Brava Giovanna, brava

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Se mi stesse bene lo slow motion (come a Ryan Gosling)

Mi sento come ieri, gambe stanche dal giorno prima, trenta minuti cardiovascolari, scarpe che massacravano caviglie, fiato e sensazione di essere incinto o peggio. Fuori forma. Claudicante. Lento.

Ora mi arrivano articoli dal rullo, le luci al neon del mega-capannone centro-commerciale creano riflessi veloci su ogni superficie mentre i miei di riflessi, sono lenti ed impacciati…due minuti solo per trovare la parte aperta dei sacchetti, separarne i lembi mentre uno tsunami di Kellogs Cornflakes gusto classico, tonno in scatola confezione da 12, pasta, zucchine incellophanate, Schweppes tonica scontata a 1.29 mi arriva sulle mani impegnate, un’ondata di violento consumismo. Mio padre, a ottantasette centimetri da me, imbusta rapido e preciso, nemmeno fosse uno spacciatore di crack in fuga dalla polizia che arriva a sirene spiegate…io, invece, più cerco di muovermi più le forze mancano, riempio a metà un sacchetto con verdura mista ma gran parte del lavoro lo fa Padre…dei due, il sessantenne sono io, stanco, impacciato, insicuro. Fuori forma. Claudicante. Lento. Slow motion che non mi sta bene per niente, non mi dona, non fa figo, non butta fuori personalità e sicurezza, non sono come Ryan Gosling, per nulla…lui cammina in slow motion, mangia una pizza in slow motion, saluta in slow motion, bacia e sta sopra a bellissime donne in slow Motion ed è sempre come vorresti essere te…calmo, sicuro, rilassato, a lui sta bene lo slow motion, pure la sua faccia pare fatta apposta per lo slow motion, ci è nato in slow motion mentre io, ho la fretta in corpo, accelero e sbaglio, vado in confusione, confuso, mi agito, agitato, parlo veloce e male, male, non uso punteggiatura corretta nei pezzi perché scrivo come leggo, settanta pagine l’ora, scrivo come mangio, un primo e un secondo in undici minuti, non prendo caffè per non accelerare ancora di più, affrettato, in curva vado lungo, pesto il freno, sbaglio, sbaglio molto, poi mi impaurisco e rallento di colpo, ansia, lentissimo e io lento non so andare, ansia, lentissimo, la macchina si spegne, la frizione stacca male, sento le energie che mancano e la concentrazione va persa, ansia, lentissimo, mille gocce imperlinate sulla testa senza capelli, respiro male, balbetto, dimentico significati e parole, non riesco a stare calmo e rilassato, rabbia, i vestiti mi spostano le ossa in posizioni scomode, tutto due taglie piu piccole di colpo, abbigliamento indossato nella stagione sbagliata, sento gli occhi della gente che nota le ferite dentro e le difficoltà fuori, il disagio di una fretta intrappolata, animale in gabbia, sconfitto dal ritmo delle cose da fare per bene. Quando lo sono, da fare, serve calma. Slow motion.

Lascio perdere, non combatto, mi volto e corro via, di nuovo, prossimo obiettivo, mi rifugio in buchi con aria corrente e acqua fredda, ricomincio da domani mi dico, come ogni ‘giorno prima uguale agli altri’, ricomincerò correndo, di fretta, cercando chi sia veloce, agitato, che non ci pensi troppo, che sia solo istinto, che come me non sappia attendere e prendere le cose con calma, io, che lo slow Motion non mi sta bene…non mi dona, non piaccio, non sono Ryan Gosling.

Pillola del 92° giorno – Cassa veloce

Ennesima volta che cado vittima dei cartelli. Leggo ‘cassa veloce’ e subito mi immagino una cassiera con casco racing integrale che copre una chioma bionda, di cui rimangono piccoli boccoli che spuntano da sotto e che si addormentano sulle spalle. Lei, ticchetta sul registratore di cassa mentre imbusta e ci prova pure con me fissandomi con i suoi occhioni blu, che la visiera l’ha tirata su. Cavolo, è pure figa.Ma quando raggiungo il cartello, finisce la fantasia e di casse veloci ne trovo ben due ma senza fighe. Subito mi fiondo su quella di destra visto che non c’è un cazzo di nessuno e “chissà perché…” mi chiedo.

Ma in questo mondo un perché c’è sempre.

All’inizio non capisco bene la situazione, mi sembra un classico problema di carta senza disponibilità o numero sbagliato, con una vecchia megera che sbraita. Poi, le tinte fumose di quella vicenda si fanno chiare appena la vecchia si sporge dal lato del cassiere per spiegargli cosa deve fare, armeggiando con i comandi mentre la gente dietro non ne può più.

“Non va! Non va!” Urla il cassiere impazzito mentre cerca di allontanare la vecchia, che si comporta come uno zombie famelico.

Il nostro eroe però, invece di un fucile a pompa prende un quaderno da sotto la cassa e comincia a tirar fuori fogli su fogli che consulta e legge con ferocia. Poi, spunta una cartelletta viola con elastico da cui emergono schemi e documenti manco fosse il progetto per un astronave.

Dieci minuti dopo, sono ancora fermo nello stesso punto che aspetto l’evolversi del siparietto, perché mica puoi cambiare fila, che fa brutto, che sembri scemo, che forse non hai capito subito la situazione perché non sei sveglio. Si aspetta li con la serenità di chi non viene toccato dal tempo che passa anche se dentro “cazzo gli darei fuoco” , ti dici.

“Ora va…” proclama quasi sconfitto dopo la lezione privata del tutor-cliente-vecchiaccia, completamente fuori dai gangheri e che se ne va offendendo il genere umano peggiore, quello degli incapaci.

Lo stato di confusione totale del cassiere non sembra migliorare con il cliente dopo che, povero lui, ha comprato qualcosa di ingombrante e grosso e al commesso la cosa non piace perché suda mentre gira quell’oggetto incellophanato alla ricerca del codice a barre del tesoro. Tenta di chiamare al telefono per farsi dire il prezzo ma Dio oggi è misericordioso o s’è rotto le palle pure lui di questa tragedia e glielo fa trovare, anche se dopo diversi minuti, con calma, che tanto al telefono nemmeno gli rispondono, che probabilmente ha pure sbagliato il numero.

Batte sul registratore il codice…sbagliato. Ci riprova mentre impreca un paio di volte…sbagliato. Lo azzecca alla terza quando la cassiera donna alle sue spalle gli indica qualcosa, forse spiegandogli cosa sono i numeri mentre lui ormai, è costantemente in piedi, sudato, con movenze da pinguino morto e che cerca conforto parlando con i clienti ma che lo ignorano visto che siamo lì da 15 minuti, visto che sul cartello c’è scritto “cassa veloce” ed invece, ci ha sorpassato a destra pure una mandria di scout con 5 carrelli e due autotreni di roba.

La collega gli dice “Stefano stai calmo, sembri tarantolato” e lui gli risponde con uno “Stai zitta!” al sapore di zolfo e acido, proprio mentre arriva il mio turno.

Tre oggetti, totale 32.39

Mi chiede se ho 40 centesimi, con il tono di un barbone in cerca di spiccioli.

Ha la faccia stravolta, un sorriso nervoso, un telefono in una mano che non si sa perché. Con l’altra mano, tremante, tiene dei bollini che nemmeno mi spettano.

Attimi di tensione, in cui il terrore è dipinto sul suo volto, quasi stringe gli occhi per non vedere, mentre apro il portafogli…

Gli do 40 centesimi, lui sorride.

Mi sento come se avessi salvato la vita a qualcuno.

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