Conservare in un luogo fresco e asciutto

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C’era una volta a New York

Il giorno che ti svegli con le ossa rotte e i denti spaccati la prima cosa che ti domandi è quale degli stronzi che ti hanno ridotto in quel modo ucciderai per primo. La seconda è in che modo.

Mi chiamo Jimi Lion, negli ultimi quattro anni della mia vita sono andato a letto col sole e mi sono svegliato al tramonto. Quando le luci si abbassano e la città si addormenta le strade si riempiono di topi. Spacciatori, puttanieri, borseggiatori e stupratori. All’ombra della luna diventa pericoloso comprarsi anche un cazzo di hotdog. L’ultimo mi è costato un dito, un distintivo, e un cadavere a saldo. Con quel maledetto hotdog ho smesso di essere un poliziotto e ho cominciato ad essere un assassino. Se ci ripenso ricordo ancora adesso il sapore della senape mentre spingevo il tacco della scarpa dentro il cranio di quel farabutto. Voleva il portafogli. In un altro giorno lo avrei anche accontentato. Ma non in quello. L’unica cosa che ottenne fu il mio mignolo sinistro e un cartellino attaccato all’alluce. Mentre esalava l’ultimo respiro raccoglievo due tovaglioli dal carretto e mi ripulivo la bocca.

Solo il tempo di un bacio

Sarah rientrava dopo la notte passata tra i tavoli del bar. Aveva smontato all’una e venti, all’una e quaranta aveva finito di pulire, e adesso che erano le due si trovava davanti l’ingresso di casa. Infilò la chiave nella toppa e notò che la porta era solo accostata. Era sicura di averla chiusa, si ricordava di aver raccolto il mazzo di chiavi dal mobile e di aver girato due volte. Poi ripensò a tutte quelle volte in cui si era convinta di una cosa sbagliata.

Quando accese la luce e la stanza rimase al buio non aveva più dubbi: qualcuno aveva forzato la serratura. Con gli occhi della memoria aprì senza esitazione il cassetto di fianco all’ingresso e vuotò le tasche. Si girò con la schiena verso il mobile, le mani appoggiate al bordo del piano. Non lo vedeva ma lo immaginava lì, seduto sulla poltrona accostata alla parete di fronte.
“Ciao Sarah.”
“Ciao…” rispose lei.
“Sapevi che ti avrei trovato, alla fine.”
“Lo sapevo…”

La donna di cuori

Ancora i miei occhi su di loro, ancora la mia mano contro le loro. Che poi di mani non me ne sono rimaste neanche tante, di questo passo duro altri tre bui. Guardo le mie carte, tre e quattro di picche.
Passo lo sguardo su ogni giocatore, e quelli che scruto sono sguardi di chi sta guardando assi e kappa. Li sento talmente tanto nell’aria quegli assi e quei kappa che mi sembra quasi di vederli. Quello alla mia destra invece ha una coppia di donne, mi ci gioco tutto quello che mi è rimasto, ovvero niente. Che poi ad avercela una coppia di donne…io mi accontenterei già di una.
Ma è possibile che mi metta a pensare a lei persino in brache di tela?

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