Conservare in un luogo fresco e asciutto

Mese: Settembre 2014

Le parole sono importanti #9

Perché il caseificio non fa le case?

Che anche Stephen…

Cerco di evitare di citare autori e aforismi, internet ne è piena, però oggi mi è capitato su facebook questo brano e cavolo, in certi punti sembra uscito dalla mia bocca. Se la gente legge, o guarda film o si appassiona alle storie è perché è alla ricerca continua di quelle in cui si rispecchia, cerchiamo in ciò che altri hanno creato la conferma di noi stessi e che non siamo soli. Non avrei saputo trovare parole migliori, perché ciò che era sconfinato nella mia testa, diventava misero con le parole… E bravo King!

 

Le cose più importanti sono le più difficili da dire. Sono quelle di cui ci si vergogna, perché le parole le immiseriscono, le parole rimpiccioliscono cose che finché erano nella vostra testa sembravano sconfinate, e le riducono a non più che a grandezza naturale quando vengono portate fuori. Ma è più di questo vero? Le cose più importanti giacciono troppo vicine al punto dov’è sepolto il vostro cuore segreto, come segnali lasciati per ritrovare un tesoro che i vostri nemici sarebbero felicissimi di portare via. E potreste fare rivelazioni che vi costano per poi scoprire che la gente vi guarda strano, senza capire affatto quello che avete detto, senza capire perché vi sembrava tanto importante da piangere quasi mentre lo dicevate.
Questa è la cosa peggiore secondo me, quando il segreto rimane chiuso dentro non per mancanza di uno che lo racconti, ma per mancanza di un orecchio che sappia ascoltare.

(Stephen King- Stagioni diverse)

La verità del silenzio

Le parole sono armi, e sono risorse. C’è chi preferisce usarle in un modo e chi in un altro, probabilmente per come gli viene meglio. Con le parole puoi costruire qualcosa di più forte dell’acciaio oppure lanciarti nell’abisso più profondo e vergognoso che uomo possa sopportare. Le parole possono esprimere la verità o la menzogna, a volte è facile distinguere quali parole nascondono cosa, a volte meno, ma credo che un’indicazione di massima possa essere che la verità si trova dietro la semplicità e la falsità dietro le complicazioni. Perché le cose, tutte, sono semplici. Guardatevi dalle complicazioni, non esistono, sono solo un’ombra lasciata dalle parole, e le ombre sanno essere minacciose. Il silenzio non potrebbe raccontare una bugia, è troppo semplice, non lascia ombre come la verità. Quando le parole cessano e rimane il silenzio, ecco che tutto diventa più semplice, più chiaro, e trova una collazione, quello che è vero e quello che non lo è. Il silenzio è un setaccio che lascia passare solo la verità, le maglie delle parole, al contrario, sono troppo larghe, troppo insidiose, e ci può passare di tutto.

Se volete scoprire dove si trova una verità, provate a restare in silenzio: il silenzio non mente.

250 miglia nautiche

Pensieri, centinaia di pensieri, un’immagine, fissa, lì, concreta, i sampietrini, i monumenti colossali, le piazze, i quartieri. Tutto concentrato lì, perché lì c’era tutto quello che desideravi. Lì, era lì da una vita, da quando te ne importava. Era lì, ma non era veramente lì. E hai guardato sempre dalla parte sbagliata, sempre, e hai pensato sempre nel modo sbagliato, sempre, e hai parlato sempre la lingua sbagliata, sempre, e hai sentito sempre con i sentimenti sbagliati, sempre, e hai ascoltato sempre con le orecchie sbagliate, sempre. Un capriccio, un gioco, uno sbaglio, uno scherzo del destino, e ti sei ritrovato in mare aperto con una bussola rotta a puntare verso una stella che non era lì, che era solo un bagliore, un miraggio.

Leggero

A volte è una botola che si spalanca sotto i piedi, apnea, cuore in gola e smarrimento per un salto nel vuoto che non puoi evitare. Su quella botola c’avevi costruito il tuo traballante futuro perché eri certo che non si sarebbe aperta mai. E in quell’attimo che hai sentito il vuoto ti sei reso conto di quanto sei stato stupido, per tutto il tempo. Conoscevi perfettamente quel rischio ma hai deciso di essere incosciente. Le vite si costruiscono dove il terreno è solido, dove sotto i piedi c’è qualcosa di vero, concreto, non aria.

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Titolo un po’ da nerd, lo ammetto, ma in fondo è roba con cui lavoro, per cui ci sta che ogni tanto riemerga. Con una ricerca su google penso che ne veniate a capo facilmente.
Ci sono alcune persone che una volta che hanno ottenuto quello che vogliono cambiano atteggiamento, da cordiali e disponibili quali erano diventano arroganti e categoriche, senza mostrare più alcun rispetto per chi hanno di fronte. Ma in fondo se ci sono truffatori, assassini e stupratori al mondo, come si fa a credere che non possano esistere persone del genere? Ricattucci e mezzucci per far ricadere le incombenze sull’altro. Nel mio caso moglie e marito erano un tutt’uno prima e un tutt’uno dopo, quando si dice il feeling.

Il buco nero

Il buco nero è una punto nello spazio in cui la forza di attrazione gravitazionale è talmente alta che niente all’interno del suo campo può uscirne, nemmeno la luce. Una sorta di spugna spaziale che trattiene tutto quello che le passa sottomano. Una calamita che raccoglie tutto, senza distinzione. Certe volte mi sento così, anche se distinguo. Una parola, una promessa, una frase, una coltellata, una canzone, un pianoforte, una foto su Pinterest, una battuta di un film, cento battute di film, un angolo di casa, le porte bianche, una mela rossa su una tovaglia verde, un nome, due nomi,”Black” dei Pearl Jam, le scelte, le vongole, i perdoni, i medici, i parchi, il mare, la pioggia e i temporali, il blu, le mani, la calligrafia, una felpa, un’operazione, una culla, un viaggio, un litigio, un perdono, tutto mi piomba addosso e mi ci rimane, non posso scrollarmelo di dosso e non voglio.

La coppa di Pitagora

Nell’isola greca di Sama, intorno al 530 A.C, durante lo scavo di un imponente acquedotto, Pitagora inventò una speciale coppa per abbeverare i lavoratori degli scavi. Riempendo la tazza moderatamente si poteva usare come qualsiasi altra tazza, ma se la si riempiva fino all’orlo, tutto il suo contenuto veniva riversato a terra, punendo l’ingordigia dell’operaio.

Acqua e matematica

Quando faccio la doccia rifletto sull’esistenza. Come tanti di voi, immagino. E mentre sono lì che mi strofino la spugna penso a quanto sia perfetta l’idea dell’acqua calda che esca da un tubo, ti piova addosso e se ne vada da uno scarico. E poi ho pensato alle docce prima di questa epoca, quelle che vedevo nei film, con i secchi in testa dietro il bucato steso, o su grandi vasche riempite dalla servitù. Ho pensato ai bagni, quelli che si vedono ancora in certe case di personaggi famosi, dove c’era una tazza di legno che “scaricava” al piano di sotto, o quelle che si possono vedere ancora in certe case di campagna.

Di questa estate

Di questa estate mi rimane qualche chilo di troppo in pancia.
Di questa estate mi rimane il paio di scarpe nuove per andare a correre, rendono i piedi più leggeri.
Di questa estate mi rimane un’amica ritrovata, e liti vecchie superate e liti nuove ancora da superare.
Di questa estate mi rimangono i discorsi con mia sorella, e poi dicono che sono male io!
Di questa estate mi rimangono le immagini di alcuni miei colleghi in festa, alcuni come in ufficio, altri completamente diversi.
Di questa estate mi rimane il suono delle notifiche del cellulare. Alcune applicazione usano lo stesso e così per vedere chi è devi accendere ogni volta.
Di questa estate mi rimane l’invito per fare il testimone di nozze.
Di questa estate mi rimane casa mia e l’ultimo mese da principino, e di questa estate ovviamente mi rimane il conto in rosso.

Sole alle spalle e nuvole all’orizzonte

Stamattina è stata una mattina insolita. Torno a lavoro dopo tre settimane di ferie e relax, anche se non è tutto andato come mi sarebbe piaciuto.

È da ieri che il tempo è strano qua. Stamattina, intorno alle 7.30, sulla via di casa mi ha accolto un’alba di quelle che si vedono poche volte nell’arco di una vita. Una volta sceso in strada con la macchina, davanti a me un cielo grigio, carico di nuvole minacciose e piene di pioggia, pronte a far venire giù il diluvio per un soffio di vento di troppo. Tutto questo illuminato da un sole limpidissimo e chiaro e lucente alle mie spalle, un sole che fa brillare ogni superficie e si riflette su ogni goccia d’acqua rimasta dall’ultimo temporale. Tutto così nitido e dai bordi così netti, senza un minimo di foschia, come se non ci fosse aria. Avete presente quelle volte in cui l’orizzonte e i colori sono diversi? Non avete chiaro in che modo ma è fuori di dubbio che siano diversi, lo vedete, lo sentite. Quei giorni in qui tutto sembra diverso, visto in un altro modo. E voi lì in mezzo vi sentite del tutto fuori posto, e fate mille pensieri, vicini e lontani, e pensate a cosa assurde, come al vuoto che c’è nel sedile passeggero.

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