“Cosi vicina…”

Andrew saltò, balzando sul terreno soffice del satellite. Era un bambino. Indossava dei pantaloncini rossi, una maglietta blu e delle Adidads nere completamente sfondate, vittime sacrificali di estenuanti partite a basket.

“Mare Smythii…Dorsum Cloos…e di là c’è il Babcok!”

Sapeva tutto della luna, collezionava mappe, modellini, foto. Aveva raccolto materiale dai 5 fino ai 13, attuali ed illusori anni. Stava sognando, sapeva benissimo che sulla luna non c’era aria per respirare, che faceva troppo freddo e lui non indossava una tuta spaziale. Era un sogno ma ad Andrew non importava, il realismo era grandissimo. Riconosceva i crateri, la consistenza del terreno, lo slancio inusuale della gravità ridotta…La luna, la sua vera casa; è una cosa che si sente. Quando sei nel tuo paese e la gente ti saluta, sai dare indicazioni ai passanti e conosci gli angoli sconosciuti ai forestieri, sei parte di quel posto e lo senti. Per Andrew quel posto era la luna.