Che i polpi non usano la qwerty

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Pillola del 136° giorno – L’uscita di scena

Succede che sei dentro alla sala Giove, fila G che come con le donne, è sempre il punto giusto, e ti guardi un film in cui il protagonista prima guarda divertito nel suo letto quattro fighe nude che si strusciano poi, viene tradito, quasi ucciso e abbandonato in un pianetaccio ostile ma lui niente, picchia a sangue mostri con ottocento denti, venti lame e spuntoni e altra roba letale, si sistema fratture infilando chiodi e girando pezzi di gambe a mani nude e non contento, si inietta veleno per passatempo e fa atterrare un esercito pieno di feccia spaziale armata di fucili, coltelli, sparafulmini, bombe e tutte le robe dannose per la salute che potete immaginare e che vogliono infilargli la testa nella scatola dell’happy meal. Tutto secondo i piani ovviamente, decide di fregare ai gentiluomini in visita una navetta spaziale, diminuendone il numero dei passeggeri drasticamente, diciamo pure tendendo allo zero, utilizzando femori di mostri con lame sopra e tagliando giogulari, arti, teste e pigliandoli pure per il culo tipo facendogli “Buuu” alle spalle quando non se lo aspettano o con gli scherzi telefonici. Non contento, si mette pure a tagliare pezzi di bestiacce incazzate mentre massacra gli umani rimanenti e guida moto volanti nella notte piovosa di uno schifo di pianeta in cui pure i fottuti sassi vogliono la tua pelle. Si cauterizza una ferita di un metro che pare il morso di un’orca assassina con un residuo di bomba atomica e riesce pure a svagarsi con un mercenario lesbica come le aveva precedentemente annunciato a metà film, giusto per concludere in bellezza.

Un protagonista con due coglioni quadri insomma, un film da veri uomini sudati e brutti, palestrati e tatuati.

Eccolo lì con la sua navetta, davanti il futuro, deve solo uscire di scena con qualcosa di epico e un dito medio alzato.

“Di a tizia di tenere un posto per me nel suo cuore e tu tizio, non perdere il tuo coraggio” dice nell’ultima scena, tra lo sconcerto dei feromoni della sala.

Tutti ci guardiamo.

Ma che cos’è sta roba da checche?

Pillola del 75° giorno – Razzo gomito

Io, quello che si guarda i film ungheresi in bianco e nero, quello che “Tarkovskji è il migliore”, quello che “la sceneggiatura è sterile e mal scritta” , quello che “i personaggi sono banali e poco realistici”, quello che odia i dialoghi epici per caricare le folle, i sacrifici per il bene superiore, i baci e i lieto fine, quello che odia i cliché, gli eventi scontati i personaggi belli, forti e vincenti, le esplosioni tanto per, quello che se si parla di cinema devo sempre dire la mia perché credo di sapere di cosa parlo…

Ecco, io, quello lì di cui vi parlavo, il raffinato del grande schermo, che sta dalla parte dell’indipendente regista underdog, alla fine è uscito esaltato come un bambino per dei robottoni che pestano a sangue dei mostri giganti tra personaggi banali, sacrifici, discorsi, lieto fine, sceneggiature inutili e tutto il resto in mezzo a città rase al suolo ed esplosioni senza senso.

Io, sono un buffone…

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