L’aria era densa e irrespirabile.

Carica di acqua, dall’odore di fumo. Sapore salmastro.

“Sto per morire?”

Ariel se lo chiedeva continuamente. Intorno, geyser eruttavano vapore e il caldo si faceva sempre più insopportabile. Le rocce, dure, marroni e affilate le tagliavano i piedi, ormai ridotti a grumi rossi.

Vagava in quella desolazione dalla notte prima, scivolata lungo un costone nero e angusto. Svenuta per ore, ferita. Gli alberi erano secchi e morti, l’orizzonte vuoto e quella nebbia di zolfo la circondava.

Sola.

Verde muschio, marrone fango, rosso sangue. Nero morte.

Un bagliore distante, in continuo movimento e che si intravvedeva nella nebbia di fuoco gli diede una nuova direzione da prendere, non una speranza. I suoi pantaloni ridotti in brandelli di stoffa erano umidi e impregnati di quell’aria pesante. Non camminava, si trascinava gemendo.

‘Il sole? No impossibile…forse. Serve a qualcosa andargli incontro? Non c’era nessuno che potesse aiutarla, non avrebbe retto ancora per molto’

Ecco cosa pensava.

Il bagliore si fece più intenso e si fermò, mentre la forza della natura la comprimeva tra i suoi artigli, schiacciandola sempre di più. Forse era una luce. Il fiato era rotto dalle lacrime e dal fumo, dal sapore acre. Rimpiangeva i suoi scarponi, lasciati nella tenda la notte prima, quando era uscita, solo per un attimo, per osservare la natura, con la sua pila. Solo due passi nel buio totale. Due passi fatali.

Ormai non ce la faceva più…si mise in ginocchio sull’ennesima roccia spigolosa e con tutto il fiato urlò

“Ehy….ehy! Sono qui!”

Si sdraiò, in attesa, piangendo. Sentiva passi che si avvicinavano, le rocce che si spostavano con il movimento di un paio di piedi. Forse la natura avrebbe concesso la grazia ad una sua amante? Qualcosa si riacccese nel cuore di Ariel, lo splendore della vita che forse avrebbe continuato a vivere, tratta in salvo da un coraggioso principe azzurro.

Aprì gli occhi e vide una luce che puntava direttamente nei suoi occhi. Un ragazzo teneva una torcia. Aveva il volto scavato, distrutto, bianco. Un braccio era completamente ricoperto di ferite e trascinava la gamba destra, rotta. Tremava dal freddo. Si guardarono negli occhi, entrambi pieni di lacrime per le speranze ormai perse. Consapevoli che quell’incontro era solo un beffardo segno del destino.

Il ragazzo si sdraiò di fianco ad Ariel, ormai distrutta, uno spettro, un guscio vuoto che continuava a recitare ossessivamente “Oh no…oh no…oh no…”

Le mise una mano sulla testa e disse, mentre Ariel singhiozzava.

“Ci sono io ora…per morire insieme a te”