Conservare in un luogo fresco e asciutto

Categoria: Deliri estemporanei Pagina 3 di 9

Fisarmonica

Una pallina da ping-pong. Il moto del pendolo. Una piuma trasportata dal vento. Il batacchio inerme della campana. L’ago fuori controllo di un sismografo. Il rollio di una moneta caduta a terra. Il tergicristallo sotto un’acquazzone. L’intermittenza del neon del garage. Una fisarmonica. Il mio umore.

Pillola del 27° giorno – La spirale della bellezza

Devo comprare un nuovo tagliacapeli, perchè cosi non va. Dura tagliarseli da solo quando scegli lo stile rasato perchè sei un brutto pelato. Non sono nemmeno cosi furbo da aver comprato specchietti che mi aiutino a capire dove ho lasciato aiuole di capelli troppo alte, in quei posti inaccessibili causa gradi di libertà della mano che prima o poi finiscono per evidenti limiti dell’homo sapiens sapiens. Forse, l’homo sapiens sapiens sapiens, che sarà calvo essendo la naturale evoluzione della specie, avrà un polso snodato per raggiungere qualsiasi posto del cranio anche con un rasoio Elettrozeta degli anni ’40.

Devo comprare un nuovo tagliacapeli, per entrare nel circolo di quelli che credono sia importante aver un bell’aspetto. Io dico di no, che non sono cosi, ma alla fine ci casco in quella spirale. Compro vestiti, scarpe, accessori, occhiali; osservo con invidia perfetti manichini indossare improbabili combinazioni che messe su di me sembrerebbero la copertura per la notte di un barbone che dorme in piedi. Guardo con attenzione foto di giovani con strani cappotti alla moda che alla fine ti chiedi se esistono davvero dei cappotti cosi oppure è l’alta moda che è solo un infido trucco, una serie di messaggi subliminali psichici dati da forme e colori assurdi e che servono a renderti schiavo del governo. Cadendo in quel vortice, invece di lasciarmi crescere i capelli e barba e assomigliare a Rasputin, mi rado e medito di comprare un nuovo tagliacapelli, snodato e con lamette in ceramica, autolubrificante e lavabile in acqua. Questo solo per sembrare una persona migliore anche fuori.

Poi, come tutti quelli che aspirano ad essere più belli, sotto la nefasta luce del bagno noto microrughe che lentamente si diffondono, pelle non più cosi tonica, crepe e fessure molto lontane dagli affascinanti volti attempati di un cinquantenne alla Robert Downey Jr. E ne ho solo trenta.

C’è soprattutto quell’odioso segno in mezzo alla fronte, dove un tempo c’era l’attaccatura dei capelli. Ora, quando sgrano gli occhi, si forma una “V”.

Una beffarda ruga a “V”.

Segno che il tempo sta vincendo.

Le parole sono importanti #6

Oggi sto da Dio. Aveva una stanza libera.

Martini

La testa un po’ appesantita dall’alcool distoglie l’attenzione dalla strada che stai percorrendo e la concentra su pensieri vicini e lontani. Ci sono persone che ti lasciano qualcosa e di cui ti rimane qualcosa: e non è la stessa cosa. Torni da un aperitivo dove ti hanno servito delle semplici bruschette in una maniera spettacolare e non sai se apprezzare la coreografia o disprezzare le sette fette di pane che ti sei fatto per antipasto. Il tutto accompagnato da un bicchiere di Martini, perché di certe persone ti rimane qualcosa, e a  me di lei è rimasto il Martini. Non lo avevo mai provato prima e tutte le volte che ne riasseggerò sarà un po’ come una liturgia dove mi prendo tutto il tempo del drink per ricordarla, come se già non lo facessi abbastanza.. Mi sento molto James Bond.

Viva le donne

In occasione di una festa che spesso e a ragione viene definita retorica permettete un po’ di retorica anche a me, che oggi mi gira così: prendetela come una specie di ringraziamento per tutti i momenti belli e brutti passati con, o a causa delle donne, che senza di loro la vita sarebbe certamente più tranquilla.
Perché la donna è così, è un controsenso. Ci sarà pure un motivo se ci hanno fatto il sesso opposto.

NOFX

Mi accorgo di non aver mai ascoltato i NOFX, e mi sento in colpa.

Ai tempi della scuola c’erano centinaia di “NOFX” scritti in pennarello indelebile su cartelle, astucci e pelli umane e il mio vicino di banco aveva anche il borsellino. Bellissimo.

Io ero ignorante, pensavo fosse un marchio. Io sono ignorante.

Ero talmente ignorante sulla musica che nemmeno ricordo cosa ascoltassi. Le sigle dei cartoni animati il pomeriggio forse, bho. Così ignorante che ancora oggi degli NOFX non so il genere, o in che anni suonassero. Tutto nebbioso, è un “ai tempi della scuola” che potrebbe essere quandunque, che è una parola che non esiste ma rende l’idea.

Ricordo solo quei graffiti su ogni superfice immaginabile.

NOFX

Figo.

Uranide

Io non vorrei che pensaste che la mia idea sia un tantino presuntuosa ma le cosa stanno come stanno. Lo so che il tizio che ha inventato tutto questo ne sapeva abbastanza e pensare di saperla più lunga di lui manifesta evidenti segni di squilibrio e supponenza, però qua i conti non tornano e qualcuno lo deve dire. Sarà che noi mortali siamo fatti di carne, ossa, muscoli e talvolta anche di cervello ma un solo giorno di riposo non ci basta: è chiaro, è palese, è pacifico. A sua immagine e somiglianza ci creò. Allora com’è che per produrre o ottenere qualcosa dobbiamo muovere il culo e non un dito? Se il lavoro nobilita l’uomo il riposo lo riabilita.

Danzando nel buio

“Per evitare più gravi conseguenze mi fermo qui.”

Volevo usarla come finale in un pezzo, una piccola sfida che mi ero auto-proposto ma alla fine, la sto utilizzando come inizio perché scrivere diventa sempre più difficile. D’altronde tutto quello che finisce per ‘ivere’ sta diventando difficile, come vivere oppure…

…non me ne vengono in mente altri.

Do un’occhiata al cellulare, dove di solito scrivo idee geniali che poi lascio li a marcire, per trovare uno spunto, magari. Leggo l’ultimo appunto…

Bianco notte

Succede molto di rado ma a volte succede. Talvolta può capitare che non riesca ad addormentarmi e finisce che passo l’intera notte a dannarmi l’anima provandoci. Di solito capita quando sto male, fisicamente intendo, e anche oggi credo dipenda da questo anche se mi pare assurdo che un mal di gola mi tenga sveglio in questa maniera, considerando tra l’altro che anche ieri avevo lo stesso fastidio e ho dormito senza problemi. Quando non dormo sono due le cose che succedono, della prima ve ne ho parlato un paio di righe fa, la seconda invece è che la testa mi si affolla di pensieri, per la maggior parte inutili e incompiuti.

Vivo confinato in un universo che a ben vedere si riduce alla mia scatola cranica.

In questo momento di assoluto far nulla a lavoro, propizio direi, me la misuro più o meno con un metro facilitato dalla più o meno assenza di capelli e il risultato è un più o meno 24 x 24 x 17 che se lo moltiplico esce 10368, un numero come tanti anzi, come infiniti.

A pensarci bene l’infinito è un concetto strano che se voglio star male masochisticamente, comincio a immaginare di andare oltre un confine e ipotizzarne l’aspetto, la sensazione di un qualcosa che non finisce. Non ce la faccio, arrivo sempre in un punto in cui il bianco finisce e inizia il nero, un ulteriore sforzo e quel bianco si riversa nel nero come latte nella cioccolata fondente, un’onda, uno scalciante cavallo pazzo liquido ma prima o poi arrivo sempre ad un limite oltre cui il pensiero non riesce proprio ad andare.

A che serve l’infinito…a nulla credo, quindi forse è anche logico pensare che da qualche parte ci sia una staccionata, un cartello “torna indietro”, un segnale che ti indichi “strada interrotta”.

Ma se ci arrivassi e vedessi oltre, cosa vedrei?

Se non posso immaginare l’infinito è ancora peggio pensare al nulla e magari alla fine risulta che infinito e nulla sono equivalenti.

Se mi immagino il nulla lo vedo bianco. Quindi penso all’infinito che è finito come nero. A questo punto, dove finisce il finito infinito nero inizia l’infinito bianco nulla, a meno che anche il nulla non finisca e ci sia solo una cosa trasparente o di un colore che non esiste dove anche te se ci entri non esisti. Una specie di “più nulla”.

Ragioniamo per spazi chiusi ecco la verità; cubi tridimensionali, sfere mentre invece, forse, l’universo è una figura geometrica nuova, una specie di riccio senza lati esterni ma infinite linee che si propagano in direzioni diverse, in cui l’interno in realtà è l’esterno, un universo-riccio con dentro un mare bianco con almeno 10368 linee nere, che partono dritte e dopo 10368 miliardi di chilometri cominciano a rilassarsi, curve e sinuose da seguire per sempre, infinite per davvero.

Non dovrei lamentarmi delle cose che non cambiano se i momenti di riflessione li spreco cosi.

Le parole sono importanti #5

Che se tra i vari strumenti di Excel leggete “Riempi le celle vuote”, beh, non è come pensate voi.

Non riciclabile

Che cazzo scrivo?

Guarda che avere voglia di scrivere non sempre è sintomo di avere qualcosa da mettere su carta, altrimenti sarei già un romanziere e la realtà dei fatti non sarebbero tre storielle accennate in due pagine, senza inizio, fine e personaggi. Dovrei pubblicare un libro con le prime venti pagine scritte da me e le restanti bianche, completamente vuote, cosi le riempono gli altri, che magari non hanno il mio sonno, la mia non voglia di lavorare, i miei puntini di sospensione nel cervello.

Dopo il fulmine…

Senti una canzone alla radio mentre stai comprando un maglione grigio-topo invernale sottocosto nel solito negozio. L’inizio è fantastico con un riff ipnotico, giusto tre note e la batteria, quasi dolce, in attesa dell’esplosione, del crescendo che ti aspetti. Che non arriva. Il resto non funziona, non è la voce ma è qualcosa nella melodia che non ti convince, non ti piace, tradisce. Era solo l’aspettativa che avevi alla fine, nella tua mente suonava diversa, ti faceva sentire bene, pieno di entusiasmo per aver trovato un’altra canzone importante nella tua vita ed invece ti ritrovi a maledire te stesso per non saper nemmeno tenere in mano una chitarra, perché con quella intro ci avresti fatto un capolavoro, artefice della propria colonna sonora. Le mie storie di amore sono come queste canzoni, al ‘ritornello’ non ci arrivo mai e non importa quanto brillante, dolce, affettuoso io possa essere. Tutte, prima o poi, scoprono la mia parte lontana e malinconica. Credono sia colpa loro ma è solo mia e da codardo le lascio nelle loro convinzioni perché mi fa comodo non pensarci, mentendo. Sono strano, non ho nemmeno le scarpe per camminare su una strada terrestre e voglio la luna e non parlo di successo ma soltanto ‘vedere’ e ‘sapere’ cose che nessuno conosce per poi vivere per sempre visto che la morte e la vecchiaia mi terrorizzano. Forse è per queste che le mie donne devono essere sempre più giovani e belle mentre io divento sempre più vecchio e brutto e con il tempo, ed è inevitabile, le scopro inadatte a seguirmi nei miei mondi di fantasia e sogni troppo astratti per poterli spiegare. Quindi mi allontano, per non essere obbligato a diventare concreto e impegnato, per essere solo ma libero, perché chi mi segue deve rispettare i silenzi che mi servono, percepire il mio caos tollerandolo. Starmi vicino, ma alla dovuta distanza. Insostenibile, ingiusto, egoista. Insostenibilmente ed egoisticamente ingiusto, ed è inevitabile che ci si lasci anzi, che mi lascino con io che soffro per mesi, continuando a non capire cosa voglio, cosa sbaglio o meglio, cosa davvero mi serve.

Sembra un pensiero eccessivamente lungo, grammaticalmente scorretto ma che si riassume nella parola ‘insoddisfazione’. Non cronica, temporanea. Non pessimista, ma temporanea.

“Unavoltaemezza”

Ennesima mattina di lavoro che tristemente non è ancora abbastanza, prendo le chiavi da sopra il pianoforte antico che uso come armadio, dispenser, portagioie e migliore amico e la prima riflessione profonda che le mie sinapsi costruiscono è sull’incredibile capacità di quei pezzi di metallo di incastrarsi dentro anelli e portachiavi oltre che ancorarsi con invisibili ganci e punte a centrini ricamati vecchi di un secolo. Utilizzo la sacra tecnica del moto ondulatorio sbrogliatore, in pratica ‘agitare violentemente tenendo il mazzo per la chiave che ti serve’, scuotere con forza estrema, digrignando anche i denti se necessario, finché non si sente il tintinnio stile ‘mille grilli che rompono i coglioni a mezzanotte d’estate in aperta campagna’. A quel punto, con la mano ferita, perché è inevitabile, posso anche chiudere la porta.

Ma certe abitudini sbagliate non spariscono mai, come infilare le chiavi in tasca istintivamente.

Hulk

Mi guardo allo specchio del cesso e sono verde. Di solito quel vecchio cimelio è benevolo con me, ma non oggi, anch’io sono un cesso, ogni giorno che passo senza radermi capelli e barba sembro un anno più vecchio, e oggi ne dimostro almeno settanta. La cosa nemmeno mi da fastidio, e considerando che spesso mi faccio più problemi di una donna direi che è preoccupante. Ho un pile blu addosso, marchia sconosciuta, recuperato nel cassetto delle cose brutte e vecchie, di quando pesavo 30 chili in più. Mi sta enorme, troppi spazi, troppa aria che entra, troppi errori, ripensamenti, scelte sbagliate. Il “Sbagliando si impara” con me non ha mai funzionato; io sbagliando, sbaglio e basta.

Mi ha chiamato un amico prima, ho capito solo che mi passava a prendere ma nemmeno ricordo l’ora, chi cazzo ha voglia di stare ad ascoltare e mica perché son stronzo, ma proprio non ci riesco. Dico solo “si si” sperando che la risposta sia sempre giusta, usando un tono di voce che non sembri distante quanto Plutone.

Se ne accorgono?

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