Conservare in un luogo fresco e asciutto

Categoria: Pillole Pagina 1 di 9

Autunno

La parola autunno mi fa piangere. E penso che per piangere sulla parola autunno bisogna vivere in autunno. Ma non nel senso di essere ad autunno, ma di essere autunno. Bisogna ritrovarsi in autunno da autunno, per piangere l’autunno. Che se uno arriva in autunno quando si sente primavera o estate mica succede nulla. E immagino che se ci arrivi che sei già inverno, al massimo l’autunno lo puoi rimpiangere. Bisogna essere allineati dentro e fuori, due diapason sulla stesse frequenza. Bisogna risuonare con l’autunno per sentire certe cose.

Per capire che in autunno, se sei in una città di mare, i vestiti conviene stenderli dentro invece che fuori. Che le strade si spopolano, diventano grigie, e pure il sole diventa grigio, anche se fa tempo bello. Grigie sono le ombre, grigie sono le onde. Agitate, irrequiete, spietate. Si mangiano ogni cosa e risputano legna morta. Buona nemmeno per il camino di casa, che un po’ di luce invece la fa ancora.

Traguardi

In queste settimane siamo fuori con la promozione di “Marche d’Autore Vol. 4 – I traguardi”, un libro piuttosto incredibile perché raccoglie un numero spropositato di racconti (più di cento tra racconti e poesie) scritti da altrettanti autori.

Eravamo nella piazzetta di Castelbellino, che se si chiama Belvedere ce n’è motivo, e a turno presentavamo la nostra storia dedicata a uno dei tanti talenti marchigiani che per un motivo o l’altro meritavano di essere raccontati nelle pagine. Dai più famosi che conoscete tutti a quelli noti a livello locale, e che in ogni caso si sono distinti per cuore e risultati. Gente che quando la incontri ti viene voglia di parlare di loro. Gente in grado di ispirare altra gente, che poi forse è questa la cosa più importante dello sport e di qualsiasi altra forma di competizione. Così come di ogni forma di arte, tant’è vero che quando un artista non riesce più a creare si dice che gli manca l’ispirazione.

100 volte tanti

Ho spostato il materasso sul pavimento perché quella rete ha qualcosa che non va. Una conca. Mi hanno consigliato di metterci una tavola di legno sopra, per sistemare la cosa ma io ho risposto che ricompro tutto…rete, letto, materasso ed un quad che è tutto il giorno che ci penso al comprarmi un quad. Ed un gommone.

23.33, girato di 90° rispetto all’orientamento standard e forse è per questo che non dormo, il soffitto non l’avevo mai fissato girato cosi. Una novità che non mi piace, che il cervello quando qualcosa non torna comincia a mandarti strani segnali, comincia a dirti che è sbagliato, che qualcosa non va.

“Stai zitto, Cristo”

Il mio soffitto.

“Dovrei essere al castello a sentire i Guano Padano ed invece sono qui” penso, sotto il mio soffitto, che mi son fatto convincere che non è mica vero che i contagi sono 11 ma almeno 100 volte tanti a Chiaramonti ed è quasi sicuro che mi prenda qualcosa se ci vado.

“Se non è sicuro è quasi. 100 volte tanti. Non sono 11” e il cervello subito ti dice che andare è sbagliato, che qualcosa non va, che è meglio il soffitto.

“Non ha senso…ci sarei comunque tornato sotto il soffitto…dopo il concerto”

“100 volte tanti”

La luce del telefono al buio quasi totale è 100 volte tanto più fastidiosa che di giorno ed è chiaro che sia sbagliato, che qualcosa non va, ma son troppo pigro per cercare di fare acrobazie per abbassarla, temo mi precipiti in faccia, che clicchi mi piace sbagliati con il naso, che mi iscriva a gruppi filo-nazisti con una guancia e che mi vengano a prendere domani che dovrei installare le luci del giardino per farmi delle domande tipo se ho parenti tedeschi o se ascolto Wagner mentre corro. Sarebbe spiacevole. In prigione ci sarebbe un nuovo soffitto e al cervello questo non piace.

Tra lo scorrere infinito dello schermo, vedo che c’è un mio amico in vacanza con una ragazza con cui ci provai un sacco di tempo fa e chissà se lui lo sa del perché poi entrambi decidemmo di non sapere più nulla l’uno dell’altra. Chissà se lui lo sa che noi sappiamo. Vedo poi, che tutti quanti mettiamo storie molto simili con mari azzurri cieli tersi roba buona da mangiare e culi ammollo, che sembrano davvero tutte uguali perché è quello che sotto sotto vogliamo, essere uguali agli altri che si fanno il bagno in acque cristalline, perché quelli diversi in realtà capiscono di essere felici da soli o con qualcuno quando di storie proprio non ne mettono perché non ne hanno proprio il bisogno. A volte ci riesco, ma poi decido di essere nuovamente infelice perché siamo un po’ fatti cosi, la felicità ci sembra sbagliata, qualcosa non va da felici, che è meglio il soffitto.

“100 volte tanti”

Foto di coppie. Foto di ragazze scattate da fidanzati sempre invisibili. Foto di feste. Foto di aperitivi. Strana cosa i rapporti umani. Tipo con chi di colpo incontri che poi, di colpo sembra che tu li conosca da sempre finché di colpo son di nuovo estranei, anche se al cervello nemmeno questo convince del tutto. Oggi, non mi veniva la parola ‘idraulico’ e poi ‘pianista’ ed ero li che fissavo il vuoto vomitando un “ehmmmmm” di incertezza e scanning della corteccia. Poi mi sono accorto di non ricordare più quanto facesse 6×7 e quindi sono dovuto partire da un po’ più in basso per poi aggiungere numeri per arrivare ad una cifra più o meno coerente con il risultato esatto.

E in tutto questo avere un cervello sbagliato, un cervello che ha qualcosa che non va, mi sembra incredibile che riesca a ricordarmi ogni tuo discorso, ogni tua risata, ogni tuo capriccio.

“100 volte tanti”

Cavie

Dopo Invisible Monster è stato il turno di Cavie. E’ un libro difficile, crudo, denso di dettagli apparentemente insignificanti. Sulle prime ho fatto anche fatica ad afferrare lo schema narrativo usato.
Il sottotitolo è “Un romanzo di storie”, e sono proprio queste storie a dare corpo alla linea narrativa principale, la quale, senza questi racconti dedicati ai protagonisti, sarebbe molto più snella e probabilmente meno avvincente.
Quello che è certo è che dall’inizio alla fine Palahniuk colpisce duro, imbastisce scene raccapriccianti e scandalose. Se siete debolucci di stomaco potrebbe bastare già il primo racconto a farvi decidere di non andare avanti. Oltre è peggio.
Ho trovato questo articolo https://www.sololibri.net/Cavie-Chuck-Palahniuk.html che secondo me fa un’analisi molto azzeccata del romanzo, quello che aggiungo io è una riflessione sul modo di scrivere dell’oramai mio eroe Chuck.
Oltre al suo stile di scrittura che adoro, spoglio di fronzoli ma ricco di senso, oltre alla costruzione impeccabile del ritmo e della storia, della circolarità con cui vede e tratta ogni cosa, dalla frase, al racconto, all’arco narrativo, un’altra caratteristica fondamentale che ho individuato è la sua estraneità alla storia. I suoi personaggi sono una telecamera con cui inquadra il teatro che ha imbastito, e come l’obiettivo di una telecamera, l’autore non esprime nessun giudizio. I suoi protagonisti narranti non agiscono di propria iniziativa, ma reagiscono a una storia portata avanti da qualcun altro: ne vengono travolti, e la raccontano con un distacco tale per cui è possibile se non condividere, almeno accettare ogni cosa.
In Cavie il protagonista non è nemmeno un individuo, sappiamo che esiste, che sta nel gruppo, ma è per mezzo del gruppo che racconta la vicenda. Nessuno gli rivolge la parola, e non ne pronuncia nemmeno una. Qualsiasi cosa abbia da dire, la dice perché la sta vivendo insieme agli altri, anzi, perché la stanno vivendo gli altri: “La prima settimana abbiamo mangiato filetto alla Wellington, intanto che Miss America si inginocchiava accanto alla maniglia […] Abbiamo mangiato branzino striato mentre Miss Starnuto ingoiava pillole […] Abbiamo mangiato tacchino Tetrazzini mentre Lady Barbona giocherellava col suo anello.”
Sono gli altri a vivere la storia e a mandarla avanti. Il nostro protagonista non fa nulla, non pensa nulla, e quindi non esprime nulla. E’ anche l’unico senza un nome, l’unico senza un racconto, l’unico che non viene presentato durante il viaggio all’ingresso della villa. Tutti sono arrivati con un bagaglio e qualcosa di irrinunciabile. Tutti tranne il nostro protagonista.
È in questo modo, svuotato da ogni caratteristica che Chuck può raccontare la storia senza caricarla del suo giudizio morale. Lui, semplicemente, sta a guardare lo schifo e la miseria che mette in scena il mondo. E’ una specie di documentarista che ci spiega senza emozione in che modo il leone caccia la gazzella. L’unico mezzo che abbiamo noi per estrapolare la sua visione, è analizzando i soggetti su cui sceglie di puntare l’obiettivo. E’ tramite loro che costruisce la sua narrazione e la sua critica al sistema occidentale (quando va bene, quando va peggio all’uomo in sé).

Invisible Monsters

Come dicevo nel post precedente, sono stato fulminato l’anno scorso dalla scrittura di Palahniuk. Dei sei letti solo uno non mi è sembrato all’altezza (Beautiful You). Pescate uno a caso tra i primi libri pubblicati e cadrete bene. Chuck Palahniuk è stato Palahniuk da subito, i suoi elementi ci sono stati da sempre, le sue ossessioni, i suoi schemi. Prendete un libro a caso e troverete un perfetto manuale di scrittura. Puoi leggere come si scrivono i dialoghi, come si muovono i personaggi tra le pagine, come si intreccia una storia, come la narrazione può essere ribaltata di continuo senza perdere equilibrio. Basta un libro a caso per capire come può essere circolare un romanzo, una frase, una situazione. Prendetene uno a caso e imparate come una formula può essere reiterata per tutta la durata del racconto, diventando importante quanto la storia stessa. In Invisible Monsters sono i Flash, in Soffocare sono le parole imprecise ma che vengono subito in mente, in Survivor sono i suggerimenti sulla gestione della casa.

La prima regola del lockdown è non parlare del lockdown

Se avete visto centinaia di film ad un certo punto avrete cominciato ad acquisire informazioni sulle storie, sul linguaggio cinematografico, sui ritmi narrativi, senza neanche farci caso. Sapete che negli horror e nei thriller la minaccia non viene mai mostrata subito, che la vedrete per intero solo a metà film. Sapete che la prima scena di un film di azione non riguarda la trama principale, ma è qualcosa che la precede, che serve a stabilire il perimetro di gioco, e così via.

Alcune tecniche, certe strutture, le ho apprese naturalmente a forza di guardare film su film, tutte le altre mi sono arrivate grazie ai corsi di scrittura che ho frequentato in questi anni. La magia, però, funziona bene quando non si conosce il trucco. E io ho perso la mia parte di innocenza già da ragazzino, quando seguendo uno dei tanti speciali sul cinema ho scoperto che i film non sono girati in sequenza. Vi sembrerà una cosa stupida, ma cercate nei ricordi del bambino che eravate. Ora, quando leggo un libro, quando vedo un film, lo schema narrativo mi si rivela come il codice di Matrix davanti agli occhi di Neo. Fortunatamente la narrazione non è proprio come la magia, e così anche se conosci il trucco riesci a godertela lo stesso, certe volte anche di più. Fermo restando che il mondo è pieno di storie imprevedibile e fuori schema.

Durante il lockdown mi sono iscritto a un gruppo Facebook dedicato ai libri, e così ho cominciato a condividere con altri lettori alcune cose che stavo leggendo e che mi erano piaciute. La molla è scattata con la scoperta di Soffocare, un libro di cui avevo già sentito parlare, dell’autore di Fight Club che avevo già letto. Non so se è mi arrivato nel momento giusto, ma so che mi è esploso in testa come un tubo di coriandoli. Chuck Palahniuk è diventato uno dei miei scrittori preferiti e non vedevo l’ora di condividere questa passione con tutti. Di Soffocare purtroppo non ho scritto nulla, probabilmente perché ancora stavo rimuginando sulla sua tecnica, sul suo stile, ma con quelli dopo mi sono fatto un’idea bella chiara, che non varrebbe la pena di essere letta se non fosse che parla di Chuck.

La prossima volta parliamo di Invisible Monsters, riguardo a Soffocare è sufficiente dire che dovete leggerlo! 🙂

E adesso qualcosa di completamente diverso

Gli assassini tornano sempre sul luogo del delitto. Non lo so se è vero, ma certe finzioni cinematografiche e letterarie diventano esperienza comune e viene presa per buona. Ogni tanto nei film ci sono cose poco plausibili, reggersi a un cornice con due mani ad esempio, o impugnare certe pistole con una solo, errori grossolani che passano inosservati perché non ne sappiamo nulla. Quanto pesa una pistola automatica?

Quindi se sento ripetermi che l’assassino torna sempre sul luogo del delitto va bene, mi avete convinto, ci credo. Non so nulla di assassini e i miei delitti avvengono tutti con il frigo aperto. Tutto questo per dire “eccomi di nuovo qua”. Ogni tanto torno sul luogo del crimine, senza apparente motivo, solo per provare quello che ho provato la prima volta. Chissà cosa direbbe un profiler di me.

Anche che, pure, perché

Facciamo perché, poniamo pure, crediamo anche che io abbia sempre avuto torto nella vita. Ogni singola scelta creatrice di universi alternativi sbagliata…dal lancio di una moneta al giocattolo LEGO comprato, da un bacio non dato alla drammatica scelta tra un bagnoschiuma Felce Azzurra Cool Blue Uomo o al Narciso. Sarei dove sono adesso? Sai cosa, mi sento statico…un po’ come quei grossi e stupidi pianeti del nostro sistema solare e non perché sono sovrappeso e pieno di gas no…è che mi muovo ma non si nota un granché, mi son girato dappertutto eppure mi ritrovo nello stesso punto…mi segui?

Si..continua.

Al basso, Giannelli!

Giannelli non era un gran bassista, ma conosceva i locali giusti e soprattutto aveva un furgone. Raccontava che glielo aveva regalato Piero Pelù, tipo che lui una volta era andato a un suo concerto e lo aveva aspettato nel backstage per farsi fare un autografo. Lo aveva seguito fino al T1 che non aveva assolutamente voglia di ripartire. Nella sua storia, Pelù gli aveva lasciato le chiavi dicendogli che se riusciva a metterlo in moto per riportarlo in albergo se lo poteva tenere.

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Salma alla batteria!

L’appartamento di Salma era pieno di sorprese. Come si può conoscere l’età di un albero contando i cerchi nella sezione del tronco, così si potevano conoscere le epoche di Salma in base alle sue passioni, passioni che prima o poi finivano buttate in qualche stanza che, accumula oggi, accumula domani, diventava uno sgabuzzino inaccessibile.
[continua]

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Alla chitarra (e poi al gesso), Sentenza!

Dietro, a far compagnia a Scheggia, Carlo Fibonacci, alias Sentenza. Era stato proprio Scheggia a ribattezzarlo. Stavano vedendo Il buono, il brutto, il cattivo, e all’epoca Carlo diceva la sua su tutto e voleva sempre l’ultima parola. All’ennesima battuta, gli aveva appioppato quel nomignolo e gli era rimasto addosso… https://www.facebook.com/tuttetrannelei/

Vi presento le Interferenze Mentali

Ci siamo quasi!
Il soundcheck non è ancora finito, ma lo spettacolo sta per cominciare. Stanno per salire sul palco le Interferenze Mentali al completo: Scheggia, Sentenza, Salma, Giannelli, e la nuova arrivata Giovanna! Vi consiglio di non perdervi il concerto, ci sarà da divertirsi.
Potete ingannare l’attesa conoscendoli uno ad uno.

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Sono andato a letto presto

Sarebbe questa la risposta perfetta alla domanda “Ehi Moment, cosa hai fatto tutto questo tempo?”.

È un po’ che non ci si legge, ma nonostante MaldiTesto sia rimasto fermo per un bel periodo, l’impegno non si è ancora esaurito. In questi mesi infatti ho avuto modo di partecipare a molti eventi, corsi di formazione e confronti, tanto che adesso so fare una pizza che levatevi.

Torno con un po’ di consapovezza in più e una bella notizia. È prevista per giugno la pubblicazione del mio primo romanzo. Salvo ritardi passeremo l’estate insieme e in compagnia di nuovi amici. Ricordate l’ombrellone, però, che Moment non è indicato per le insolazioni.

Ci vediamo presto in libreria!

Lei

Era appoggiata al bancone del bar che avevo scelto come punto di ritrovo con il solito amico. Col suo solito ritardo. La vedo dal tavolo sul quale stavo sorseggiando un calice di prosecco. Sembra lei ma non ne sono sicuro, in fondo non l’ho mai vista così elegante. Deve aver sentito i miei occhi addosso visto che si gira e mi sorprende mentre la fisso insistentemente.
Abbozzo un sorriso e salvo il salvabile: “Sei la maratoneta giusto?”
“Come scusa?” risponde lei come se stessi parlando un’altra lingua.
“Sì dai, la ragazza che corre sul lungomare.”
“Ah sì…mi ricordo di te…”
“Finalmente tutti e due fermi…Ti prego, siediti, sto aspettando una persona, ma intanto potresti bere qualcosa con me” le faccio mentre mi alzo con la stessa galanteria che i nobili usavano con le dame.
Prova a rifiutare, ma forse per evitare altri imbarazzi demorde quasi subito.
“Solo 5 minuti, però.”

Do i wanna know?

Una macchina che è come me, segnata fuori e dentro…disordinata e caotica…le spie di mille pensieri che si accendono tipo albero di natale…che corre troppo con pneumatici vecchi e usurati, fa rumori a cui non bado, lancia segnali di convergenza da rifare come il mio cervello.

“I’ve dreamt about you nearly every night this week
How many secrets can you keep?
Cause there’s this tune I found
That makes me think of you somehow…”

Repeat. Che le canzoni le spolpo finchè non cado dalla stanchezza…e in macchina i vetri tremano dal volume e le orecchie si intasano di riff spaccatimpano. Mangio vita come la mia macchina mangia olio, un chilo in 2000 chilometri, “dovresti cambiarlo questo rottame” mi dicono ma “No è come me” rispondo…ha tanto da dare e tante strade da percorrere di corsa…come me…con quel cambio quasi distrutto…i freni che fischiano, ogni giorno trovo un pezzo in meno tra i graffi e strisciate che quasi sembra un guerriero. Come me.

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