La penombra che c’è di sera, nel mio bagno mi piace molto. La tapparella, un po’abbassata, lascia che solo un quarto di luce penetri nella stanza. Se vi dicessi che il 90% delle buone idee e dei pezzi che scrivo li creo qui, sdraiato nella vasca, ci credereste? Se vi dicessi che se sono arrabbiato dentro questo blocco di mattoni e ceramica, io mi riappacifico con tutti, che l’ansia passa, che tutti i problemi stupidi e i complotti che creo perdono di importanza, voi ci credereste? Anni fa mi immaginavo la pace, o meglio, una tregua dal mio flusso di pensieri, seduto su una roccia in Islanda, o di fronte ad un mare in tempesta. Sapete quando avete la chiara immagine di voi in silenzio senza nessuno, senza il mondo che urla…sono sempre esotiche quelle situazioni nella vostra mentre quando in realtà, un po’ di pace la potete trovare molto più vicino. Forse è quel parco con quella panchina senza schienale ed un pino stanco che sta morendo. Forse è quella stazione ormai chiusa, sopra la collina, tappezzata di disegni e che non sapete perché, a voi ricorda la campagna e il fieno. Forse è un variopinto mercato pieno di voci ma che non urlano di dolore, amore e soldi, è solo un rumore di fondo che vi culla.

A me dispiace sempre uscire dalla mia vasca, allontanarmi da quella penombra con la betulla che si intravede e che si muove ogni tanto. Allontanarmi dalle voci ovattate dell’esterno, dai riflessi sul legno…

È come se avessi la certezza di tornare ad essere il problematico, confuso e solitario me stesso e accidenti, io non voglio.

Quando esco da quella porta, ricomincio a peggiorare, a diventare una persona diversa.

Questo mi spaventa.

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