Testo che è tardi

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Pillola del 200° giorno – Coscienza

La luce dell’hard disk portatile si illumina intermittente e un’altra lucina, quella della coscienza, mi viene a dire che dovrei alzarmi per il bene del sonno di Sorella, staccare il cavo che si ostina a prendere elettricità da qualche parte, come la presa multipla in anticamera che inonda piastrelle di luminescenza rosso Shining o i mille lettori, mangiadischi, schermi e led, mini lampadine RedGreenBlue…tutta roba che succhia cents dall’IBAN dei miei per colpa mia, che sono le uniche cose davvero senza sonno in questo mondo, vivendo ventiquattrosuventiquattro, settesusette, dodicidopododici e unoepoiuno bruciando da due lati come le candele che illuminano il doppio.

Dovrei alzarmi. Dovrei alzarmi anche per mia madre e le sue fobie che pare che negli ultimi giorni, novelli Lupin se ne stiano in giro per le case anche in pieno giorno a fare l’inventario di cassetti, armadi, doppiofondo nascosto, antro dietro quel quadro con rotella numerata. Pare che forse siano entrati dal cugino di un amico di un conoscente di Rita…te la ricordi no? Rita…ma si…quella che faceva palline di Natale per il mercatino…no no…non quella…quella è Paola…Rita è bionda…il figlio grande fa architettura…proprio bel ragazzo…alto poi…bhe fatto sta che la porta va chiusa con tutte le serrature disponibili e io di solito lo faccio ma poi a letto non ricordo se l’ho fatto davvero e a dirla tutta…me ne dimentico pure di giorno che esco per andare a lavoro senza fare nemmeno un giro di chiave, nessun pezzo di metallo che si infila nel muro e io sono ormai troppo in ritardo e lontano per tornare indietro…anche se ammetto di avere un ‘punto di non ritorno’ troppo vicino a quello di partenza. Dovrei dovrei trovare metodi per ricordarmi di farlo o di averlo fatto. A volte ci riuscivo piazzando gesti inconsulti dopo aver chiuso un paio di mandate di chiave potenti…facevo tre passi all’indietro o cantavo una filastrocca…roba folle che spezzava la routine dei gesti meccanici cosi potevo starmene tranquillo…ma ora mi dimentico pure di fare quello.

Sarà per chissà cosa, sarà per il periodo di transizione in cui vivo il distacco, come se le cose succedessero solo agli altri e a me no, tutto tranquillo, blanda incoscienza. Che rimanga cosi mi dico, mi giro lato sinistro con sordità e muro davanti ma poi però…a pensarci scappa da pisciare e la dogana in vescica sembra quasi intenzionata a tirar su palette. Faccio quel che ho da fare di là, tra rotoli di carta morbida e tavolette in finto legni copri buco. Poi, punto a spegnere la lucina faro.

Ritornando a letto, al buio, con missione compiuta in saccoccia, urto ciabatte e oggetti…provoco tumulti, sveglio gente, incasso offese e la coscienza mi sta sul cazzo.

Pillola del 199° giorno – Fase REM#3

In macchina mi addormento sempre troppo facilmente nonostante i G di accelerazione di queste curve prese a cannone dal pilota, il rumore e tutti quei quadranti e lucine blu e verdi. Appoggio la testa sul sedile e mi ritrovo in una stanza con tappeti alle pareti che si allungano per almeno un metro sul pavimento. Sembrano dei persiani ma con abuso di fucsia e bianco. Ogni tanto da dietro i tessuti spuntano dei fregi di legno in foglia d’oro verticali e sinuose. In mezzo alla stanza una colonna tutta fregi e spuntoni é completamente rivestita di stoffa con fantasia floreale, rotta solo ogni tanto da piccoli specchi. Cerco un’uscita ma nulla da fare…sembra di girare in tondo.

All’improvviso sono fuori…c’è un tizio, un ragazzino olivastro magro e a torso nudo…agitato…che mi parla mentre l’atmosfera è inondata di polvere e luce solare. Non capisco quel che dice ma vedo che in mano ha una scatola. Gliela prendo perché intuisco che si tratta di una bomba…la butto dentro un buco nel marmo che trovo tra quei gradini dove sto in piedi…acqua verde davanti, colonne dietro, un tempio. Da una collina bianca ecco scendere camion gialli con un cassone bianco perfettamente quadrato…so che stanno venendo a distruggere il tempio, sono alti 3 piani. Ma quando arrivano di fronte, cipressi viola messi dentro aiuole triangolari bloccano la strada.

Io allora corro dentro il tempio e ora davanti ho una stanza larga e bassa dove, sul soffitto, fenicotteri bianchi dal becco rosso camminano a testa in giù mentre per terra, ciottoli dorati galleggiano in un acqua verde insieme a foglie d’acero rosse.

Mi sveglio che quasi sono arrivato e sui sedili davanti si parla di Roger Waters e famiglie inglesi. Scendo dalla macchina e saluto, di fronte al cancello di casa mia. Hanno cambiato le luci del vialetto in questi giorni…ora sono fredde e pallide.

Se c’è una cosa che il sole insegna, è che il colore giusto per queste cose è il giallo.

Pillola del 152° giorno – Letargo

Questa pagina di diario oggi sarà corta per scelta e non per pigrizia anche se lo ammetto, negli ultimi due giorni pigro lo sono eccome che non mi alleno, non esco, ozio e guardo tv sotto luci ambrate mezzo addormentato sul divano mentre rinvio appuntamenti, declino inviti. Mi viene quasi voglia di andare a dormire presto, mi viene voglia di escludere il resto del mondo, mi viene voglia di darmi malato ad ogni compito, domanda, impegno che mi riguarda. Forse sono malato davvero, mononucleosi tipo. Oppure, quel mal di pancia e quella tosse si stanno per trasformare in qualcosa che mi farà dormire e dormire, piano piano, sempre più ore e una volta sveglio, sarà già tempo mare. Letargo, il che sarebbe un peccato, che la vita è così breve.

Come questo pezzo, ma più interessante.

21 ore

Controllo ancora una volta l’orologio: le 5:20.

Decido di camminare di nuovo verso casa, la luce comincia a farsi più insistente.

La serata è stata divertente, anche se è finita da circa 2 ore e ancora una volta, sono l’unico rimasto sveglio. Non ho sonno, non riesco a dormire. Succede cosi da almeno tre settimane per diversi motivi, salute, emotivi…anche voglia. Alla fine ho sempre considerato il dormire uno spreco di tempo e questa sveglia forzata mi sta portando a livelli di attività mai visti anche se ci sono dei lati negativi, soprattutto di pomeriggio.

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