Che i biglietti di auguri tocca scriverli sempre a noi

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Pillola del 73° giorno – Prigioniero

Un mio grande amico mi ha regalato una foto di qualche anno fa. Ritrae un ciccione seduto su una panchina, la faccia tonda e sofferente, dietro una grata, un gusto nel vestire decisamente poco raffinato con maglione grigio e canotta in bella vista. La foto si chiama “prigioniero di se stesso” e il ciccione sono io. Un estraneo, vedendomi adesso, potrebbe pensare che tutto sia cambiato ma in realtà non è proprio così. Credo di essere ancora dentro la prigione della mia mente, una stupida penitenza auto-imposta che non mi fa rischiare, non mi fa sfidare il mondo e mi costringe a provare mille paure diverse, a parlare sottovoce. Ho paura di troppe cose anche se la battuta pronta e gli atteggiamenti mascherano tutto in qualche modo, fa sembrare come se ogni cosa mi scivolasse addosso mentre in realtà si incastrano nelle mille crepe della mia finta corazza.

Sempre più spesso però, sento una vocina che parla salendo da un punto dietro lo stomaco.
“So cosa hai fatto l’estate scorsa” mi dice tipo, con la voce da killer, accusatoria.
“Ero al mare, come ogni anno” gli rispondo facendo finta di nulla, ma so di cosa parla.

Intende tutti quegli anni sprecati ad attendere che fosse il mondo ad adattarsi.

No, non è mica così che vanno le cose, il mondo non si adatta a chi lo abita ma TU, se non vuoi essere quello che cambia, devi essere forte abbastanza da plasmarlo a martellate. Come lo vuoi te.

Sono in grado? Sono forte abbastanza? Devo darmi una risposta, devo uscire dalla cella il prima possibile.

E scoprirlo.

Slow Forward < >

Un’altra giornata di pioggia incessante, pesante, molesta, fredda e fastidiosa.

Sorpasso i momenti difficili, credo di ritrovare la via, la serenità, di poter ambire di nuovo ad un pezzo di felicità che credo di meritare e poi…di nuovo…basta un temporale, due gocce, un’immagine, due righe e tutto reinizia da zero, come se oggi fosse 2-3 mesi fa.

Ma quindi a che serve lo scorrere del tempo? Se quello che costruisci si distrugge con un soffio di vento dopo giorni, settimane e mesi che ci provi?

Il viaggio (fasten seat belts while seated)

Ho un’infinita distesa di asfalto davanti a me, la pista di atterraggio. Lucida di pioggia, un pallido sole che illumina le pozze d’acqua e i mezzi color arancione, fermi, inoperosi, disposti quasi senza cura su quell’enorme manto nero. Attorno a me, gente poco entusiasta attende l’apertura dell’imbarco D10, che in uno sforzo di fantasia spirituale leggo come “Dio” ma che in realtà, è solo un imbuto grigio e giallo che si innesta in una triste torre disseminata di oblò. Manca ancora un’ora alla partenza.

La playlist casuale è spietata anche oggi, sembra scelta apposta per farmi stare male anche quando dovrei essere contento di tornare a “casa”, da chi mi ama, mi ascolta, mi accoglie. Triste non per quello che lascio, ma solo per quello che non troverò, una volta tornato. Arriva altra gente, qualcuno è già all’entrata dell’imbarco, come ad un concerto, per prendere i posti migliori sull’aereo. Dovranno stare in piedi per un po’ ma soprattutto…ne vale davvero la pena? Un’ora in piedi per avere un’ora di finestrino, probabilmente addormentati e annoiati, con gente affianco che nemmeno conosci. No, non credo…

So you think you can tell Heaven from Hell

Fino a poco fa non avevo mai visto Civitanova Marche immersa nella nebbia.
Esco dall’ufficio alla solita ora e con un po’ di forza scarto la pizzeria che mi invita ad entrare col suo odore di cipolla. Io me la mangerei volentieri una pizza, ma sono mesi che non muovo un muscolo e se voglio tirare un buco della cinghia devo sacrificare qualcosa. Dall’angolo spunta un giubbettino di pelle tutto distinto e aderente. La tipa, una signora credo, neanche si accorge di me impegnata com’è a parlare con la donna che ha di fianco. Poi ad un tratto si gira sentendo i miei passi poco dietro ai suoi, è giovane. Mentre le supero la sento parlare di trenta pagine da studiare. È più che giovane, e l’altra è la madre. Ho voglia di dirle che può anche evitare, che tanto studiare, qualsiasi puttanata le abbiano dato da studiare, è inutile considerando l’arco di una vita.

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