoglie. Triste non per quello che lascio, ma solo per quello che non troverò, una volta tornato. Arriva altra gente, qualcuno è già all’entrata dell’imbarco, come ad un concerto, per prendere i posti migliori sull’aereo. Dovranno stare in piedi per un po’ ma soprattutto…ne vale davvero la pena? Un’ora in piedi per avere un’ora di finestrino, probabilmente addormentati e annoiati, con gente affianco che nemmeno conosci. No, non credo…

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