["Esordiente" è una brutta parola e gli esordienti sono brutte persone. Per farvi capire quanto sono brutte basta dirvi che partecipano ai concorsi. In questo bisognava continuare un incipit scritto dalla scrittrice e sceneggiatrice Valentina Capecci, che poi era anche la presidente della giuria del concorso. Sono stato pubblicato ma ho mancato la terzina vincitrice. Ha scoperto solo più tardi che sarei diventato il suo preferito 🤓. In blu l'incipit, in nero la mia continuazione. Avevamo a disposizione solo 5000 caratteri, incipit compreso.]

Apro gli occhi. Li tenevo chiusi ma non dormivo. Succede sempre così quando devo affrontare una giornata impegnativa, passo la notte in bianco. Il mio fisico mi rema contro, per farmi partire già stanco e meno lucido del solito, in modo da peggiorare la situazione. Oggi poi sarà determinante e, comunque vada, la mia vita potrebbe cambiare per sempre. Perciò preferirei che tutto filasse liscio.
Mi alzo dal letto. Doccia, barba, capelli con calma. Sono in largo anticipo, gli abiti da indossare li ho già preparati e, salvo ripensamenti dell’ultimo secondo, o la scoperta di una macchia imprevista, o il classico bottone che si stacca ruzzolando dove è impossibile recuperarlo senza smontare l’armadio, mi vestirò in un lampo.
Evito la colazione al bar, per non sporcare i denti. La sequenza giusta è biscotti, caffè e alla fine dentifricio e spazzolino. Il fluoro dopo la caffeina fa schifo, ma devo.
Pare che sono a posto. Lo specchio riflette l’immagine di uno che sa nascondere emozioni e insicurezze. Però lo specchio forse mente. Staremo a vedere.
Vado.

Sareste sorpresi nello scoprire quanti curricula sono completamente inventati. Avete mai conosciuto qualcuno che ha verificato il vostro? Potete essere chiunque sogniate, nel vostro curriculum. Parlare quante lingue volete, vivere dove preferite. Avete abitato a Londra, se vi piace. Studiato in Cina, se credete. Come al prestigiatore basta un secondo dietro la scatola delle magie per cambiarsi d’abito, a voi basta una serata al PC.
Lo specchio nella cabina dell’ascensore dice che sono Diego Pasi, un venditore provetto ossessionato dalla precisione. Sono i dettagli a rendere la storia credibile. Quando l’intervistatore vi chiederà come è stata la vostra esperienza lavorativa – se siete Diego Pasi – prima di rispondere stringerete il nodo della cravatta e aggiusterete i capelli dietro l’orecchio. È passando la notte in bianco, saltando la colazione al bar, preoccupandovi di un bottone saltato, che sarete la persona che dite di essere.
La settimana scorsa mi sono svegliato come Paolo Martino, un ricercatore chimico che aveva appena mollato la Angelini. A proposito, se nel vostro curriculum avete intenzione di inserite delle pubblicazioni assicuratevi che compaiano su Google, fate girare i link sulle pagine di settore, create falsi account che le rilanciano. Nessuno le leggerà veramente.
Come Paolo Martino ho dormito fin oltre la sveglia e sono arrivato al colloquio con dieci minuti di ritardo in camicia bianca, jeans, e alito al caffè. Come Paolo Martino ho trovato degli ottimi selezionatori.
Ma oggi sono Diego Pasi, per cui sono di fronte allo specchio che cerco di nascondere emozioni e insicurezze.

Sareste sorpresi nello scoprire quanti addetti alle risorse umane non hanno la più pallida idea di quello che fanno. La loro formazione si basa su estratti di libri di coaching, self awareness, e cliché di film americani.
La prima cosa che il vostro intervistatore vi chiederà è se gradite un caffè o qualcos’altro. È in questo modo che comincerà la sua analisi. Se lo volete significa che avete la fermezza (o l’incoscienza) di scomodare persone che dovreste compiacere, se lo rifiutate significa che non volete lasciare traccia dietro di voi. Se chiedete un caffè vi sarete limitati ad accettare l’alternativa suggerita. Se prendete un succo d’ananas, invece, state facendo una richiesta. Se siete Diego Pasi direte no grazie.
Avrete un tono altalenante. Alzerete la voce dopo le prime sussurrate parole. Sarete per tutto il tempo una persona che sta cercando di regolare il proprio battito cardiaco.

Il vostro intervistatore facendo dondolare la penna tra indice e medio dirà «Dove si vede tra tre anni?». Lasciando delle picchiettate di penna blu sul foglio bianco dirà «Quali sono i suoi punti di forza?». Dondolandosi sullo schienale ergonomico dirà «Per quale motivo ha lasciato la precedente mansione?». Se siete Diego Pasi avrete qualcosa di opportuno da dire, qualcosa di affabile, anche se non esiste nessuna mansione precedente. Se siete Diego Pasi, ad esempio, non vi siete trovati bene con la visione del management. Come Paolo Martino sareste stati più arroganti, avreste cercato altri finanziamenti, ma Paolo Martino lo siete stati la settimana scorsa.

A questo punto l’intervistatore spingerà verso di voi una fotocopia in cui ci sono le schede di sette animali disposti su due righe. Dopo avervi lasciato il tempo di leggere dirà: «Quale animale la rappresenta?» Se siete Diego Pasi direte che siete il maiale, descritto come gran lavoratore al servizio del progetto.
Se siete la persona che c’è dietro Diego Pasi, saprete anche che di fronte a voi avete un gabbiano che garrisce in cerca di attenzione, infischiandosene sia dell’azienda sia del personale.

Se siete Diego Pasi, dopo aver salutato con evidente imbarazzo l’intervistatore, raggiungerete spediti la segreteria per riscuoterete la parcella intestata a un altro nome, anticipando alla direzione di cambiare selezionatori intanto che preparate una relazione completa.