Mi si nota di più se non vengo o se vengo e sto in disparte?

Tag: talento

Pillola del 207° giorno – Nuovo documento.docx

Decido da prima di scrivere un bel pezzo. Ci penso la mattina quando esco nel freddo e anche davanti allo schermo in 8 ore di meritato quasi-far nulla.

Non riesco a scrivere niente, nemmeno il titolo, nemmeno il numero del giorno, duecentosettesimo che qualche augurio per aver superato il duecento mi è pure arrivato per quanto serva al mio attuale morale ovvero, nulla…non fa quasi differenza.

Eppure di solito la cosa funziona…ma è evidente che anch’io sia soggetto ai periodi e ai fogli bianchi di word che salvi come ‘Nuovo documento.docx’ che nemmeno un nome per il file ti viene in mente…quando sono giorni che non fai altro che dirti di alzare l’asticella, che ogni pezzo dev’essere di qualità anche se lo scrivi alle tre di notte con il sonno e il primo degl’incubi notturni che già bussa da dietro le palpebre. Mi credevo un genio. Mi sveglio che sento di esserlo, la sera mi ritrovo nel cesso della mediocrità. Devo arrendermi al fatto che in molti giorni i pensieri attraversano la gelatina e arrivano deboli e molli e c’è da arrampicarsi sugli specchi. Quando rileggo il mio creato ben impaginato su libro digitale butterei via metà delle parole. Gli altri scrivono immensamente meglio, gli altri hanno le storie e mondi, vanno a parare da qualche parte. Io parlo di fogli bianchi e di qualche macchia di sporco che ci butto sopra quando scrivo seduto sulla tazza del bagno.

“Io mi levo dal cazzo…”
“Mi sa che vengo pure io” rispondo a Teo.

Ci vado. Costeggio il muro della ditta per andare sul retro, sorpasso il Caterpillar giallo parcheggiato come un’utilitaria e mi infilo in macchina…meno strada da fare con le scarpe umide e il vento contro, meno freddo sullo stomaco, meno stress articolare e consumo di asfalto e suole, strofinamento di pieghe di stoffa per andamento cinetico degli arti.

Voglio tornare a casa prima.

Cado sul letto, blu scuro fuori, tic-tac dei tasti del cellulare, traccia melodica-elettronica indefinibile nei padiglioni acustici…chiedo ad una rossa riccia per la terza o quarta volta, non ricordo, di uscire…è una fissa, una cosa che voglio ma stavolta non mi risponde e non mi risponderà…quindi mi metto al pc e riprendo a trasformare i ricordi in 4:3 di Berlino con fare stanco mentre sticomitie iperveloci di Gilmore Girls si intromettono a frequenze ultrasoniche oltrepassando la barriera del fastidio. Odio quella serie, i dialoghi in cui tutti sembrano dannatamente brillanti e simpatici rispecchiando un mondo teatrale e falso. Odio la cuoca cicciona e la sua farlocca stizza e modi di fare da procione con ghianda in mano. Odio la ragazza giovane e la sua madre vacca più vecchia. Odio la madre-nonna e i suoi vestiti-armatura di seta e la casa…con mobili antichi pitturati crema e tessuto alle pareti. Sopporto il locandiere perché sembra Stallone, il nonno da quando ha i baffi, il pazzo squilibrato che somiglia ad Edward Norton ma con l’insegnante di sostegno…ho sempre tifato per gli sfigati e gli scorbutici, i brutti. Io sono brutto, sfigato e scorbutico e ho sempre desiderato qualcuno che facesse il tifo per me.

Non riesco a vederne più di otto minuti con l’audio attivo ma pare faccia bene al recupero di salute di Sorella, messa a letto da influenza e mal di pancia e curata a pasta bianca, Busco Pan pastiglie, tachipirine da sciogliere, Oki e Tv…Masterchef Usa, Italia, Uk, Algeria e tutto il resto dei paesi e Gilmore Girls appunto. Purtroppo.

Visto che sono già in postazione chiedo a qualcuno che ne sa…Wikipedia, e vado a leggere il finale. La giovane delle ‘girls’ finisce con il biondino e va a fare la giornalista mentre la madre se ne gira trecento o cento volte i soliti tre e dimostra che un po’ troia lo era davvero alla fine.

Mai avuto dubbi.

 

La sconclusionata cura per la pazzia \ Nurofen contro Kaufman

Un film mi ha sconvolto. Mi ha fatto pensare ad un sacco di cose in un unico pensiero.

Qualche anno fa mi chiedevo sempre perchè non piangessi mai. Moriva gente cara e non piangevo, soffrivo come un cane e non piangevo, mi sono rotto 15 ossa in una volta e non ho pianto. Mi chiedevo “sono cosi insensibile?” oppure “possibile che non me ne freghi nulla?”. I morti le disgrazie, niente più che un eco lontano. Mi spaventava questa cosa. Ero forse un mostro? Piangevo sui film, per Forrest Gump, per Pearl Harbour. Non per mio nonno o per il mio primo amore, morto a vent’anni. Eppure mi dispiaceva da morire. Poi tutto ad un tratto le lacrime scorrevano anche nella vita reale con gli interessi, dopo anni. Piangevo per mio nonno, per il mio primo amore, per mille cose. Perchè lo scrivo? Non lo so, ma penso che c’entri qualcosa.

Powered by WordPress & Tema di Anders Norén

%d