Che i biglietti di auguri tocca scriverli sempre a noi

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Impara l’arte e mettila su una sedia…

Gli occhi sono fissi nel buio quando le dieci luci si accendono all’unisono.

Sedie sopra lunghe assi di legno consunto, martoriate da tacchi a spillo, piedi, passi di danza, oggetti trascinati e fatti cadere.

Tende rosse e nere accartocciate agli angoli, pesanti e tetre.

C’è chi non vede perchè ha qualcuno davanti, proprio su una sedia, ma quelli si alzano, convergono verso le assi antiche. Altre sedie e voci e tu solo ora capisci di essere un oggetto di quella fantastica visione e sta solo a te capire cosa sei. Un estintore? Una porta? Un passante? O un semplice spettatore esterno, che si perde la magia?

Ricetta per una serata ai quattro sorrisi

Lo spicchio di cielo che vedo tra i palazzi di Varese è azzurro, con nuvole bianche e grigie illuminate dai residui di sole tipici dell’orario happy hour. Sono piuttosto felice e energico in questo periodo ed è per questo che tornare a Varese per consegnare un lavoro e notare la tristezza di questa fermata dell’autobus mi fa sentire la pecora nera allegra tra un gregge depresso. Ognuno si fa i cavoli propri, occhi bassi e tristi, mente pensa a chissà quali problemi, ansie e paranoie. Le voci dei comizi elettorali in piazza arrivano distorte e lontane, sembrano più guaiti da cani affamati e comunque, nessuno qua riuscirebbe ad ascoltarli. Ci sono due ragazze alla mia sinistra, molto carine e giovani, a destra invece ho un impaziente cinquantenne. Dal lato opposto della strada arriva un giovane rampollo della politica italiana, comincia a offrire depliant elettorali e bigliettino, tutti rifiutano, qualcuno nemmeno risponde continuando a fissarsi i piedi e non considerandone l’esistenza.

Anche le due ragazze di fianco a me rifiutano la “mercanzia” del ragazzo.

“I will hold on hope”

Varese. Di nuovo.

Normale vivendoci da 27 anni ma stavolta, nessun elogio a colori o cinema. Oggi parlo di me.
Stato d’animo variabile, come il meteo. Non sereno…in realtà non lo è da un po’, ma anche questo fa parte della vita. Troppo difficile capire le persone, soprattutto quando ti cambiano, insieme agli eventi. Ferite, colpi, carezze, tutto contribuisce.
Di solito amo guardare le persone. Mi interessano e gioco con loro, creando storie, osservando i piccoli gesti del loro muoversi, i tic, gli sguardi. Mi divertivo, una piccola attrazione in quel grosso Luna Park che è la vita, perchè è cosi che la vedevo, fino a poco tempo fa. Un parco divertimenti, in cui non c’è mai nulla da prendere troppo sul serio. Poi però arrivano le persone e gli eventi e il Luna Park chiude, fine dei giochi e ti ritrovi davanti ad un’entrata sbarrata, da solo, cambiato forse per sempre.

Sigh No More: una storia d’amore

I portici sono la rovina di Varese. Migliaia di persone che scorrono, fluiscono e vivono dentro quei confini fatti di negozi e colonne. Asettici come corridoi di ospedale, angusti come recinti di filo spinato.

Se solo la gente vedesse il vero volto di Varese, i tetti, le facciate dei palazzi…

Non vedrebbero lo squallido grigiore che solo immaginano ma i colori pastello, superfici diverse che si intrecciano, ricami, gargoyles di bronzo ossidato, balconi che si lanciano in motivi floreali, mattoni multicolore e alberi…sullo sfondo, lungo i viali, sui tetti stessi. Se fotografassi solo questi particolari, gente che vive in questa città da anni non la riconoscerebbe, perchè ormai non guarda più in alto ma solo per terra, sempre più concentrata sui problemi materiali, sul sopravvivere, sullo stare sotto i portici.

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