Meglio vivere di illusioni che morire di certezze

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Pillola del 210° giorno – Meglio di ieri

Secondo giorno da mezzo influenzato…le cose migliorano, l’uovo di struzzo ‘sceso’ e digerito, bombardamento di farmaci che mi ha reso il mal di testa e il mal di gola sopportabile o forse sono le radiazioni dei film a catena continua che metto in TV che mi desensibilizzano il cranio mentre mi faccio del male tormentandomi la bollicina che sta sulla punta della lingua.

Mi sono sparato qualcosa come 4-5 film di fila e per concludere, per parlare di germi, ‘L’esercito delle 12 scimmie’ ora scorre nel suo genio e follia sul tubo catodico Philips anno 1998.

“I germi non esistono, sono soltanto un’invenzione creata apposta per vendere disinfettanti e saponi.”

Sarò breve, non ho voglia di scrivere fuori dal letto, in balia di spifferi provenienti dal cassone della tapparella, dimora di ragni e bestiacce e vento continuo, voglio solo sbomballarmi nel letto e davanti alla TV che oggi ho pure fallito con il tentativo di uscire fuori…c’erano sconti e grosso shopping da fare che per uno come me è motivo di giubilo e di grande carica ma nulla, collassato. Esco solo stamattina, c’era da andare in posta per forza…roba di lettere da inviare urgentemente…mi accompagnano in macchina, prendo freddo giusto qualche minuto e già mi basta per iniettarmi dolore nelle vene del cervello, fitte lancinanti. Poi subito il muro caldo della posta appena oltrepasso la porta a spinta, vecchi che si lamentano, un bambino che gioca con la cordicella di una penna, la tizia allo sportello che senza fare rumore dice e ridice “Non ce la faccio più”…lo leggo dal labiale. Io tossisco e spargo germi di questa nuova malattia nell’aria aspettando il mio turno. Dovranno sicuramente mandare qualcuno dal futuro per fermarmi prima che per il mondo sia troppo tardi, l’epidemia inizierà da qua. Pago 70 centesimi allungando una banconota che a proposito di germi e schifezze, sono la cosa più sporca che esista, sia come igiene che come morale. Mi allontano da vecchi, bambini e sportelli POSTAMAT elettronici, fuori freddo e subito nel Lupo con Sorella che mi aspetta sull’uscio sgasando.

A casa inizio con il pianeta delle scimmie…quello vecchio…dovrei radermi pure io a vedere tutti quei peli farlocchi. Poi continuo con Matrix e cosi via…non misuro la febbre ma credo di averla. Come arriva la sera si sa, sembra sempre peggiorare la situazione…la tosse si fa un po’ più forte, ricevo due chiamate e la mia voce pare uscita dall’oltretomba. Io tutto sommato mi sento anche bene non fosse per la testa pesante, diciamo che ne approfitto…nessuno mi fa domande…nessuno mi rompe il cazzo con lavori…posso starmene schiantato orizzontale una volta tanto…non me lo concedo spesso.

Ora basta…ho Bruce Willis sullo schermo e questa sedia mi ha stancato…devo anche prendere lo sciroppo per la tosse…mi irrita la gola.

Germi del cazzo…anche se non esistono.

Pillola del 196° giorno – Berlino #1

Sul bordo della vasca un nuovo flacone di bagnoschiuma alto e pesante che lo prendi in mano e lo strizzi ed esce un sacco di sapone e ti sembra impossibile che possa finire, diventare leggero, finire in spazzatura un giorno mica troppo lontano visto quanto poco mi durano. Non ce la faccio a crearne schiuma ed a usare quello, devo strizzare, appoggiare, riprendere ed usare che lo so, sono uno sprecone, come con l’acqua a getto continuo a temperatura folle e i soldi che butto in commissioni Bancomat.

Nella vasca soffro il sonno…tutta spezzettata la notte, che di ora in ora mi buttava fuori dal letto per farmi pisciare in continuazione come un vecchio incontinente pieno d’acqua. In cucina, riempio di cereali la tazza di latte per poi prepararmi per il viaggio facendo barba sotto mento, infilando altri vestiti che se un trolley ce l’hai allora riempilo che tanto mezzo vuoto è solo peggio che le cose vanno in giro sballonzolanti…un disastro.

Prima della pista d’atterraggio, dall’alto di un cielo tedesco, il terreno pare disseminato di pini…compatti in boschetti tagliati da linee dritte, così numerosi che l’argomento della traversata diventa “quanti pini esisteranno nel mondo?” che se ci pensi è una domanda che puoi farti su qualsiasi cosa ma ne discuti solo quando la curiosità di saperlo salta fuori sul serio.

Dopo discussioni e opinioni disparate ci assestiamo su un 10-12 miliardi di pini. Mi sembra plausibile.

Prendere la valigia dopo l’atterraggio é sempre un problema…non so perché ma non riesco mai a memorizzare nei dettagli le valigie che uso e finisce che come al solito tocco mille trolley di altri, li ribalto, tiro su e rimetto giù, finché tutti prendono la loro valigia e l’ultima che gira sul nastro dev’essere per forza la mia o almeno spero che dentro ci sia qualcosa della mia taglia. Pare la mia stavolta, che di trolley con bussola incastonata nella maniglia per me non ce ne sono tante.

L’uscita è tanto vento e tanto freddo. Arrivati nel parcheggio aereo scassato di Berlino prendiamo un altrettanto scassato treno color rosso e crema che ci accompagna tra casermoni, rottami e residui sfatti in mattoni circondati da verde vegetazione fino alla Berlino che conta, quella delle Strasse e i pennoni e i cavalli sopra le porte e gli orsi e pure le onde nelle pozzanghere, che dal vento che c’è mi sento portare via cappuccio e occhiali e il freddo si insinua nella schiena.

Giriamo da bravi turisti…si cammina…si vedono cose…si fanno foto-cliché…si va dove vanno tutti, ignorando iraniani che fanno lo sciopero della fame, venditori di wurstel con ombrellino rosso piantato sulla schiena e che il vento massacra…tra comitive,coppie, vecchie e biciclette, freddo pungente e foglie, pezzi di muro, graffiti, vecchio e nuovo, alberi stanchi, cantieri che divorano strade, bandiere che sventolano orgogliose tra luci, confusione e un percepibile senso di impazienza.

Sa di malinconia Berlino, come se fosse sempre autunno…come se la colonna sonora fosse sempre Jazz…come se i suoni fossero sempre ovattati e quello che senti davvero è vociare sommesso e treni e tram che scorrono sopra, sotto, ovunque.

Poi però, quasi di colpo, la luce dorata sparisce dai muri e quelli si trasformano…si accendono nuove luci e compaiono nuovi colori e suoni…nuova musica…e tutto continua nel buio della notte come una madre di famiglia…bella…che mette a nanna i figli ed esce, finalmente…a divertirsi.

La fine e l’inizio

Da quanto i giorni si somigliano? Non li conto da un po’ ma sono tanti.

Non è la pioggia, il freddo, la nebbia, il sole, le nuvole, le persone. Niente di tutto cio’ che rende un giorno diverso dagli altri. La differenza è dentro di noi, quando succede qualcosa o peggio, quando non succede niente. Non solo routine, ma il “vuoto” di qualcosa che ti manca e che non ci sarà. Sogni la notte, lo immagini continuamente, decine di futuri alternativi in cui davvero le cose funzionano, ma poi ti svegli e nulla. Nessuno di quei futuri è reale, non lo sarà mai, c’è solo il presente e l’inedia di cui soffre.
Allora succede che fissi un foglio bianco per giorni. Cominci dopo aver fissato il telefono, uno schermo, un nome, e dopo che capisci che le vie si sono davvero separate ti rimane solo quel foglio bianco. I giorni scorrono, sempre uguali, sempre infelici e quel foglio rimane bianco, lindo, intonso.

Cinema Nuovo

La strada che percorro non è delle migliori. Non per il manto, nè per la posizione, ma per i palazzi che la circondano, brutti, vecchi, fatiscenti, con gente poco raccomandabile che ci gira attorno e che ci vive dentro. Litigano, urlano di fronte a bar dal look anni ’70 e negozi chiusi da tempo. Lanciano bottiglie davanti ad un edicola che non ho mai visto aperta in tutta la mia vita, con alberi tristi che osservano tutto. Immobili.
L’insegna del “Cinema Nuovo” brilla di un rosa acceso, incastonata in quell’enorme muro di cemento e quasi rischiara la tristezza che lo circonda.

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